Ravenna: le contestazioni alla nave rigassificatrice BW Singapore

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Foto: Facebook.com

Sabato 12 aprile una lunga onda colorata ha attraversato Ravenna. Era la manifestazione promossa dall’appello del Coordinamento Ravennate per il Clima – Fuori dal Fossile e a molte altre realtà sociali. Al centro delle contestazioni, l’installazione della nave rigassificatrice BW Singapore nel porto industriale della città. 

L’impianto galleggiante, lungo 300 metri, è destinato a trasformare gas naturale liquefatto (GNL) in metano da immettere nella rete nazionale. Arrivata al terminal di Punta Marina a metà febbraio, la nave è pronta a entrare in funzione in questi giorni. La manifestazione ha raccolto la voce di decine di comitati, associazioni, realtà ambientaliste e cittadini comuni, come la Rete Emergenza Climatica e Ambientale Emilia Romagna, Legambiente, la Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale, il gruppo Energia per l’Italia, l’Assemblea permanente dei Movimenti Ambientalisti e Non Solo e la Rete NoRIgas NoGnl, che denunciano un progetto ritenuto anacronistico, pericoloso e dannoso dal punto di vista ambientale, sanitario e climatico. 

La protesta non si scaglia solo contro il singolo impianto; il percorso di questi mesi si inserisce in una critica più ampia alla politica energetica nazionale, ancora saldamente ancorata a sfruttamento di energie di natura fossile, nonostante la crisi climatica stia aggravando i suoi impatti anche in Italia, mentre per le proposte di impianti rinnovabili (fra i quali il parco eolico-fotovoltaico offshore che dovrebbe sorgere proprio a Ravenna) gli iter autorizzativi languono per anni ed anni.

Secondo la rete Per il clima, fuori dal Fossile, il GNL non è un “ponte” verso un futuro sostenibile, ma una trappola fossile. Il gas naturale liquefatto è metano raffreddato a -162 °C per facilitarne il trasporto via mare. Anche se viene presentata come un’energia pulita, il suo ciclo di vita – dall’estrazione alla rigassificazione  – non lo è. Durante l’estrazione e il trasporto sono frequenti le perdite di metano, responsabile dell’inquinamento da polveri sottili e gas serra fino a 86 volte più potente della CO₂ su un periodo di 20 anni. E poi ci sono le emissioni prodotte durante la rigassificazione, un processo che richiede grandi quantità di energia e uso di cloro, che viene poi sversato in mare. Secondo uno studio di Greenpeace, una nave rigassificatrice come la BW Singapore può emettere fino a 2,5 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti all’anno. 

Oltre al clima, il progetto solleva forti preoccupazioni ambientali e di sicurezza. L’impianto è collocato in una zona altamente antropizzata e vulnerabile, soggetta a subsidenza e instabilità del suolo. In caso di eventi meteo estremi – sempre più frequenti nell’area – le operazioni della nave potrebbero essere compromesse, aumentando il rischio di incidenti. Mareggiate e forti venti potrebbero danneggiare l’impianto e interrompere l’erogazione del gas, al punto che per evitare il rischio si progetta la costruzione di una massiccia diga di calcestruzzo della lunghezza di quasi un chilometro. Gli scarichi termici e chimici della nave nell’Adriatico destano poi l’allarme del Coordinamento. Il processo di rigassificazione, infatti, prevede l’uso di acqua di mare, che viene poi reimmessa in circolo a temperatura diversa e con additivi potenzialmente tossici. Un impatto che altera gli equilibri dell’ecosistema marino e danneggiare la biodiversità locale.

Al di là delle contestazioni nel merito dell’opera, gli attivisti denunciano la mancanza della consultazione pubblica necessaria, bypassata in nome dell’emergenza energetica. La procedura autorizzativa per la BW Singapore è stata accelerata grazie a un decreto del governo Draghi, poi confermato da quello Meloni. Minime le note di dibattito pubblico e di coinvolgimento della cittadinanza, scarsamente significative le valutazioni degli impatti a lungo termine.

Una scelta che ripropone un copione già visto: commissari straordinari, deroghe ambientali, militarizzazione dei territori. A Ravenna, come a Piombino prima. Ma per molti, si tratta solo di un favore alle grandi aziende del gas, in primis Snam, proprietaria della nave e gestore del progetto.

La contestazione al rigassificatore si inserisce in una critica più ampia a una politica climatica giudicata insufficiente e contraddittoria. Procede infatti rapidamente la realizzazione del gasdotto della Linea Adriatica, che sta sventrando boschi e campagne, mentre crescono le proposte di potenziamenti e ampliamenti delle trivellazioni per l’estrazione di gas, si sperimenta l’impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica, che dovrebbe convogliare a Ravenna ulteriori emissioni provenienti da altri territori, il tutto in una zona che da sempre subisce l’impatto dell’industria chimica ed estrattiva. 

Mentre bisognerebbe moltiplicare le strategie per l’abbandono dei fossili, l’Italia investe miliardi in nuove infrastrutture per il gas, rallenta le rinnovabili e promuove progetti dannosi e di dubbia utilità. “I governi che si sono succeduti negli ultimi anni – affermano gli attivisti – hanno fatto scelte coerenti tra loro: sostenere i profitti delle multinazionali energetiche, scaricando i costi sulla collettività e sul clima”. In questo senso, la BW Singapore è il simbolo di una transizione energetica tradita, che continua ad alimentare crisi invece di prevenirle.

“Non è solo una battaglia contro il rigassificatore”, spiegano dal coordinamento. “Tutto il settore dell’energia dovrebbe essere trasferito dall’ambito del profitto a quello dei beni comuni. È una battaglia per la giustizia climatica, per il diritto alla salute, per la democrazia nei territori. Ed è appena cominciata”. 

Rita Cantalino

Napoletana, classe ‘88. Freelance, collabora con diverse testate. Si occupa di ambiente, clima e diritti umani, con uno sguardo particolare agli impatti sanitari e sociali delle contaminazioni di natura industriale.

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