Le Guide di Unimondo sul Settimo Obiettivo

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Tra le 130 Guide tematiche che Unimondo sta mettendo online ce ne sono 13 che aiutano ad approfondire i temi collegati al Settimo degli Obiettivi del Millennio. Ve le presentiamo.

 

Secondo la Convenzione sulla Diversità Biologica delle Nazioni Unite per biotecnologia si intende “ogni applicazione tecnologica che si avvale di sistemi biologici, di sistemi viventi o di loro derivati, per realizzare o modificare prodotti o procedimenti per un uso specifico”. La società civile è da anni impegnata a sensibilizzare sui rischi spesso sottovalutati di alcune applicazioni della biotecnologia onde evitare il rischio di vivere in un “mondo sotto brevetto”.

 

Il cambiamento climatico rappresenta una delle maggiori sfide che l'umanità dovrà affrontare nei prossimi anni. L'aumento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai, la maggiore frequenza degli episodi di siccità e delle alluvioni sono tutti sintomi di un cambiamento climatico ormai in atto. I rischi per il pianeta e per le generazioni future sono enormi, e ci obbligano ad intervenire con urgenza.

 

L'impatto delle attività umane sul clima della terra non è più trascurabile. La terra si sta scaldando sempre più velocemente e la causa è da cercare nell'anidride carbonica emessa. Se non faremo niente per invertire questo trend, le conseguenze potranno essere gravi: immense aree oggi fertili trasformate in terra arida, aumento della frequenza dei fenomeni meteorologici straordinari (tifoni, alluvioni, uragani), estinzione di oltre il 30% delle specie animali e vegetali presenti sulla terra, solo per citarne alcune.

 

Quando si parla “sito contaminato” ci si riferisce a tutte quelle aree nelle quali, in seguito ad attività umane, è stata accertata un'alterazione delle caratteristiche qualitative dei terreni, delle acque superficiali e sotterranee, le cui concentrazioni superano quelle imposte dalla normativa. Responsabili delle contaminazioni sono sostanze altamente tossiche per gli esseri umani, per gli animali e per la natura in generale, in grado di permanere intatte nell’ambiente per generazioni, percorrere lunghe distanze propagandosi attraverso l’aria o l’acqua e accumularsi nei tessuti degli organismi viventi. Veleni che degradano senza poter essere a loro volta degradati e che vengono riversati in quantità tali da compromettere l'organizzazione complessa degli ecosistemi.

 

Nell’era dell’allarme energetico, di cambiamenti climatici sempre più evidenti e di crisi finanziaria, l’ecologia, in tutte le sue forme e discipline, torna a essere una preziosa alleata per uno sviluppo equilibrato e sostenibile. Chiusa l’era dei consumi sfrenati, si ritorna a comprendere che viviamo “a credito” con la natura e le sue risorse limitate e che, attraverso il consumo cieco, stiamo derubando noi stessi del nostro futuro, avvelenando aria, acque e suolo.

 

L’intreccio tra questione energetica, cambiamento climatico e sicurezza globale evidenzia che l’attuale modello di sviluppo fondato sull’energia fossile non è più sostenibile nel tempo e nello spazio. Il futuro richiede una profonda trasformazione nelle modalità di produzione e consumo dell’energia e, di conseguenza, nella produzione di beni e servizi, nella mobilità di persone e merci, nei livelli di confort e di benessere che dovranno essere alimentati da tecnologie che producono energia usando il sole, il vento, le maree. Le energie rinnovabili rappresentano dunque l’orizzonte per la realizzazione di un sistema economico e sociale sostenibile per le presenti e future generazioni.

 

Quando pensiamo a una foresta tendiamo spesso a ridurla a un insieme di alberi. Sebbene gli alberi siano la componente dominante è più corretto parlare di foreste come di comunità di piante, animali e microorganismi che convivono tra loro formando ecosistemi complessi. Oltre il 30% della superficie terrestre è ricoperta da foreste ed esse possono essere considerate come un vero e proprio "magazzino" della biodiversità, ospitando i due terzi delle specie terrestri presenti sul pianeta. Inoltre, esse sono il "polmone verde" del pianeta con la loro straordinaria ed unica capacità di riconvertire in ossigeno l'anidride carbonica presente in atmosfera. Perdere le foreste significa perciò destabilizzare il sistema climatico e cancellare la più importante miniera di biodiversità della terra. La sfida per la tutela di questo patrimonio è aperta e ci riguarda da vicino.

