TFF2021 e una prospettiva sul dolore

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Immagino: Trentofestival.it

Un Trento Film Festival che quest’anno, per la 69° edizione, si è proposto in versione ibrida, con un cauto ma agognato ritorno alle proiezioni in sala e il supporto però degli strumenti online, che hanno permesso di raggiungere come d’abitudine un vasto pubblico di appassionati di cinema, montagna, cultura, esplorazioni verticali e orizzontali, non solo attraverso film, documentari e corti, ma anche con interviste e momenti di riflessione che spaziano dal mondo delle Terre Alte alle più stringenti questioni dei nostri tempi: la tutela della biodiversità, i cambiamenti climatici, i popoli minacciati, le imprese – non solo sportive – che vogliono risvegliare l’attenzione sui nostri comportamenti, dalla produzione sconsiderata di rifiuti al rapporto con il limite, dall’individualismo feroce che asfalta le reti e le comunità, all’ostinata perseveranza di chi difende la Terra.

Quest’anno più che mai le scelte che ho fatto nella mia personale selezione per la visione dei film proposti è stata guidata dall’istinto. Poco tempo a disposizione, ma la stessa voglia di sempre di immergermi nelle suggestioni e nelle prospettive che tanti tra autori, scrittori e registi sanno dare. Stranamente però un filo rosso si è delineato, come se l’avessi programmato: un filo rosso che ha seguito la sottile eppure pungente linea del dolore.

All’inizio è stato delicato: la storia del viaggio di Paolo Cognetti con Nicola Magrin sulle tracce degli scrittori che lo hanno ispirato al ritorno a una vita nella natura. Da Thoreau a Carver, da Salinger a McCandless poche relazioni ma intense, a volte la solitudine, sempre i paesaggi soverchianti di una natura sfaccettata, che in questo caso è quella di Canada e Alaska ripresa da Dario Acocella ed esplorata dai protagonisti attraverso la delicatezza della loro amicizia. Il filo qui fa il nodo intorno a un apprezzabile sincerità: alcune figure di riferimento, ma nessuna edulcorata idealizzazione della “vita nei boschi”, che non è solo coraggio, ribellione, fascino e avventura, ma è anche fatica, stanchezza, dubbi e indecisioni, domande profonde sul senso della vita e di questa nostra vita sulla Terra.

Proseguo con III Sentiero di Luca Albrisi, 15’ di speranza che si soffermano sulla “terza via” dei beni di comunità. Non posso però ignorare un altro piccolo groppo sul filo che mi sta stranamente guidando, la malinconia che deriva da un pensiero del regista e che denota una sensibilità fuori dal comune nell’osservare il mondo. “Forse qualcuno ha già iniziato a percorrere quel sentiero tracciato dai nostri antenati e poi sparito nella fitta avidità moderna, quel sentiero una volta necessità e ora resistenza, che sa immaginare un altro modo di possedere, che dà alla parola valorizzare un significato etico e non solo economico.

Una sera poi mi faccio accompagnare verso la notte da Sila, in lingua inuit parola che indica al contempo il tempo meteorologico, la coscienza e l’universo, connessione di contraddizioni ed equilibri precari sullo sfondo della Groenlandia (Paese destinazione di questa edizione #TFF2021). E da pluriennale vegetariana convinta ritorno a quelle domande sollevate già dal libro di Robert Peroni Dove il vento grida più forte¸ da un lato la tutela necessaria delle specie (orsi, buoi muschiati, trichechi, foche), dall’altro l’imposizione di decisioni globali su piccole comunità locali che stanno perdendo lentamente – altro groppo in questo filo – la sovranità alimentare e il diritto a scegliere il loro destino (peraltro avendo sempre vissuto guidati per lo più dal bisogno di sopravvivere e non da un arrogante profitto).

Il nodo più grosso in questo strano percorso cinematografico che mi sono (in)consapevolmente ritagliata, ignorando sfacciatamente premi, critica e recensioni, lo stringe però The magnitude of all things, un punto di vista inusuale, sconvolgente e commovente sul tema del cambiamento climatico e dei legami che a esso ci uniscono. Jennifer Abbott, tra testimonianze di ricercatori, persone comuni e immagini oniriche di cenere come neve e acqua che purifica, impone una profonda profondissima riflessione sul dolore personale di ciascuno in continuo dialogo con il dolore universale: una sorella morta di cancro e la cura della biodiversità; una figlia persa per sempre in un incidente stradale e lo sbiancamento della barriera corallina; un Capo di Stato che assiste con un profondo senso di ingiustizia all’affondamento del proprio Paese, custode di un minuscolo paradiso nell’Oceano; una ragazzina con sindrome di Asperger con la voce rotta davanti alle Nazioni Unite; una donna che incendia le comunità dopo che incendi irrecuperabili ne hanno bruciato le case; un capo di una comunità indigena della foresta tropicale, che elabora la frustrazione di diritti sistematicamente ignorati e calpestati digerendola in una saggezza antica e inclusiva, in profonda connessione con la Madre Terra. Perché “somos unos”. Queste sono solo alcune delle voci di questo film, un film che non si sofferma mai in affettate autocommiserazioni, ma che trafigge il cuore.

Insomma, per me questo è stato un Festival in solitaria, anche se in compagnia di un dolore non negoziabile che gonfia l’anima e che se da un lato porta i pensieri verso quel sentimento di rinuncia difficile da accettare, dall’altro li spinge verso il modo giusto per convivere con quello stesso dolore – personale e collettivo – senza arrendersi. Il mio filo allora chiude il cerchio qui, inceppato sulle parole incommensurabilmente umane di un manifestante: “I’m not an activist. I just care”. Non sono un attivista. Ci tengo, e basta.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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