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Il centro studi che si prende cura delle montagne bellunesi
Montagna e scuola
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Foto: Giulia Corradini ®
Nate nel terziario a causa dello scontro tra la placca continentale europea e quella africana, le Dolomiti bellunesi sono dei monumenti geologici noti a livello internazionale e, dal 2009, fanno parte del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO.
Ma la storia di queste montagne è anche, e soprattutto, la storia della gente che ci abita, adattandosi ad un territorio per nulla facile da vivere e stabilendo con esso delicate sinergie. Da secoli le Dolomiti continuano a vegliare sulla vita degli abitanti della Valbelluna, quasi fossero testimoni silenziose di anni e anni di eventi.
Le Dolomiti sono state frequentate da personaggi particolari, forti e umili contemporaneamente. Esploratori, alpinisti, studiosi, turisti, ma in primisdalla gente del posto. Persone che hanno vissuto la montagna in modo unico e profondo, ognuna a modo suo. Ecco che la ricchezza fatta di numerose esperienze di vita e scoperte è stata finora trasmessa di generazione in generazione, grazie all’opera attenta e meticolosa delle famiglie che ne hanno saputo tramandare saperi e tradizioni.
Partendo dal presupposto che le popolazioni che hanno vissuto da sempre su questi monti sono state capaci di adattare i propri stili di vita all’ambiente e superare ostacoli fisici e climatici non banali, esiste oggi una realtà bellunese che si è posta come obiettivo quello di tutelare e promuovere tale patrimonio di conoscenze alpine, la Fondazione Giovanni Angelini Centro di Studi per la Montagna.
Nata nel 1991, questo centro è oggi un vero e proprio punto di riferimento per gli studi alpini, il cui scopo principale è proprio quello di sostenere la ricerca scientifica e la formazione culturale sulla montagna come ambiente geografico, geologico, naturalistico-ambientale, alpino, antropologico, linguistico, artistico, e socio-economico.
L’idea alla base delle attività portate avanti dall’ente è quella di creare sinergie tra saperi e attori che in qualche modo orbitano attorno alle montagne, bellunesi ma non solo, mescolando discipline scientifiche e umanistiche, storia passata e presente.
Il suo ideatore fu Giovanni Angelini, uno studioso dalle origini in parte zoldane (1905-1990), nonché esperto alpinista ed esploratore. Giovanni Angelini cercò di percorrere i monti e il territorio dolomitico, studiandone i numerosi sentieri, ma anche la storia dei suoi uomini. Per lui lo studio di un profilo montuoso non si limitava alla sua mera analisi geografica o morfologica, ma ne sviscerava ogni più piccolo dettaglio, approfondendone anche i particolari toponomastici, cartografici, antropologici, storici, dialettologici, in poche parole, umani. Questo attraverso la scoperta di vie ed itinerari, l’osservazione della natura, e tramite l’attento ascolto dei racconti di vita degli abitanti di montagna.
La lungimiranza che caratterizzò il pensiero di Giovanni Angelini lo porto a dare vita al Centro di Studi, per mettere a disposizione del pubblico il patrimonio documentario, libraio, iconografico, cartografico e fotografico da lui raccolto in tanti anni di lavoro e ideando così una delle più importanti istituzioni culturali dell’arco alpino.
Come si spiega nel volume “Fra Pelmo e Civetta” del 2006, Giovanni Angelini sosteneva che la montagna stesse diventando una sorta di “supermercato di prodotti per il tempo libero”: sci su neve artificiale, sport estremi, campi da golf, ecc. Descriveva la montagna come ormai messa in vendita alla pari di un parco giochi per persone abbienti e svuotata della sua intrinseca ricchezza culturale. “Se mi chiedete come debba essere chi va in montagna, vi direi: veritiero, nobile e modesto. L’espressione sport alpino m’ha sempre fatto un po’ male. Mi sa troppo di superficiale. Non si cerchi nel monte un’impalcatura da arrampicate, si cerchi la sua anima”, diceva lo studioso.
Da queste parole, tanto attuali quanto premonitrici, sorge un problema che vale la pena considerare attentamente: chi tramanderà, e come, quel “retaggio alpino”, ossia quell’insieme di conoscenze, comportamenti ed attitudini a un modo di lavorare e vivere conformi al contesto montano e sviluppatosi nel corso di lunghi decenni di vita in montagna? Ne risulta l’importanza alla formazione e all’educazione delle nuove generazioni, alla valorizzazione di questo patrimonio culturale, ricordando che è chi vive di montagna, quotidianamente, a conoscerla meglio.
