Brasile: il Forum Sociale Mondiale oltre il restyling dei G8 e di Davos

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Erano in 35 mila a inaugurare l’anno del decennale del "Forum Sociale Mondiale" (FSM-WSF) e come nel gennaio del 2001 si sono simbolicamente dati appuntamento a Porto Alegre, capitale dello stato brasiliano di Rio Grande do Sul con le proposte per un altro mondo possibile. Non un unico evento ma il primo di una quarantina di mobilitazioni che si terranno durante tutto il 2010 in varie città del mondo. Con un filo conduttore comune: “le reazioni dei movimenti davanti alla crisi mondiale”.

Il primo di questi appuntamenti si tenuto appunto dal 25 al 29 gennaio a Porto Alegre che ha ospitato partecipanti venuti da 39 diversi paesi del mondo - per circa il 60% donne - che hanno discusso in particolare dei prossimi obiettivi dei movimenti sociali. Tra gli altri argomenti in esame quello del ruolo del Forum, se debba essere uno spazio aperto di elaborazione politica o invece un movimento organizzato. Secondo João Pedro Stédile, rappresentante del movimento dei Sem terra, “Il Forum non può rimanere una riunione di saggi che decidono le regole per gli altri: dobbiamo concordare un programma che non sia solo anti-neoliberale, ma anti-imperialista”.

Nato come forum anti-Davos del Sud, il FSM è passato dai 20mila partecipanti della prima edizione del 2001 agli oltre 150mila dell'ultima edizione di Belem do Parà. “Abbiamo raggiunto l'obiettivo iniziale di rompere la dominazione del pensiero unico” cioè la base del Foro Economico di Davos, commenta il sociologo brasiliano Francisco Chico Whitaker, uno dei promotori del FSM e membro del Consiglio Internazionale. In questi 10 anni il movimento è sicuramente cambiato, si è evoluto, passando da una prima fase di critica al sistema capitalista a uno spazio di proposte alternative.

Come afferma il giornalista francese Bernard Cassen, presidente onorario di ATTAC Francia, e uno dei fondatori europei del FSM, si è passati a una seconda tappa: “che si traduce nell'abbandono del termino antiglobalizzazione a favore dell'altermondialismo, cioè si passa dal semplice rifiuto alla proposta”. Cassen anticipa un eventuale dibattito su una nuova futura tappa, quella che denomina post-altermodialismo. Una delle nuove sfide di questa nuova tappa sarà - per il giornalsta francese - la ricerca di nuove forme di articolazione tra i movimenti sociali, le forse politiche e i governi progressisti come quelli al potere oggi in vari paesi dell'America Latina, come Bolivia, Ecuador, Venezuela.

Un esempio di praticabilità di questa via, secondo Cassen lo abbiamo potuto vedere a Copenaghen, dove l'Alleanza Bolivariana dei Popoli della Nostra América (ALBA) - che raggruppa nove nazioni Latinoamericane e Caraibiche - ha assunto posizioni convergenti con le quelle delle principali coalizioni di ONG che esigono giustizia climatica e attaccano direttamente il capitalismo.

Nonostante il Social Forum sia nato in diretta antitesi al Forum Economico di Davos, non bisogna dimenticare che il FSM è l'evoluzione del primo Incontro Intergalattico dei movimenti sociali del 1996, lanciato dal subcomandante Marcos poco dopo la sollevazione neozapatista del Chiapas messicano e delle proteste di Seattle del 1999. Le proteste contro gli artefici della globalizzazione, e le forti mobilitazioni sopratutto nel continente latinoamericano, hanno messo in forte dubbio la legittimità di un modello di globalizzazione che è solo al servizio degli interessi corporativi. Oggi il fallimento delle politiche neoliberali e la profonda crisi finanziaria mondiale dà ragione ai movimenti e mette in luce una crisi che non è solo economico-finanziaria, politica, ambientale, energetica e non ultima alimentare, ma anche di civilizzazione.

Secondo Esther Vivas - coautrice del libro “Resistenze Globali. Da Seattle alla crisi di Wall Street” - il movimento ha avuto pochi risultati concreti e la sua capacità di fermare le politiche “regressive” è stata praticamente nulla. Quando si sono avute delle vittorie sono state sempre precarie e temporali. Nonostante dieci anni di forti mobilizzazioni, l'obiettivo di invertire la rotta e proporre un cambio di paradigma si è rivelato un compito più difficile di quanto potessero pensare i milioni di manifestanti di Seattle.

Nonostante tutto però, il movimento antiglobalizzazione/altermondialista ha avuto un ruolo chiave nel processo di delegittimazione del neoliberalismo e delle sue istituzioni internazionali come al Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, cosi come i vertici elitari, G8, Davos e WTO in primis, riuscendo a mettere in dubbio le politiche di questi ultimi mettendole al centro delle proteste, una dinamica che ha obbligato queste istituzioni a importanti campagne di marketing e restyling, arrivando alla cooptazione di alcune Ong e fondazioni, e inaugurando il concetto di “capitalismo dal volto umano” sbandierato dai vari Soros e Gates.

Si è comunque ancora lontani dal raggiungere le numerose organizzazioni che si battono per gli stessi obiettivi, molte importanti lotte che si svolgono da più parti nel pianeta non si identificano con il FSM e non ne fanno parte. Per esempio in Messico gli zapatisti, nonostante siano senza dubbio i precursori del movimento altermondialista. Per questo il cammino da fare è anora lungo e le sfide da affrontare nell'immediato futuro non sono solo esterne ma forse ancora più urgenti sono quelle interne, in modo da avere più idee da proporre, più forza e più possibilità di realizzare “un altro mondo possibile”.

Secondo Olivier Bonfond - membro del Comitato per l'Annullazione del Debito del Terzo Mondo - “Il FSM dovrebbe orientarsi più verso le azioni concrete e alternative piuttosto che solo in un grande spazio di vetrina. Il dibattito, l'analisi, e l'elaborazione di alternative costituiscono tappe necessarie ma senza dubbio devono poi trasformarsi in azioni concrete, capaci di portare cambiamenti, sono quelle che spaventano davvero i sostenitori del modello attuale”.

Già lo scorso novembre durante una riunione preparatoria organizzata a Dakar, la capitale senegalese prossima sede del FSM, numerosi movimenti sociali del continente africano hanno espresso la volontà di far avanzare il Forum. Si è discusso della necessità di creare uno “spazio di alleanze credibili” e non “ un mercato della società civile”. Definire nuove relazioni con gli attori politici per costruire una vera nuova alternativa. Probabilmente in África si consoliderà la svolta “post-altermondialista” del Forum Sociale, un'evoluzione importante rispetto alla primissima fase del movimento che dichiarava di voler “cambiare il mondo senza prendere il potere”.

Elvira Corona
(Quito - Ecuador)

 

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