I clima-demotivati

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Foto: Unsplash.com

Secondo un sondaggio realizzato da YouTrend il 7 maggio, in occasione dell’edizione 2025 di Echi, evento dedicato alla comunicazione ambientale, è emerso che il 42% del campione di italiani intervistati da questo content hub digitale ritiene che le persone intorno a loro siano meno motivate ad agire contro il cambiamento climatico rispetto a qualche anno fa. La percezione negativa, di un problema riconosciuto come drammaticamente reale, si estende anche ad altri attori sociali: il 43% indica un calo di impegno da parte delle aziende, il 49% giudica meno incisivo l’impegno delle istituzioni, ma il dato più allarmante è quello che riguarda la sfera personale perché all'interno del campione uno su quattro, il 25%, dichiara di sentirsi meno motivato in prima persona a contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico rispetto al passato. Come mai? A determinare questo clima di disillusione concorrono diversi fattori tra i quali principalmente le ragioni economiche: il 30% dei demotivati teme effetti negativi sull’occupazione, mentre il 24% percepisce un rischio di svantaggio competitivo per l’Europa rispetto alla Cina. Un ulteriore elemento critico è il senso di impotenza: il 31% degli intervistati individua tra le cause della propria demotivazione la dimensione troppo vasta del problema, che sembra sfuggire al controllo del singolo. A questo si aggiunge una comunicazione percepita come eccessivamente allarmista, indicata dal 23% come fattore che contribuisce al calo di motivazione, visto che il 77% degli intervistati afferma che si sentirebbe più motivato se il messaggio si concentrasse più sulle possibili soluzioni piuttosto che sui problemi.

Una narrazione costruttiva e orientata al cambiamento positivo sembra quindi fondamentale per riaccendere l’impegno almeno di quel 63% di intervistati che vorrebbe una comunicazione più focalizzata sui benefici economici della transizionee di quel 61% che apprezzerebbe di più un approccio meno basato sulla paura. Una paura che tuttavia è ormai latente quando si parla di clima visto le drammatiche conseguenze portate in dote in Italia dagli eventi climatici estremi. L'Italia è in buona compagnia, purtroppo, visto che nel luglio del 2024 tutta l’Europa sudorientale ha registrato la più lunga ondata di caldo mai registrata, durata 13 giorni consecutivi. Sono indicazioni estrapolate dall’ultimo report (relativo al 2024) dello “Stato europeo del clima” il rapporto congiunto del Servizio per il cambiamento climatico di Copernicus e dell’Organizzazione meteorologica mondialedal quale emerge in modo chiaro che Dagli anni ‘80, l’Europa si è riscaldata a una velocità doppia rispetto alla media globale, diventando il continente che si riscalda più rapidamente sulla Terra. Ciò è dovuto a diversi fattori, tra cui la percentuale di territorio europeo nell’Artico, che è la regione che si riscalda più rapidamente sul pianeta, i cambiamenti nella circolazione atmosferica che favoriscono ondate di calore estive più frequenti e la riduzione delle emissioni di aerosol”.

Una situazione che ha generato conseguenze immediatamente tangibili: le tempeste lo scorso anno sono state spesso molto severe e le inondazioni diffuse su vaste aree, causando almeno 335 vittime e colpendo circa 413.000 persone. Secondo Friederike Otto, senior lecturer del Centre for Environmental Policy e direttrice del World weather attribution, “Questo rapporto mette a nudo le sofferenze che la popolazione europea sta già subendo a causa di fenomeni meteorologici estremi. Ma siamo sulla buona strada per raggiungere i 3°C entro il 2100. Basta pensare alle inondazioni in Spagna, agli incendi in Portogallo o alle ondate di calore estive dello scorso anno per capire quanto sarebbe devastante questo livello di riscaldamento. In un'economia globale volatile, è francamente folle continuare a fare affidamento sui combustibili fossili importati - la principale causa del cambiamento climatico - quando le energie rinnovabili offrono un’alternativa più economica e pulita. L’Ue non può più permettersi di mettere in secondo piano i propri impegni in materia di clima”. Non meno allarmanti sono le considerazioni espresse da Antonello Pasini, fisico del clima, Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Cnr: “Gli ultimi due anni sono stati particolarmente critici e ciò può essere dovuto anche al combinarsi di una variabilità naturale del clima con le forzanti antropiche. Tuttavia queste ultime, in particolare le combustioni fossili con emissioni di gas a effetto serra, la deforestazione e in parte un'agricoltura non sostenibile, continuano ad aumentare a livello globale, con una impronta umana sul riscaldamento che non accenna a diminuire. In questa situazione, occorre sicuramente adattarsi agli eventi estremi che, data l'inerzia del clima, ci ritroveremo anche nei prossimi decenni, ma dobbiamo anche agire rapidamente per la mitigazione e la riduzione drastica delle emissioni, altrimenti potremmo giungere a scenari in cui sarebbe difficilissimo difendersi con l'adattamento”.

Dall’indagine emerge anche che non siamo di fronte a un fenomeno che possa considerarsi isolato, bensì a un trend ben preciso dovuto al riscaldamento globale. Ma mentre l'Europa dovrebbe preoccuparsi, ma non sempre (almeno nel caso italiano) è motivata, i cinesi hanno annunciato che grazie alle nuove installazioni di rinnovabili la loro capacità di energia eolica e solare ha superato per la prima volta quella dell'energia termica, alimentata soprattutto dal carbone. Nel primo trimestre 2025, infatti, “La capacità di generare energia eolica e fotovoltaica ha toccato i 74,33 milioni di kilowatt, portando la capacità installata cumulativa a 1,482 miliardi di kilowatt”, ha riferito nei giorni scorsi l'Organismo nazionale per l'energia cinese. La Cina è tutt'ora il primo emettitore mondiale di gas serra causa del cambiamento climatico, ma si è impegnata a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060 e non ci resta che sperare che almeno loro siano seriamente motivati a farlo!

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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