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Accompagnare il declino?
Montagna e scuola
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Foto: A. Graziadei
A fine Marzo è stato pubblicato dal Governo Meloni il “Il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne: pianificazione, innovazione e partecipazione territoriale”, un piano previsto dal art. 7 del D.L. 124/2023, che mira ad imprimere unitarietà e coerenza politica alla strategia nazionale per lo sviluppo delle Aree Interne e delle Terre Alte, cercando di garantire il coordinamento tra le risorse nazionali ed europee che confluiscono in queste particolari aree. Il documento, che nelle intenzioni dovrebbe definire la governance, le priorità, gli obiettivi e le risorse di queste aree, sostiene in un suo passaggio che è importante “L'accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile” di queste aree, che “Non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza”, ma “Hanno bisogno di un piano mirato che le accompagni in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento”. Una linea politica che ha fatto molto discutere e ha sorpreso l'Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (Uncem), l’organizzazione nazionale presente in ogni realtà regionale con proprie delegazioni e che da oltre 60 anni raggruppa, rappresenta e lavora per la salvaguardia e lo sviluppo sostenibile dei comuni interamente e parzialmente montani, delle comunità montane e delle Unioni di comuni montani. Solo in Italia parliamo di un bacino territoriale pari al 54% di quello nazionale e nel quale risiedono oltre 10 milioni di abitanti, che ha spinto il Presidente di Uncem Marco Bussone a scrivere al Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione Tommaso Foti che ha varato il Piano che quel paragrafo del Piano "Deve essere eliminato per il bene del Paese, per la sua coesione alla quale tutti e tutte lavoriamo”, perché “Come esiste l'Agenda Urbana, il Ministro Tommaso Foti e il Vicepresidente della Commissione dell'Unione Raffaele Fitto possono individuare finalmente anche una Agenda europea e nazionale per la Montagne e per le Aree interne. Solo così eviteremo lo spopolamento. Che, secondo Uncem, non è irreversibile”.
Per l'Uncem, se già la definizione di “Aree Interne” è la prima cosa che meriterebbe un approfondimento, per non finire per considerare interno tutto quello che non è città, “L'Unico modo per togliere di mezzo quella frase, è dimostrare che sulle aree interne questo Paese vuole puntare. E ci sono diversi modi per farlo, concreti e carichi di strategia allo stesso tempo. Lo deve fare il Ministro Foti, con il Governo, con il Parlamento. Insieme. Si deve dare un segnale forte. Un modo è rispettare i territori favorendo gli investimenti delle risorse stanziate dal 2015 a oggi, togliendo ogni collo di bottiglia nazionale o regionale che blocca, da troppo tempo, la spesa. Togliamo i tappi. Ogni Regione lo faccia, insieme con lo Stato”. Ma lo sviluppo e l'arresto dello spopolamento delle Terre Alte passa anche da operazioni di buon senso come per esempio “Destinare i 40milioni di euro per la prevenzione degli incendi boschivi (dopo i 60 già stanziati e ripartiti due anni fa) interamente ai territori, evitando di trattenerne 20 (di quei 40) al Ministero dell’Interno. Altra cosa? Collegare finalmente Strategia Aree interne, Strategia per la Montagna (visto che la Camera sta esaminando il ddl montagna), Strategia per le foreste, Strategia delle Green Community. Perché avere tutte queste Strategie diverse, quando per esempio la Francia ha un’unica “Agénda Rural”? Dopo aver chiuso in Italia l’Agenzia della Coesione (la Francia non l’ha fatto) trovare sinergie e sincronizzazioni è diventato più difficile. Per questo per Bussone è urgente “Agire sulle norme. Su scuole, trasporti, sanità, serve uno scatto che abbiamo già chiesto ai Ministri competenti. Uncem ha chiesto di recente, di nuovo, dopo più domande, al Ministro dell’Istruzione di avviare un tavolo permanente sul futuro delle scuole di montagna (con Indire). È decisivo. Non si perda tempo”.
Lo spopolamento delle Terre Alte e delle Aree interne non è una condizione ineluttabile e si possono mettere in atto strategie per contrastarlo e favorire lo sviluppo sostenibile di queste zone. Per Uncem "Agire con strategie di sviluppo ragionate per le Terre Alte non è oggi una spesa, ma un investimento all'interno della nuova Programmazione comunitaria, e sicuramente arginerebbe lo spopolamento". Costruire un'Agenda per le Aree montane e le Aree interne, proprio come esiste una Agenda urbana con uno specifico PON non è impossibile e per questo Uncem è pronta a unire: “Al Ministro Foti diciamo, lavoriamo per strutturare una nuova politica per le aree interne e montane. Dare un segnale concreto, risorse e norme, ora è la priorità per togliere di mezzo ogni possibilità, anche solo sulla carta, più o meno concreta, di “spopolamento irreversibile” da accompagnare”. Ed è questa la via visto che negli ultimi tempi, sono state messe in atto diverse iniziative di successo per invertire questa tendenza e riportare la vita e l’attività economica in queste zone. Una delle strategie adottate per ripopolare i paesi di montagna è l’offerta di incentivi e bonus per coloro che decidono di trasferirsi in queste località. Ad esempio, la regione Lombardia ha stanziato 260 milioni di euro per sostenere la ripopolazione dei borghi di montagna, offrendo contributi a fondo perduto e agevolazioni fiscali. Anche il Piemonte ha prorogato gli incentivi per vivere in montagna nel 2023, dopo le numerose richieste presentate nel 2022. Similmente la Provincia autonoma di Trento ha lanciato un’iniziativa per ripopolare i borghi montani: incentivi economici per chi acquista e ristruttura immobili nei comuni a rischio spopolamento attraverso un piano da 10 milioni di euro.
Per il sociologo Antonio Calabrese “Questi incentivi possono essere un forte volano per le persone che desiderano vivere in un ambiente più tranquillo e immerso nella natura. Oltre agli incentivi finanziari, sono stati sviluppati nuovi modelli abitativi per favorire la ripopolazione. Un esempio interessante è il co-living, un progetto che combina lo spazio abitativo privato con numerose zone comuni di lavoro, aree di svago e altro ancora. Questo modello favorisce la creazione di comunità più forti e coese, in cui le persone possono condividere risorse e collaborare per lo sviluppo locale. Inoltre, è fondamentale promuovere un modello di turismo sostenibile e rispettoso dei luoghi per attrarre visitatori e creare opportunità di lavoro. Il turismo lento, che valorizza le tradizioni locali, la natura e l’enogastronomia, può essere un’ottima fonte di reddito per queste aree”. Si può fare quindi, la montagna e le sue Terre Alte possono diventare un interessante laboratorio di sviluppo non scorsoio, dove nulla è irreversibile e il ripopolamento, lo sviluppo sostenibile e la vita comunitaria si possono ancora coniugare al presente. Se solo Foti e Fitto lo sapessero...
Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.