Covid-19: prepariamoci al peggio

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Foto: Unsplash.com

La seconda ondata della pandemia ci ha colto del tutto impreparati. Si dice spesso che avevamo avuto il tempo, durante i mesi estivi, per equipaggiarci a fronte di un evento – il ritorno del virus in autunno – ampiamente previsto e prevedibile. La situazione di emergenza in cui ci troviamo di nuovo sarebbe quindi “colpa” vuoi dell’incapacità di governi e autorità locali, vuoi per la presunta irresponsabilità dei cittadini, vuoi per il desiderio di fare vacanza e di divertirsi recuperando il tempo perduto in primavera.

Adesso ogni giorno le notizie sono più allarmanti e vengono sorpassate quotidianamente con altre che rilanciano cifre del contagio davvero spaventose. Secondo l’OMS la metà dei nuovi casi sono in Europa, circa 250 mila nuovi infetti al giorno, con la curva che sta aumentando. Altrove nel mondo – dagli Stati Uniti all’India, dalla Russia al Brasile – il virus avanza non avendo neppure avuto una pausa. Ma se praticamente ovunque infuria l’epidemia, possibile allora che sia responsabilità solamente degli Stati non essere riusciti ad arginarla? 

Prendiamo il caso dell’Europa: non c’è nessun Paese che si salva. Non importa da chi sia governato. Certo alcuni, come la Germania, sono forse più organizzati a livello sanitario, hanno messo in campo provvedimenti più efficaci per il tracciamento dei positivi. Ma anche in Germania la situazione è molto grave. Di qualche giorno fa è un drammatico intervento televisivo della cancelliera Merkel che adesso sta per prendere provvedimenti drastici. Non parliamo di Francia e Spagna. 

Un secondo lockdown è solo questione di tempo. In Irlanda è già stato nuovamente sancito. Sembra quasi che questa seconda ondata sia inevitabile e non dipenda da noi ma dal “naturale” andamento di questo tipo di pandemia. Noi possiamo tentare di contenerla, di limitare i danni. Ma in attesa del vaccino (che dovrà anche essere testato sul campo) l’unico rimedio è quello, primitivo, del distanziamento fisico: stare il più possibile lontani gli uni dagli altri. E dato che non possiamo segregare nel lazzaretto i contagiati (che spesso sfuggono da qualsiasi controllo specie se asintomatici), il rischio è sempre presente. Si cerca di difendersi con la mascherina o con l’igiene personale. Sono palliativi. Il Covid-19 sembra davvero fare quello che vuole. 

Più volte abbiamo scritto su Unimondo che la genesi del virus, al di là delle teorie complottiste, è sicuramente favorita – forse non determinata in via diretta – dai nostri cattivi comportamenti nei confronti dell’ambiente che ci circonda. La distruzione degli habitat e il diffondersi di una promiscuità essere umano/animale: ecco che aumenta la possibilità di un salto di specie dei virus, il famoso “spillover”. Detto questo però una volta che l’epidemia è partita, non la fermi più. E non si sa bene quali siano le ragioni che, a un certo punto, fanno sparire il virus. Ci sono molte ipotesi scientifiche, molte cause certe ma che non riescono a dare un quadro esaustivo e quindi predittivo, un po’ come i terremoti. 

Qualcuno però non crede a questa costitutiva incertezza. Ci devono essere i colpevoli. Oppure il problema non esiste neppure. Si moltiplicano i negazionisti. In primavera si era detto che l’approccio populista era entrato in crisi per via del Covid-19 e in effetti molti erano rimasti spiazzati dal corale stringersi della popolazione di fronte alle scelte delle autorità. Ci si doveva salvare insieme e il virus avrebbe favorito la coesione sociale. A mio avviso, questa era ed è una grande illusione. Già da subito l’Onu ammoniva che la pandemia sarebbe stata foriera di conflitti, mentre in Sud America, continente più colpito nei mesi estivi, dilagava il populismo nell’affrontare il morbo. 

A commento di una manifestazione no mask tenutasi a Berlino, il 1 agosto scorso, il direttore della “Bild”, Julian Reichelt scriveva: “Se le bandiere arcobaleno e quelle nero-bianco-rosse (la bandiera storica del Reich tedesco, ndr) sventolano insieme nelle manifestazioni, allora dobbiamo riconoscere che il Coronavirus è imprevedibile e pericoloso tanto per la politica quanto lo è per la nostra salute” (frase riportata da Limes 9/2020, p. 171). Il giornalista era sconvolto dal variegato fronte contestatario che andava dalla destra alla sinistra, da chi nega decisamente l’esistenza del virus e chi (la maggioranza) protesta per la crisi economica, per la limitazione della libertà e pure per l’attuale assetto democratico. Basta pochissimo perché queste manifestazioni degenerino in scontri e saccheggi, come è avvenuto in molte città italiane. La rivolta è dietro l’angolo. 

Per questo occorre mantenere i nervi saldi. Prendere tutte le precauzioni possibili senza farsi irretire dalla paura. Sapere che non c’è una soluzione di breve termine e che ci attendono mesi molto duri dal punto di vista sanitario, economico, politico. 

Piergiorgio Cattani

Nato a Trento il 24 maggio 1976. Laureato in Lettere Moderne (1999) e poi in Filosofia e linguaggi della modernità (2005) presso l’Università degli studi di Trento, lavora come giornalista e libero professionista. Scrive su quotidiani e riviste locali e nazionali. Ha iniziato a collaborare con Fondazione Fontana Onlus nel 2010. Dal 2013 al 2020 è stato il direttore del portale Unimondo, un progetto editoriale di Fondazione Fontana. Attivo nel mondo del volontariato, della politica e della cultura è stato presidente di "Futura" e dell’ “Associazione Oscar Romero”. Ha scritto numerosi saggi su tematiche filosofiche, religiose, etiche e politiche ed è autore di libri inerenti ai suoi molti campi di interesse. Ci ha lasciati l'8 novembre 2020.

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