Pane e veleni, la vicenda del petrolchimico di Porto Torres

Stampa

Immagine: Unsplash.com

Ci andò anche Enrico Berlinguer, al petrolchimico di Porto Torres. Era il 1981, e dopo una visita agli impianti volle fermarsi a pranzo con gli operai, nella mensa dello stabilimento. Parlò con loro dei turni, del salario, ma soprattutto fece una domanda: «Com’è la situazione ambientale per la salute dei lavoratori e verso il territorio?». La questione, riporta Gavino Angius, lo aveva preoccupato già nella preparazione del viaggio. Già allora si sapeva che le sostanze usate nella produzione di resine e polimeri erano pericolose. Quarant’anni dopo, sul territorio non è cambiato nulla; molti di quei lavoratori, molte lavoratrici, si sono ammalati. E Porto Torres resta una terra sospesa tra promesse di riconversione e ferite mai guarite.

Il petrolchimico nacque nel 1962, in piena stagione dell’industrializzazione sarda, quando la Sir di Rovelli scelse Porto Torres come avamposto della chimica italiana. Le ciminiere cominciarono a spuntare tra il Golfo dell’Asinara e le campagne di Platamona. La città crebbe rapidamente: case, negozi, scuole, un futuro da “città del lavoro”. Negli anni Settanta il complesso dava occupazione diretta e indiretta a oltre 10 mila persone, eppure l’altra faccia della crescita era già evidente. I fumi giallastri, le acque oleose che finivano in mare, le colline artificiali di scarti e fanghi a Minciaredda, oggi ribattezzata “collina dei veleni”.

Quando la chimica entrò in crisi, negli anni Novanta, rimasero l’inquinamento e la disoccupazione. Lo studio epidemiologico sui lavoratori del sito — oltre 80 mila anni-persona osservati — ha rilevato tassi più alti di mortalità e incidenza tumorale rispetto alla popolazione generale. Nel 2016 tre dirigenti dell’ex Enichem sono stati condannati per disastro ambientale nel processo “Darsena Veleni”. Porto Torres è oggi un Sito di interesse nazionale per la bonifica, al pari di Taranto e Marghera: un’eredità tossica che continua a pesare su suolo, falde e salute pubblica.

Nel 2011, dopo anni di stallo e proteste, con l’accordo per la chimica verde, Eni Versalis, Novamont, Regione e Governo annunciarono la svolta. Sette impianti, 1,2 miliardi di investimento, bioplastiche, lubrificanti vegetali, ricerca e bonifiche: Porto Torres sarebbe diventata il simbolo della transizione ecologica italiana. A tredici anni di distanza, il bilancio è ben diverso. Solo due impianti operano a regime, con poco più di 200 occupati sui 700 previsti, e molti reparti restano fermi o in cantiere. La Regione Sardegna, nel Rapporto Bonifiche 2021, certifica ritardi nei lavori di risanamento e carenza di coordinamento tra soggetti coinvolti. Eni Rewind, la società ambientale del gruppo, dichiara di aver trattato oltre 2,5 milioni di m³ d’acqua contaminata e investito 736 milioni di euro, ma i dati sulle matrici ambientali restano preoccupanti.

A Minciaredda il terreno è ancora classificato a rischio; le falde contengono solventi clorurati, metalli pesanti e idrocarburi. Eppure a poche centinaia di metri in linea d’aria si apre il Parco nazionale dell’Asinara, con acque tra le più limpide del Mediterraneo. Il contrasto è paradossale: un’oasi naturale a ridosso di uno dei siti industriali più contaminati d’Italia.

Oggi nel polo restano circa cinquecento lavoratori. La joint-venture Matrìca produce bioplastiche da oli vegetali, ma la filiera della “chimica verde” non ha ancora chiuso il ciclo. Se l’idea originale era alimentare gli impianti con i cardi coltivati sul territorio, il progetto si è dovuto scontrare con la realtà. I campi messi a disposizione per la coltivazione, intorno al vecchio stabilimento, arrivano appena a 500 ettari, a fronte di un fabbisogno di oltre trentamila. Gran parte degli oli oggi utilizzati per la produzione delle bioplastiche provengono dall’estero. Un processo chimico che, di verde, comincia ad avere veramente poco. Il progetto di Matrìca era di destinare allo scopo terreni marginali e incolti, non toccando l’agricoltura esistente: nessuno però si era preoccupato di verificare l’esistenza di una quantità di terre sufficienti allo scopo, o di proprietari disposti a convertire le proprie coltivazioni. Del resto anche l’idea di trasformare i terreni adesso impiegati in altre coltivazioni ha ben poco di ecologico. Non si può pensare di fare la transizione stravolgendo gli equilibri e l’ambiente della regione con una monocoltura. Il sogno verde resta in stallo. Anche il territorio chiede chiarezza: nel 2025 si è aperto un nuovo scontro tra Eni Rewind e il Consorzio industriale di Sassari sullo smaltimento delle acque di bonifica. Le associazioni ambientaliste, dal canto loro, denunciano l’assenza di trasparenza e di un piano di riconversione realmente partecipato.

Porto Torres è l’ennesimo emblema della macroscopica contraddizione che ha contraddistinto lo sviluppo industriale del nostro paese: un territorio che ha dato tutto all’industria e ora chiede indietro salute, occupazione e verità. La transizione ecologica, qui, non è uno slogan ma una necessità concreta. Significa bonificare senza nascondere, creare lavoro pulito senza replicare le disuguaglianze del passato, trasformare le ciminiere spente in segni di rinascita. 

Rita Cantalino

Napoletana, classe ‘88. Freelance, collabora con diverse testate. Si occupa di ambiente, clima e diritti umani, con uno sguardo particolare agli impatti sanitari e sociali delle contaminazioni di natura industriale.

Ultime su questo tema

Capitalismo verde nelle americhe, false soluzioni, minacce reali

09 Ottobre 2025
In questo articolo esaminiamo criticamente l'ascesa del capitalismo verde nella regione in vista della COP30 che si terrà a Belém, in Brasile, a novembre. (Other-News)

Scambio di mondi

06 Ottobre 2025
Nel podcast ALTRO MODO parliamo dell’associazione WWOOF Italia, che coordina le attività di partecipazione volontaria al lavoro in aziende agricole. (Michele Simeone)

Le lotta delle comunità amazzoniche del Perù

30 Settembre 2025
La lotta delle comunità indigene e contadine del Conaccunay per proteggere l’Amazzonia peruviana dura da oltre vent’anni. (Monica Pelliccia)

Uomini e grandi animali. Convivenza impossibile?

27 Settembre 2025
Dalle Alpi allo Sri Lanka, il conflitto uomo-animale cresce e divide opinioni. (Miriam Rossi) 

La Sicilia ha sete

18 Settembre 2025
La Sicilia ha sete, e non da poco tempo. (Rita Cantalino)

Video

Biùtiful cauntri, il paese delle ecomafie