Ed è proprio a questo che punta la Fondazione, a conservare e a promuovere la cultura alpina, mettendo a disposizione del pubblico una biblioteca molto fornita, ma anche organizzando progetti di ricerca scientifica, convegni, attività culturali e corsi di formazione, tutto in stretta collaborazione con altri enti (solo per citare qualche esempio, le Università di Padova, Udine, Milano, Innsbruck e Klagenfurt) e con la gente che abita oggi in montagna. Per garantirne una supervisione scientifica, tutte le attività sono vagliate inoltre da un consiglio di specialisti del settore che ne elabora e monitora le proposte progettuali.
La trasformazione del territorio è più rapida di quel che sembra. Ce lo dimostra la storia. Basti pensare all’opera dell’uomo sulle montagne nel corso della Grande Guerra, chilometri e chilometri di trincee, tunnel, gallerie che hanno modificato in modo indelebile le montagne venete, ma anche agli ultimi episodi legati al cambiamento climatico, come la scomparsa di importantissimi patrimoni glaciologici, o al lento e progressivo abbandono dei boschi (progetto "Le ferite del paesaggio. Dalla Grande Guerra a Vaia”).
Per ricordare come il paesaggio cambi velocemente e sia particolarmente fragile, il Centro Giovanni Angelini organizza da diversi anni un Corso di formazione interdisciplinare di geografia, assieme al prezioso supporto della Fondazione Dolomiti UNESCO. Il percorso didattico, che quest’anno si è concentrato sulle Vette Feltrine, vede i partecipanti interagire in aula e sul campo con esperti e tecnici del territorio. Tre giorni di lezione con tanto di escursioni, per toccare con mano quanto appreso “sui banchi”. Come ricorda Ester Cason Angelini: “la Fondazione si occupa di studiare a fondo i vari gruppi montuosi e la divulgazione avviene anche nelle scuole. Per esempio con il progetto formativo Io vivo qui. Alla scoperta e riscoperta dei luoghi di vita nel contesto delle Dolomiti, a marzo alcuni studenti delle scuole medie bellunesi sono saliti sulla Marmolada, dove hanno avuto modo di vedere con i loro occhi la Regina delle Dolomiti e dialogare con gli esperti dell’ARPAV”. Questo percorso pedagogico ha dato ai giovani la possibilità di sperimentare e conoscere un territorio diverso dalla loro quotidianità, ma anche di emozionarsi e appassionarsi, sentendosi poi più legati alla comunità di cui fanno parte.
Un altro esempio di attività portata avanti da questo istituto lo si può vedere percorrendo l’Alta Via n. 3 delle Dolomiti. Infatti, presso il rifugio Casera Bosconero (a 1457 m s.l.m.) si ha la possibilità di osservare un modello di sperimentazione scientifica iniziata nel 2006, grazie alla collaborazione con l’Università di Padova, il Club Alpino Italiano e il Comune Val di Zoldo. Nell’ambito di questo progetto, chiamato “Energianova”, è stato installato un sistema di depurazione delle acque reflue e di produzione di biogas naturale per la generazione di energia: i reflui liquidi del rifugio sono indirizzati a delle vasche fito-depuranti, dove l’apparato radicale di salice, menta, aconito, ortica, ed altre specie locali, filtra la carica biologica in ingresso mentre un digestore anaerobico tratta la materia solida derivante da toilette e scarti alimentari trasformandolo in biogas, poi utilizzabile in cucina. Questo in un contesto montano dove lo smaltimento dei reflui e l’approvvigionamento di energia sono spesso problematici.
A breve saranno organizzati anche ulteriori importanti eventi culturali e aperti ad ogni interessato. Da filo conduttore alla base delle attività portate avanti dal Centro di Studi che si prende cura della montagna, la multidisciplinarità dei contenuti e dei soggetti coinvolti, nonché il rispetto e l’attenzione nei confronti delle comunità e della loro storia.
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Lucia Michelini

Sono Lucia Michelini, ecologa, residente fra l'Italia e il Senegal. Mi occupo soprattutto di cambiamenti climatici, agricoltura rigenerativa e diritti umani. Sono convinta che la via per un mondo più giusto e sano non possa che passare attraverso la tutela del nostro ambiente e la promozione della cultura. Per questo cerco di documentarmi e documentare, condividendo quanto vedo e imparo con penna e macchina fotografica. Ah sì, non mangio animali da tredici anni e questo mi ha permesso di attenuare molto il mio impatto ambientale e di risparmiare parecchie vite.