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Il 2020 visto da Piergiorgio Cattani
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Foto: Unimondo.org
Si chiude un anno difficile. Il mondo ha dovuto fare i conti con la pandemia di Covid 19 e noi anche con la perdita del nostro direttore Piergiorgio Cattani. Riviviamo, attraverso alcuni dei suoi articoli, questo difficile 2020 che Piergiorgio ha affrontato con realismo, e, parafrasando don Milani, senza mai smettere di pensare che “uscirne assieme è possibile, nonostante tutto”.
Iniziamo dalla fine e dall’unico articolo non suo. Era una domenica, l’8 novembre, quando abbiamo aperto Unimondo con un Arrivederci Piergiorgio! Arrivederci direttore!. Salutavamo così la scomparsa di Piergiorgio Cattani che da sette anni era alla direzione di questa testata: “Viviamo un misto di dolore per la tua improvvisa partenza e di gratitudine per aver camminato insieme per tanti anni godendo della tua amicizia, competenza e insaziabile amore per la vita. Siamo vicini alla tua famiglia, ai tanti che ti hanno voluto bene”. Gli amici e i colleghi di Fondazione Fontana, nostro editore, e la redazione (passata e presente) di Unimondo salutavano Piergiorgio “sconvolti, ma consolati dalla tua vicinanza, anche adesso che fisicamente non ci sei. Nel nostro impegno per un mondo più equo e solidale continueremo sulle strade tracciate insieme, anche quando le difficoltà sembreranno insormontabili. Perché ci hai sempre fatto capire che “Niente sta scritto”. Arrivederci Piergiorgio!”. Piergiorgio è sempre stato un “catalizzatore di grazie” in vita, lo è stato anche dopo la sua scomparsa, quando in molti hanno voluto ricordarlo umanamente e professionalmente, partecipando a quel ricordo corale che è diventato Arrivederci Piergiorgio! Arrivederci direttore!, ad oggi uno degli articoli più letti del 2020.
Il 2020 per Piergiorgio era iniziato con “L’ora della Brexit”. Era l’11 gennaio quando scriveva: “Possiamo imparare molte cose dal voto nel Regno Unito. Il quadro è certamente molto complesso e peculiare, tuttavia i risultati sono così netti da andare oltre questa congiuntura. Vince Johnson perché aveva un messaggio chiaro. Sappiamo chi è il personaggio, ma questo sembra contare poco. Gli inglesi – per gli scozzesi è diverso – erano stufi del tira e molla. Finalmente qualcuno prometteva di chiudere la faccenda Brexit. E c’è riuscito. Inutile dire che Johnson non ha programmi per il dopo Brexit. Per la gente contava l’immediato, cioè finirla con il tormentone che attanagliava la politica britannica da quattro anni (se consideriamo anche alcuni mesi prima del referendum del 2016). Get Brexit done. Uno slogan efficace”. Piergiorgio analizzava il sistema elettorale inglese e ne traeva un’importante lezione: “Si potrebbe dire che questo sistema distorce troppo la realtà del voto, ma tradizionalmente questo è il sistema di voto britannico. Tuttavia possiamo imparare molto. […] Non si vince rincorrendo la destra (perché gli elettori votano l’originale, non la copia), non si vince solo con una identità valoriale forte che però magari è minoritaria. Non si vince con l’ammucchiata, ma con una carica positiva e comprensibile che guarda al futuro. Alla fine conta la capacità di proporre alternative di governo. Non sono aspetti tecnici, è sostanza politica. E in democrazia è la politica a determinare le scelte che, come abbiamo visto, incidono sulla vita quotidiana”. Come dargli torto…
