Una rivoluzione culturale e ambientale: un Bio-Distretto!

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Immagine: Bio.trentino.it

Domenica 26 settembre con un referendumla Provincia autonoma di Trento avrà la possibilità di decidere se diventare un biodistretto, puntando tutto su una gestione sostenibile delle risorse, sulla filiera corta e, più in generale, su una visione davvero green dell’intero comparto, senza lasciare spazio a zone grigie.  Il Bio-Distretto è un’area geografica naturalmente vocata al biologico dove agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni stringono un accordo per la gestione sostenibile delle risorse, partendo proprio dal modello biologico di produzione e consumo (filiera corta, gruppi di acquisto, mense pubbliche bio).

Nel bio-distretto la promozione dei prodotti biologici si coniuga indissolubilmente con la promozione del territorio e delle sue peculiarità al fine di raggiungere un pieno sviluppo delle proprie potenzialità economiche, sociali e culturali. Con la nascita di un bio-distretto vengono messe in rete le risorse naturali, culturali, produttive di un territorio che vengono valorizzate da politiche locali orientate alla salvaguardia dell’ambiente, delle tradizioni e dei saperi locali. Per questo la  richiesta di un Il Bio-Distretto attraverso un quesito referendario è un segnale positivo per la coscienza di una Provincia che vuole conciliare agricolturasaluteturismo e sostenibilità.

Per realizzare tutto  questo in Trentino è possibile votare domenica 26 settembre 2021 dalle 06:00 alle 22:00 in tutti i comuni della Provincia Autonoma di Trento, presso il proprio seggio di residenza indicato sulla Tessera Elettorale. Possono votare tutte le persone residenti da almeno un anno in Trentino.

Il quesito del referendum propositivo : Volete che, al fine di tutelare la salute, l’ambiente e la biodiversità, la Provincia Autonoma di Trento disciplini l’istituzione su tutto il territorio agricolo provinciale di un distretto biologico, adottando iniziative legislative e provvedimenti amministrativi – nel rispetto delle competenze nazionali ed europee – finalizzati a promuovere la coltivazione, l’allevamento, la trasformazione, la preparazione alimentare e agroindustriale dei prodotti agricoli prevalentemente con i metodi biologici, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 228/2001, e compatibilmente con i distretti biologici esistenti? 

Oggi, nella provincia di Trento solo il 6% dei terreni agricoli sono coltivati con il metodo biologico. Questo dato si discosta in maniera importante da quello nazionale che si attesta al 15%. Legambiente non ha dubbi: «La transizione ecologica passa anche da una piena affermazione del bio nei territori e la provincia di autonoma di Trento potrebbe esserne esempio».

Secondo Stefano Ciafani, presidente Nazionale di Legambiente, «Un esito positivo del referendum – darebbe avvio a un processo virtuoso attraverso il quale trasformare l’intero comparto agroalimentare italiano. Le strategie europee Farm to Fork e Biodiversità vanno chiaramente in questa direzione e chiedono con forza una diminuzione del 50% dell’uso pesticidi e il raggiungimento del 25% delle superfici agricole coltivate con metodo biologico entro il 2030. L’agroecologia è il modello da seguire fin da subito per favorire la transizione ecologica. Adesso, serve dare al biologico un nuovo impulso. In questa logica, Legambiente invita tutti i cittadini residenti nella provincia autonoma di Trento a recarsi alle urne e a esprimere il proprio assenso nei confronti del quesito posto. Per rendere valida la consultazione referendaria, occorre che il 40% degli aventi diritto si rechi alle urne. Un esito positivo rappresenterebbe una svolta strategica e favorirebbe con forza la conservazione degli ecosistemi e la salvaguardia della salute dei cittadini».

Le associazioni trentine che appoggiano il referendum sono 35, alle quali si è aggiunta anche la Comunità Laudato Si’ del Trentino, nata con il sostegno dell’Area testimonianza della Diocesi di Trento, invita a votare Sì al referendum: «Ci rendiamo conto delle difficoltà, delle inevitabili imperfezioni, delle possibili incoerenze di questo progetto, del sacrificio che viene chiesto agli operatori del settore. Soprattutto come Comunità Laudato Si’ ci rendiamo conto che il vero cambiamento che serve è la conversione profonda del nostro stile di vita e del nostro concetto di essere umano. Ciononostante, sosteniamo questo primo piccolo passo, convinti che a guardare appena un po’ più lontano delle inevitabili fatiche, arriveranno i benefici, anche quelli economici. Pensiamo che l’idea di un biodistretto si inserisca in un’ottica di sviluppo sostenibile e integrale che non possa che fare del bene al nostro territorio, da sempre vocato all’agricoltura e all’allevamento».

Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente, ricorda che «In Italia vengono utilizzate ogni anno 130.000 tonnellate di pesticidi che contaminano irrimediabilmente aria, acqua e suolo, oltre ai prodotti della filiera agroalimentare, con tutte le conseguenze che ciò comporta per la nostra salute. Stando ai dati diffusi da Ispra, il 33% delle acque sotterranee e il 67% di quelle superficiali sono contaminate dai principi attivi dei fitofarmaci utilizzati in agricoltura. In Trentino, la filiera vitivinicola ha fatto importanti passi in avanti nell’ambito della sostenibilità. Basti pensare all’aumento delle superfici coltivate con il metodo biologico. Nelle altre filiere si registra invece un ritardo che potrebbe essere colmato già a partire dal referendum. La vittoria del sì al referendum non obbligherebbe  tutti i produttori a convertirsi al biologico: la partecipazione al distretto sarebbe esclusivamente su base volontaria. La vittoria del sì, dal canto suo, darebbe avvio a una nuova fase che vedrebbe protagonista l’intero territorio di una trasformazione radicale, mettendolo nelle condizioni di raggiungere il 50% di superficie agricola coltivata con il metodo biologico».

In Italia, esistono già 40 biodistretti e in 2 Regioni, Sardegna e Marche, sono stati istituiti distretti biologici che coinvolgono l’intero territorio regionale. Secondo Il Cigno Verde, «Serve una diffusione capillare di tali modelli, oltre alla creazione di una rete sempre più radicata, attraverso cui mettere finalmente un freno all’agricoltura intensiva e inquinante».

Di seguito il manifesto per il Distretto Biologico della Provincia autonoma di Trento: 

Il distretto biologico porta: Alla promozione di un cambiamento culturale, nell’approccio all’agricoltura, al territorio e alla natura in cui si colloca il mondo agricolo coinvolgendo tutte le realtà della nostra provincia, dalle periferie alle città. L’approccio sarà olistico (che comprende tutto) e orientato ai principi chiave dello sviluppo sostenibile, ovvero rispettoso dell’ambiente.

Ad una crescita economica, poiché comporta l’aumento del valore dei prodotti agricoli certificati biologici, l’incremento e la diversificazione dell’offerta turistica, la nascita di un’industria alimentare per la lavorazione e trasformazione dei prodotti biologici, come pure la vendita a chilometri zero e l’utilizzo dei nostri prodotti nella filiera provinciale sia nel comparto turistico che pubblico con un conseguente aumento dell’offerta di lavoro.

Al miglioramento della qualità della vita, derivante dalla salubrità dell’ambiente e dalla salvaguardia delle acque, evitando l’inquinamento da pesticidi e inquinanti delle falde acquifere, creando così un ambiente
sano nel quale vivere e crescere i propri figli.

All’aumento della biodiversità (no alle monocolture estese) che rende l’ambiente sempre più integro e fertile permettendone anche un utilizzo salutistico e sportivo (pet therapy, ciclovie, ecc.) con un’offerta turistica in sintonia con la natura.

Ad una zootecnia di qualità, che valorizza le razze autoctone, con una filiera biologica dei prodotti, e una distribuzione sul territorio sostenibile, individuando e selezionando gli ambiti adatti a questo sviluppo in modo
che non entrino in collisione con altre realtà produttive.

Alla ripopolazione delle zone montane, poiché vi si possono avviare progetti di riqualificazione che le rendano desiderabili, come ad es. la coltivazione delle piante officinali ecc. (es. Svizzera), come pure
un’offerta turistica di immersione nella natura.

Gli esperti di clima affermano che da qui a quindici anni sotto i duemila metri il clima cambierà e l’offerta turistica basata solo sullo sci andrà in crisi.

Il distretto biologico è un progetto unitario del territorio che crea sinergia cambiando l’offerta turistica, arricchendola con un più esteso utilizzo del territorio, offrendo un contatto con gli animali, con le aziende agricole, con la natura dei parchi, escursioni, conoscenza dei nostri prodotti tipici, come pure la degustazione dei nostri piatti tradizionali e quant’altro.

Alla ridefinizione dell’immagine della nostra Provincia. Il cambio di immagine e la proposta di un territorio innovativo, renderà la Provincia di Trento all’avanguardia e desiderabile.

All’interazione di tutte le produzioni e iniziative economiche, sociali e naturalistiche, creando quella sinergia indispensabile al fine di produrre un’offerta omogenea e omnicomprensiva del territorio contrastando la dispersione e la frammentazione dell’attuale situazione sinonimo di debolezza e fragilità dell’offerta.

Il distretto biologico è il motore dello sviluppo su una base sostenibile e condivisa da tutti. E’ inclusivo poiché all’interno di esso c’è posto per tutti e viene data a tutti la possibilità del cambiamento nei tempi e modalità confacenti alla propria situazione.

La somma di tutto ciò è di più del territorio stesso.

Un Bio-Distretto è una rivoluzione culturale e ambientale. Forse non siamo pronti, ma vale la pena provarci!

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