America latina: sempre più difficile giustificare la militarizzazione

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Si è concluso il 23 agosto scorso il primo "Incontro internazionale delle donne e dei popoli delle Americhe contro la militarizzazione" tenutosi nella città di Barrancabermeja in Colombia. Aumentare la consapevolezza sulla critica situazione del conflitto armato e sociale che affrontano oggi i popoli delle Americhe e in particolare quelli della Colombia è stato l'obiettivo principale dell'incontro insieme a quello di costruire reti tra persone e organizzazioni di altri paesi per trovare percorsi comuni contro la militarizzazione dei territori.

Secondo la Coalizione 'No Basi' ci sono circa 1000 le basi militari dei paesi occidentali sparse in un centinaio di paesi nel mondo. E la Colombia non è stato scelta a caso come paese ospitante per l'appuntamento: il governo colombiano ha sottoscritto lo scorso ottobre un importante accordo militare con gli Stati Uniti (in. pdf) che prevede da parte di questi ultimi l'utilizzo di sette basi militari e di altre installazioni aeree civili e concede l'immunità diplomatica a circa 800 militari e circa 600 civili. Una situazione di crescente pressione militare nel continente anche a Panama e Costa Rica dove gli Usa chiedono l'utilizzo di basi ai governi locali, ma anche fatti come il colpo di stato in Honduras, le minacce di golpe in Paraguay, il forte dispiegamento militare di Haiti in occasione del terremoto, sono tutti segnali che fanno aumentare le preoccupazioni.

Oltre 3000 donne, 80 organizzazioni, militanti di organizzazioni sociali e politiche, movimenti popolari di circa 20 paesi non solo dell’America Latina hanno preso parte all'iniziativa, dove si è discusso delle azioni volte a frenare ed eliminare la militarizzazione del territorio, superare il modello economico neo-liberale, e tutte le conseguenze negative che ne conseguono, con effetti negativi sopratutto sulle donne nelle zone di conflitto. L'incontro è stata anche l'occasione per visitare alcune comunità direttamente coinvolte in scenari di guerriglia interna, dove le popolazioni sono spesso costrette a lasciare tutto per evitare le violenze. La Colombia possiede una delle più vaste popolazioni di sfollati, con stime che secondo l'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati si aggirano sui 3 milioni di persone.

Secondo i dati 2009 del Sipri, negli ultimi 20 anni le Americhe hanno aumentato le loro spese militari del 50%. Dopo il Brasile la Colombia è il secondo paese dell'America Latina e dedicare una cifra importante alle spese militari, il 3,7% del suo Pil. E mentre si investono enormi quantità di denaro in armi, uniformi e attrezzature sofisticate di sorveglianza di sicurezza, milioni di persone non hanno accesso a acqua potabile, cibo, salute e istruzione.

La violenza basata sul genere - grande piaga dell'America Latina - si estende a tutti i tipi di violazioni dei diritti umani, situazioni che tendono a peggiorare nelle zone dove sono presenti basi militari, come ha ricordato recentemente, la Federazione internazionale dei diritti umani nel suo 37° Congresso ha adottato una risoluzione sulla relazione tra condizione delle donne e le basi militari, dove si denuncia la preoccupazione che la presenza e l'uso di basi militari statunitensi aumenterà il rischio di violenza sessuale contro le donne, la prostituzione, tutte le attività legate allo sfruttamento sessuale e non ultimi i femminicidi per cui l'America Latina è ormai tristemente nota. Massacri, sparizioni forzate, tortura, assassini di civili a sangue freddo e poi travestiti da guerriglieri -scandalo colombiano noto come dei falsi positivi - espropriazioni forzate, sono solo alcuni aspetti del conflitto interno. Una ormai cinquantennale guerra tra Farc e Stato alla quale si sono aggiunte varie frange di paramilitari sempre più alla ribalta delle cronache per scandali che vedono il governo centrale di Bogotà responsabile di questi gruppi. A farne le spese sono i cittadini colombiani ai quali viene negata una vita normale mentre a guadagnarci sono anche le grandi multinazionali che riescono a farsi sempre più spazio approfittando della corruzione della classe politica e dell'impunità che vige nel paese.

All'incontro si è parlato di come le élite di Stato hanno sempre trovato un modo per giustificare la militarizzazione: minacce reali o immaginarie a cui si reagisce con lo stesso ragionamento che favorisce l'uso della forza e di dominio per tenere a bada i nemici. L'elenco più recente di questi ipotetici nemici è stato concordato in occasione del Vertice delle Americhe svoltosi a Miami nel 1994, quando iniziò il processo di organizzazione di un sistema comune di sicurezza per l'intero continente americano ideato dall'allora presidente degli Stati Uniti George Bush. Il narcotraffico, il terrorismo, circolazione di armi di distruzione di massa, il traffico di armi, i flussi migratori, le catastrofi naturali e religiose e gli eccessi nazionalisti sono stati identificati come minacce reali dai 33 governi partecipanti al vertice. In realtà secondo gli attivisti queste "minacce" non sarebbero altro che la giustificazione per militarizzare i territori e avere il controllo di risorse naturali come acqua, petrolio, biodiversità, minerali, di cui l'America Latina è ricca e per cui le grandi multinazionali hanno già fatto i loro piano approfittando di governi complici cercando di imporre per esempio il sistema ALCA, una serie di accordi di libero commercio basati sul neoliberismo e la globalizzazione che hanno incontrato la resistenza della società civile.

Le organizzazioni per i diritti umani e i movimenti della società civile che si oppongono alla militarizzazione hanno percorso un lungo cammino di resistenza a partire dalla fine degli anni '80, con numerose iniziative che vanno dalla creazione dell'Osservatorio della Scuola delle Americhe SOA Watch all'articolazione di un'Alleanza Sociale Continentale contro l'ALCA, il Debito Estero e per la smilitarizzazione del continente. La Coalizione 'No Basi', la Marcia Mondiale delle Donne contro la militarizzazione sono tutte iniziative che cercano di mondializzare, o meglio globalizzare le lotte per chiedere la chiusura di tutte le basi militari e la bonifica dei territori dove anche se le basi sono state smantellate, ancora oggi sono contaminati da uranio impoverito e materiali pericolosi usati negli addestramenti.

Come si legge nella dichiarazione finale dell'incontro: “la militarizzazione dei territori ha portato alla perdita della sovranità, dell’autonomia e della autodeterminazione dei popoli, diventando una minaccia per il continente”. Gli attivisti denunciano un progetto di morte che si espande attraverso il controllo militare del territorio attraverso le basi militari USA in Colombia e nel continente, l’intervento militare come strumento di controllo politico, economico e sociale.

Rendere visibili i molteplici effetti della guerra sulla vita delle donne e sui popoli, unire la resistenza contro la guerra, la militarizzazione per continuare costruendo proposte collettive e unitarie di pace sembrano essere le strade da percorrere. Come segnale positivo proprio nei giorni dell'incontro, la Corte Costituzionale della Colombia si è pronunciata sulla richiesta di incostituzionalità presentata contro l'accordo militare firmato tra Colombia e Stati Uniti, dichiarando ineseguibile il trattato e stabilendo che questo accordo debba essere rimandato all'esecutivo e presentato al Congresso della Repubblica perché venga approvato, notizia che gli attivisti hanno appreso come una piccola vittoria.

Elvira Corona (Inviata di Unimondo)

 

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