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Il cambiamento è donna!
Conservazione
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Foto: Unsplash.com
In Africa le donne, in quanto produttrici di cibo, trasformatrici e commercianti, sono la spina dorsale delle famiglie, delle comunità e delle economie rurali. Anche per questo secondo il nuovo rapporto, “Leaving no one behind: A Regional Outlook on Gender and Agrifood Systems” che è stato presentato dal direttore generale della Fao Qu Dongyu e dalla commissaria per l’economia rurale e l’agricoltura dell’Unione Africana, Josefa Sacko, alla 31st Session of the FAO Regional Conference for Africa lo scorso mese di novembre “I sistemi agroalimentari non possono essere trasformati se non c’è parità di genere”. Il rapporto Fao evidenzia, infatti, come “Gli effetti drammatici del cambiamento climatico insieme agli impatti emergenziali della pandemia di Covid-19 mettono le donne davanti a molteplici sfide. Il numero di persone che soffrono la fame è in aumento e le donne hanno maggiori probabilità degli uomini di soffrire di insicurezza alimentare. Migliorare la condizione delle donne e sfruttare il loro potenziale di eroine del cibo sarà fondamentale per porre fine alla fame in Africa”. Una necessità anche per la presidente della Panafrican Farmers Organization, Elizabeth Nsimadala che ha chiesto “Maggiore partnership per affrontare la disuguaglianza. In Africa, le disuguaglianze tra donne e uomini sono tra le più grandi al mondo. Insieme, possiamo migliorare la condizione delle donne rurali”.
Commentando il rapporto, la vice segretaria generale dell’Onu, Amina Mohammed, ha sottolineato che “Le donne rurali sono i pilastri dei nostri sistemi alimentari e agenti di cambiamento per la sicurezza alimentare e la giustizia climatica. Ma sono anche colpite in modo sproporzionato dalla povertà, dalla disuguaglianza, dall’esclusione e dagli effetti del cambiamento climatico. Questo eccellente rapporto darà un contributo importante al Food Systems Summit [che si terrà all’Onu nel 2021] e alle politiche e strategie che danno potere alle donne e alle ragazze rurali in Africa”. Soprattutto in Africa, infatti, per le donne il diritto alla terra è un diritto fragile, che può scomparire dall’oggi al domani a causa di accordi a breve termine con le autorità familiari o tradizionali, impedendo così alle donne di impegnarsi in un’agricoltura di conservazione a lungo termine. Normalmente le donne non hanno strumenti agricoli avanzati, tendono a utilizzare attrezzature manuali, non accedono a servizi di formazione agricola e hanno meno accesso ai finanziamenti rurali, incontrando spesso molti ostacoli se decidono di impegnarsi in attività imprenditoriali più ampie e remunerative. Con tassi di istruzione inferiori e ambienti politici e sociali discriminatori, le donne finiscono per non avere accesso alle stesse opportunità date a fratelli e mariti. Per questo secondo il Dongyu “dobbiamo intensificare i nostri sforzi per creare un ambiente favorevole all’emancipazione e all’imprenditorialità delle donne rurali nel settore agroalimentare. Sono fiducioso che i nostri sforzi congiunti apriranno la strada a un futuro più responsabile per le donne e le ragazze rurali in Africa”.
Per la Sacko, “Quando parliamo di empowerment, dobbiamo avere una base di prove scientifiche per consigliare i responsabili politici, e questo rapporto contribuisce a questo sforzo. Le donne svolgono un ruolo sostanziale nell’agricoltura africana, ma non è sufficientemente apprezzato o documentato”. Così, basandosi su un’analisi di 40 valutazioni di genere dell’agricoltura e dei mezzi di sussistenza rurali di 40 Paesi africani, il rapporto ha fornito un’analisi approfondita delle sfide e delle migliori pratiche utili per dare alle donne un ruolo chiave nelle aree prioritarie del Comprehensive Africa Agriculture Development Programme (CAADP) delle Nazioni Unite. Promuovere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 e l’Agenda 2063 dell’Unione Africana è ancora possibile. Come? “Sviluppando attività sensibili al genere e mirate al genere in materia di sicurezza alimentare, nutrizione e resilienza” come fanno i programmi che forniscono denaro ai beneficiari attraverso i telefoni cellulari, superando i vincoli di mobilità e diminuendo la dipendenza dalla documentazione ufficiale che le donne potrebbero avere difficoltà a ottenere; oppure “Sostenendo direttamente l’imprenditorialità femminile e l’emancipazione delle donne nell’agrobusiness attraverso fondi specifici per le aziende agricole di proprietà delle donne, come ha fatto l’Imbita Eswatini Women’s Finance Trust che fornisce micro-prestiti per le donne rurali senza requisiti collaterali e senza obbligo di approvazione del marito”. Ad oggi questo fondo ha distribuito ben 15 milioni di euro.
Ma la centralità della donna travalica i confini africani e i problemi legati alla sicurezza alimentarie. Un ruolo da protagoniste le donne lo hanno anche nelle battaglie per la tutela ambientale, distinguendosi nella costante denuncia contro quei governi che durante questa pandemia di Covid 19 si stanno preoccupando di garantire la riattivazione economica a costo dell’integrità dell'ecosistema a costo della loro stessa vita di attiviste ambientali. Secondo l’ultimo rapporto di Global Witness nel solo 2019 sono stati 212 i difensori ambientalisti uccisi, di cui oltre due terzi in America latina. Nella sola regione amazzonica ci sono stati 33 morti soprattutto tra le rappresentanti indigene, in prima linea nella lotta contro le imprese illegali che depredano i territori della risorse naturali più preziose. Custodi delle conoscenze ancestrali, secondo la cosmovisione che contraddistingue le popolazioni indigene, sono le vere protagoniste della vita e del territorio nel quale vivono: lo curano, lo custodiscono, lo rispettano. Sempre secondo la cosmovisione locale quando si violenta il territorio si violenta la femminilità, la fecondità, la donna e tutte le specie che dipendono la lei. Purtroppo queste violazioni di corpi e di territori rimangono ancora troppo spesso impunite.
Per questo al grido di “Verità e giustizia” le donne indigene hanno partecipato in agosto alla mobilitazione mondiale contro la distruzione dell’Amazzonia indetta dall’assemblea amazzonica, che ha denunciato l’utilizzo strumentale dell’emergenza Covid-19 per limitare gli spazi di partecipazione e consultazione obbligatori sanciti dall’Accordo di Escazu. Siglato da 12 paesi nel marzo del 2018, l’Accordo è in questi mesi in fase di attivazione in America latina e mette al centro del progresso economico e sociale 3 diritti fondamentali: l’accesso all’informazione, la protezione di difensori/e dei diritti umani e l’accesso sostenibile alle risorse ambientali. Se la pandemia rischia di essere il pretesto per legittimare violenze, soprusi e usurpazioni da parte di imprese e governi, le richieste di più diritti e più sicurezza delle rappresentanti indigene dell’Amazzonia sono oggi più che mai battaglie universali per difendere i beni comuni.
Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.