A febbraio in “Tessere la pace”, Piergiorgio approfittava della consegna del premio “Testimone di pace”, voluto da IPSIA del Trentino, a Staffan de Mistura per proporci una riflessione attorno alle parole multilateralismo e unilateralismo: “Queste due parole, tipiche del lessico della politica internazionale, possono significare ben poco per un cittadino comune. Apparire lontane, astratte. Eppure, se chiarite nei loro risvolti, determinano ampiamente la nostra vita quotidiana. A volte siamo troppo abituati alla relativa pace e sicurezza di cui godiamo da 75 anni per capire che esse sono il frutto di una particolare visione dei rapporti tra gli Stati. Multilateralismo vuol dire che le controversie tra Paesi si risolvono attraverso il diritto internazionale e gli organismi preposti al rispetto di tale diritto, a cominciare dalle Nazioni Unite. Ogni Stato, anche il più potente, non può dettare le regole da solo, non può ergersi a padrone del mondo. Esiste una “comunità internazionale” di nazioni che si legittimano a vicenda e che cercano ambiti comuni di cooperazione, può nascere una visione cosmopolita. Consci della loro interdipendenza e che è possibile costruire un assetto in cui non ci sono perdenti, formano organismi regionali come nel caso dell’Unione Europea. Per reggere questa struttura occorre, come abbiamo detto, un diritto; servono luoghi, istituzioni; sono necessarie persone. Ecco che il ruolo dei diplomatici diventa fondamentale: essi possono essere per davvero costruttori di pace. Unilateralismo significa invece che conta soltanto la legge del più forte. Comanda il più potente militarmente ed economicamente. “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione” diceva Carl Schmitt, le cui teorie furono anche utilizzate dagli autoritarismi di stampo fascista. Che fare? “Le strade verso la pace – ci ricordava Piergiorgio - si costruiscono soltanto attraverso uomini e donne che mettono in gioco la propria esistenza per intraprendere percorsi di giustizia e di riconciliazione”.
Poi è arrivata la Pandemia di Covid-19. Il fiume di notizie ha invaso tutti gli organi di stampa. Tesi, antitesi, purtroppo pochissime sintesi, utili a far capire all’opinione pubblica costa stava succedendo. Piergiorgio in maggio ha provato ad alzare lo sguardo dalla pur sempre importante contabilità dei morti e ha cercato di capire cosa accadeva in seno all’Assemblea generale dell’Organizzazione mondiale della sanità. Purtroppo nulla di buono visto che aveva titolato il suo pezzo “Quando il virus accende i conflitti”. Questa situazione di emergenza - scriveva Piergiorgio - ha esacerbato le tensioni geopolitiche, scaricandole sul fronte sanitario. Forte è la tentazione dell’autarchia, con la corsa all’accaparramento dei dispositivi di protezione e con la gelosa chiusura di qualsiasi esportazione di tali materiali. Questo non riguarda solo i respiratori o le mascherine che devono essere prodotti a livello nazionale (con ridicoli proclami di autosufficienza di territori sempre più piccoli), ma addirittura investono le ricerche di un vaccino". In quei giorni di maggio non si trovano intese neppure su questo tassello dirimente per risolvere la situazione. "E per questo che anche il vertice dell’OMS ci riguarda molto da vicino. Ci insegna quanto sia difficile andare oltre i propri interessi egoistici pure di fronte a un virus che si fa beffe di confini, distinzioni etniche o nazionali, ceto sociale e status economico. Questo vale a tutti i livelli. Anche nel nostro piccolo. Riscoprire una mutua collaborazione, credendo che insieme possiamo vincere, è il primo requisito per qualsiasi tentativo di ricostruzione”.
