Gaza. Così per gioco

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Si parte scegliendo fra tre personaggi: un produttore di gelato, una studentessa, un papà. Situazioni e storie diverse, accumunate però da un piccolo dettaglio: il fatto di essere tutti e tre residenti nella Striscia di Gaza e di volere – chi per motivi commerciali, chi per ragioni familiari o di studio – trasferirsi in Cisgiordania o recarvisi per un determinato periodo. Scelgo la giovane donna, che, accettata alla facoltà di matematica della Birzeit University in Cisgiordania, decide di recarvisi per intraprendere la carriera universitaria.

E il gioco ha inizio. Mi avvio – nella mia nuova veste di studentessa di Gaza – ma appena tento di lasciare la Striscia mi scontro con il primo ostacolo: per uscire dal territorio serve un permesso. Scelgo l’unica opzione possibile, ovvero di richiedere un’autorizzazione per recarmi in Cisgiordania. Ma ecco che mi si presenta una schermata con tre alternative: presentare richiesta diretta all’esercito israeliano, presentare richiesta a Israele tramite il Comitato per gli affari civili palestinesi, o presentare una petizione alla Corte suprema israeliana.

Scelgo la seconda. E mi scontro con un’infinita burocrazia, procedure poco trasparenti e ostacoli di ogni genere. Alla fine la mia richiesta viene rifiutata perché non rispetta i “criteri”. Non demordo, e tento la via dell’esercito. Mi informano che per ottenere un permesso devo rivolgermi al Comitato, a cui avevo già presentato richiesta. Non mi resta altra scelta che il percorso giudiziale, e tento la petizione. Negativo. “Universities in the Judea and Samaria area serve as ‘greenhourses’ for breeding terrorists” si legge nella schermata che mi appare: le università in Giudea e Samaria vengono considerate covi di terroristi. Insomma, non ottengo il mio permesso.

Un gioco virtuale e interattivo, tutto qua? Anche se la qualità è quella che è, e il programma ricorda più le schermate dei prototipi di videogiochi degli anni 80/90, il gioco, realizzato dall’associazione Gisha, va ben oltre il semplice intrattenimento. Dietro ai personaggi fittizi di “Safe passage”, infatti, ci sono storie vere, raccolte dall’associazione che da anni promuove attività di sensibilizzazione sulle condizioni di vita nella Striscia e sulle conseguenze che il blocco imposto da Israele ha per la vita quotidiana di un milione e mezzo di persone.

Continuando tra schermate che parlano di diritto all’educazione e altre violazioni, arrivo a conoscere le vicende realmente accadute e che hanno ispirato gli autori del gioco virtuale. C’è Berlanty ‘Azzam, 22enne di Gaza che, dopo essere stata accettata all’Università di Betlemme nel 2005, non ha ottenuto il permesso necessario per lasciare la Striscia ma è riuscita comunque a ottenere un visto tramite contatti con la Chiesa e una richiesta di partecipazione a un incontro religioso. Berlanty, come si legge sul sito, per paura di non poter terminare non lascia la Cisgiordania per tutta la durata dei suoi studi, ma a due mesi dalla laurea è stata fermata a un check point, arrestata a ritrasferita a Gaza, da dove non è potuta più uscire dal 2009.

Poi c’è ‘Oda al–Jalda, 19enne, il cui sogno, come dichiara, “è di frequentare un’università esterna alla Striscia di Gaza per avere maggiori possibilità in futuro e conoscere un ambiente meno restrittivo e monoculturale”, ma la cui richiesta viene rifiutata. ‘Oda, come molti suoi coetanei che affrontano le vie burocratiche di Israele per ottenere l’autorizzazione, ha dovuto rinunciare, iscrivendosi all’università islamica di Gaza.

“Il gioco”, spiegano i portavoce dell’associazione Gisha, “contiene un archivio di dozzine di documenti legali che dimostrano la legislazione militare e i regolamenti giudiziali a partire dagli anni 90, quando Israele iniziò ad imporre restrizioni alla libertà di movimento tra le due parti dei Territori palestinesi.” La scelta del gioco virtuale, dichiara il creatore Gilad Baker, “è stata dettata dalla necessità di presentare al pubblico documenti in modo semplice e interattivo”.

Immedesimandosi nei personaggi e nelle storie di vita vissuta, infatti, le politiche e i problemi collegati ai limiti imposti risulterebbero più comprensibili. “Israele dovrebbe permettere il passaggio libero di beni e persone tra Gaza e la Cisgiordania come base per una società sana e prosperosa– soggetta solo a controlli di sicurezza individuali”, ha dichiarato il direttore di Gisha, l’avvocato Sari Bahi, in relazione al parziale alleggerimento del blocco comunicato alcune settimane fa.

Michela Perathoner
(Gerusalemme – inviata di Unimondo)

La collaborazione tra Unimondo e Michela Perathoner continuerà fino ad agosto. Nel 2010 sono stati pubblicati i seguenti articoli:

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