 

L'inquinamento è la più visibile e insieme più negativa delle conseguenze nel tentativo dell'uomo di modificare l'ambiente circostante. I rifiuti dell'industria petrolchimica, l'uso indiscriminato di pesticidi nell'agricoltura, le scorie nucleari, l'uranio impoverito che contaminano persone, animali e territorio, sono sicuramente gli esempi più lampanti e ricorrenti. Riguarda tutti.

 

Fin dai suoi albori la tecnologia nucleare, con potenzialità e rischi connessi, ha fatto discutere mondo scientifico, politico e movimenti ambientalisti. Dopo un rallentamento in seguito al grave incidente di Chernobyl, la produzione di energia dall’atomo conosce oggi una nuova attenzione come ipotesi energetica in un contesto globale di sempre più serrata crisi delle risorse fossili e lotta al cambiamento climatico. Ma non mancano le critiche e le proteste, anche in Italia dove il Governo Berlusconi ha recentemente deciso di reintrodurre il nucleare nonostante, ad oltre vent'anni dalla chiusura delle centrali, resta ancora da completare il totale smantellamento delle scorie e la rimozione delle ex centrali.

 

Gli ogm sono quegli organismi il cui materiale genetico viene modificato in un modo diverso da quanto avviene in natura. Nel 2008 sono arrivati a quota 25 gli stati in cui si coltivano piante geneticamente modificate. Nonostante la comunità scientifica sembri ormai concordare sulla non pericolosità, per la salute umana, dei prodotti geneticamente modificati, in Italia, come nel resto d’Europa si è dubbiosi sui reali benefici degli ogm. Oltre alla loro “artificialità”, infatti, a preoccupare sono soprattutto la natura dei controlli su di essi effettuati e i rischi di contaminazione che minaccerebbero seriamente le altre coltivazione e la biodiversità in generale.

 

Dal 1965 ad oggi il consumo di petrolio è aumentato del 275%. Nel solo 2007 sono stati utilizzati 31 miliardi di barili di petrolio (un barile corrisponde a circa 160 litri), il 70% dei quali sono stati impiegati nella produzione di carburanti, fondamentali per i settori dei trasporti e della produzione di energia elettrica. Dal greggio, infatti, dipende il 96% dei mezzi di trasporto e il 36% (in potenza fornita) delle centrali elettriche. Se poi, oltre al petrolio, includiamo anche altre fonti fossili non rinnovabili, quali gas naturale e carbone, la quota sale all'89% nel caso della produzione di energia. Quasi tutta l'economia mondiale, così come la conosciamo oggi, è dipendente dal petrolio.

 

La questione della gestione e dello smaltimento dei rifiuti ha assunto negli anni una dimensione sempre maggiore a livello internazionale e nazionale come conseguenza dell’attuale sistema economico e sociale fondato sulla continua crescita della produzione e del consumo. Il problema non è dato solo dalla quantità di rifiuti prodotti, ma anche dalla loro qualità: i rifiuti pericolosi creano, infatti, impatti devastanti sugli ecosistemi naturali. In Italia si è sviluppata nel corso degli ultimi vent'anni una vera e propria economia parallela fondata sul traffico illegale di rifiuti.

 

Negli ultimi decenni il nostro pianeta ha continuato a subire un processo di degradazione ambientale difficilmente arrestabile, dovuto in massima parte alle attività umane. La necessità di politiche organiche volte alla salvaguardia dell’ambiente è stata riconosciuta a livello internazionale nel 1972, con la creazione, da parte dell’ONU, dell’UNEP (United Nations Environment Programme); mentre 20 anni più tardi, con la conferenza di Rio de Janeiro, è stato sancito il legame tra tutela ambientale e sviluppo sostenibile. A causa dell’inquinamento e dello sfruttamento ambientale oggi sono numerose le specie che rischiano l’estinzione. Per questo molti paesi hanno sottoscritto la Convenzione internazionale sulla biodiversità, impegnandosi così a raggiungere il “2010 biodiversity target”.

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