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In cima alla catena alimentare… dell’inquinamento
Contaminazioni
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Foto: Mike Doherty da Unsplash.com
Sostanze chimiche che restano in circolo per sempre o che si deteriorano con tempi lunghissimi, tali da essere chiamate “forever chemicals”, praticamente eterne. Sostanze come i PFAS, elementi polifluoroalchilici che si accumulano nell’ambiente e nei tessuti umani: prodotti dall’uomo, prevalentemente utilizzati in campo industriale e impiegati in una gamma talmente ampia di prodotti che, potremmo dire, sono ovunque: tappeti, pellami, carta, cartoni per uso alimentare, padelle antiaderenti, prodotti per la cura del corpo, schiume antincendio, capi d’abbigliamento e tessuti tecnici come il Gore-Tex®. Sostanze sintetiche, considerate molto utili per le proprietà di oleo e idro repellenza.
Sono talmente ovunque che le hanno trovate con alti livelli anche in un branco di orche la cui popolazione è già a rischio e che vive al largo delle coste dell’isola di Vancouver, nella regione della British Columbia, in Canada. I ricercatori che hanno fatto la scoperta hanno riscontrato la presenza di sostanze utilizzate nella produzione di carta igienica nel corpo delle orche (Orcinus orca), sostanze la cui tossicità rischia di peggiorare gravemente una situazione già compromessa sia per cause legate all’inquinamento acustico provocato dalle imbarcazioni commerciali che incide pesantemente sulla loro capacità di caccia, sia per sostanze tossiche inquinanti provenienti dall’agricoltura e dall’industria che mette a rischio non solo le orche, ma anche i salmoni che rappresentano in questa zona una fetta importante della loro dieta.
I ricercatori hanno trovato sostanze chimiche come la 4NP (Paranitrofenilfosfato), usata nei processi di produzione della carta, ma anche nei saponi, nei detergenti e sui tessuti: sostanze che arrivano nell’oceano da impianti industriali di trattamento dei rifiuti o da residui delle lavorazioni industriali stesse, non correttamente processati. E le orche, che sono al culmine della catena alimentare di quest’area, ingeriscono queste sostanze direttamente o indirettamente, attraverso altri organismi a loro volta contaminati, fenomeno noto come biomagnificazione o magnificazione ecologica, cioè il processo per cui l’accumulo di sostanze tossiche negli esseri viventi (bioaccumulo) aumenta di concentrazione man mano che si sale al livello trofico successivo procedendo verso l’alto nella piramide alimentare. Per questo motivo le orche, loro malgrado, risultano tra i cetacei più contaminati nel mondo.
Nello studio, i ricercatori hanno lavorato su campioni di muscoli scheletrici e sul fegato delle orche monitorate, in particolare sull’ecotipo residente nell’area sud delle coste della British Columbia, già minacciate da ridotte risorse alimentari, aumento del traffico marittimo, riscaldamento globale delle temperature delle acque e inquinamento chimico.
Una ricerca che, come sottolinea uno dei co-autori, il dott. Juan José Alava, è “un grido di allarme” che solleva una grave allerta rispetto alle possibilità molto concrete del declino di questa popolazione. Anche perché nei loro corpi, oltre a componenti tossiche legate alla carta igienica, le particelle delle sostanze chimiche pervenute, in particolare di 4NP ma anche di altri agenti chimici utilizzati nella catena alimentare, come per esempio negli imballaggi dei cibi confezionati e nelle pentole da cucina, sono contaminanti che creano forti preoccupazioni. Purtroppo al momento troppi pochi esemplari sono stati esaminati per poter inferire la reale portata della contaminazione. Ciò nonostante gli esperti non sono ottimisti perché questi stessi agenti inquinanti trovati nelle orche posso interagire con il sistema nervoso e influenzare negativamente le funzioni del sistema cognitivo, così come i livelli ormonali, con il risultato di renderle più inclini a contrarre malattie. Un pericolo che, a peggiorare il quadro, gli scienziati hanno individuato come trasmissibile dalla madre al feto nella percentuale di quasi il 95%. È evidente come la situazione non lasci presagire un futuro sereno e in salute per le orche, ma nemmeno per noi, responsabili ancora una volta, a causa dei prodotti e dei materiali che continuiamo indiscriminatamente a utilizzare, di un peggioramento significativo delle condizioni ambientali e di vita di molte specie che condividono con noi questa fragile Terra.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.