Il tema del fare assieme e la fiducia nelle potenzialità della collaborazione sono sempre stati centrali nelle riflessioni di Piergiorgio, per questo in estate ha voluto parlarci di una lettura che lo aveva particolarmente affascinato, “A tu per tu con il Mondo” di Bepi Milan ordinario di pedagogia interculturale e sociale all’Università di Padova. Lo aveva fatto con il pezzo “Costruire ponti e coltivare giardini”. “Nel contesto odierno è sempre più difficoltoso l’incontro con l’altro. Ad ogni livello. Nella dimensione globale, dopo l’illusione di 30 anni fa con la caduta del muro di Berlino, invece che alla progressiva cooperazione tra i popoli e gli Stati, assistiamo al ritorno fortissimo dei nazionalismi, alla politica di potenza con la nuova corsa agli armamenti, alla sfiducia reciproca. Persino la lotta ai cambiamenti climatici e alla pandemia, quest’ultima un pericolo attuale e concretissimo, non ha unito gli abitanti e i governanti del pianeta ma ha accentuato il “si salvi chi può”. In questo contesto, si chiedeva Piergiorgio “come si fa a credere di poter entrare in confidenza con il prossimo e con il mondo, stare “A tu per tu con il mondo”? [...] Proprio nel contesto di una modernità arida, secondo la felice espressione coniata da Milan qualche anno fa che ribalta il concetto di modernità “liquida” coniato da Bauman, occorre il coraggio di pensare all’interculturalità di offrire nuovi stimoli per il futuro. Di immaginare e delineare orizzonti ampi, grandi traguardi a cui tendere. È il momento di credere ancora di più, quando tutto sembra dire il contrario, al valore del dialogo, dell’ascolto, dell’incontro tra diversi. Puntare agli ideali di bellezza e di fraternità. Solo questo ci può salvare”. Nessuno si salva da solo, insomma è la visione della relazione con l’altro proposta da Milan e che per Piergiorgio si estrinseca nella metafora del giardino: “Sintetizzando con una sola citazione: - il luogo giardino ricorda perciò una relazionalità, un equilibrio estetico sottoposto ad un attento accompagnamento: il giardiniere ha il compito di mantenere in vita e di rispettare una progettualità significativa, senza la quale la crudeltà del tempo può distruggere la costruzione culturale e abbandonare tutto alle intemperie, alla vita vegetativa, al fluire dell’ingovernabile - (95). Per far vivere e prosperare un giardino armonioso occorrono coltivazione, custodia, protezione, manutenzione, cura, capacità di sorprendersi, amore”.
Coltivazione, custodia, protezione, manutenzione, cura, amore, sono tutte indicazioni che per Piergiorgio erano indispensabili per orientarsi nel Mondo contemporaneo anche quando l’ottimismo sembra cedere sotto gli eventi tragici legati alla pandemia. “Covid-19: prepariamoci al peggio” titolava così Piergiorgio in ottobre, con il suo solito sguardo lungo capace di andare oltre l’oggi e di capire che “Un secondo lockdown è solo questione di tempo”. Ma mentre praticamente ovunque infuria l’epidemia, possibile non chiedersi quali e quante siano le responsabilità degli Stati incapaci di prevenirla prima ed arginarla poi? “Più volte abbiamo scritto su Unimondo che la genesi del virus, al di là delle teorie complottiste, è sicuramente favorita – forse non determinata in via diretta – dai nostri cattivi comportamenti nei confronti dell’ambiente che ci circonda. La distruzione degli habitat e il diffondersi di una promiscuità essere umano/animale: ecco che aumenta la possibilità di un salto di specie dei virus, il famoso spillover”, nonostante le molte evidenze scientifiche “Qualcuno però non crede a questa costitutiva incertezza. Ci devono essere i colpevoli. Oppure il problema non esiste neppure. Si moltiplicano i negazionisti”. Anche per questo per Piergiorgio su Unimondo dovevamo continuare a fare della buona e corretta informazione, senza perdere la speranza, ma con la consapevolezza che intanto certe cose bisogna dirle: “Occorre mantenere i nervi saldi. Prendere tutte le precauzioni possibili senza farsi irretire dalla paura. Sapere che non c’è una soluzione di breve termine e che ci attendono mesi molto duri dal punto di vista sanitario, economico, politico”.
Pochi giorni dopo aver firmato questo pezzo Piergiorgio ci lasciava fisicamente, dopo aver seminato in questa redazione per molti anni l’amore per il giornalismo, la cultura del lavoro e un’eredità importante per una testata che ha da poco compiuto 22 anni: continuare a “Fare informazione secondo il nostro [e tuo] stile aperto al mondo. Parlando di diritti umani, di ambiente, di pace (forse le tre priorità di questo tempo). Contrapponendo al “prima noi” una parola sola: “insieme”".
Adesso tocca a noi continuare a farlo e non temere Piergiorgio, ci proveremo, "nonostante tutto” e soprattutto ancora "insieme". Buona fine anno e buon 2021 a tutti i nostri lettori con questo suo augurio precedentemente citato: "Riscoprire una mutua collaborazione, credendo che insieme possiamo vincere, è il primo requisito per qualsiasi tentativo di ricostruzione".
Grazie Piergiorgio, la Redazione di Unimondo