Rinnovabili VS nucleare

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Immagine: collage da Unsplash.com

Nel 2023 i nuovi investimenti nelle energie rinnovabili a livello mondiale hanno raggiunto quota 623 miliardi di dollari. Quelli dedicati all’energia atomica sono stati di circa 32,7 miliardi di dollari. Come mai? Perché già nel 2023 le energie rinnovabili totali hanno raggiunto i 3,9 TW di capacità installata (di cui 1,4 TW solo di fotovoltaico) coprendo circa il 43% di quella elettrica globale. Merito soprattutto dello sviluppo di eolico e fotovoltaico con i loro 460 GW aggiuntivi rispetto al 2022. Nel contempo la capacità nucleare operativa del 2023 è rimasta relativamente stabile, aumentando in modo quasi insignificante da 350 GW a 364 GW. Un anno fa il World Nuclear Industry Status Report 2024, il rapporto sullo Stato dell’industria nucleare 2024, redatto annualmente da un nutrito gruppo di esperti internazionali, confermava questo trend sostenendo che “L’energia nucleare affronta una crescente minaccia competitiva da parte delle energie rinnovabili, con il costo livellato dell’energia (LCOE) sia per l’eolico che per il fotovoltaico su scala di pubblica utilità ora ben al di sotto di quello dei nuovi reattori”

Il documento, che offre un quadro del settore tracciandone i principali sviluppi in termini di tecnologie, produzione e nuova capacità sia a livello mondiale che nazionale, riporta al suo interno uno speciale capitolo di approfondimento dedicato alla comparazione tra energia dell’atomo e fonti rinnovabili. Quello che emerge da questo focus è che “Le green energy superano costantemente il nucleare in termini di costi e velocità di implementazione” tanto che ormai “Sono preferite all’energia nucleare nella maggior parte dei Paesi”.  Dal 2009 al 2024, il costo medio dell'energia elettrica per il fotovoltaico è sceso da 359 a 61 dollari per MWh. Quello dell’eolico a terra è passato da 135 a 50 dollari per MWh. Al contrario, l’LCOE del nucleare è aumentato nello stesso periodo da 123 a 182 dollari per MWh al punto da renderla “la fonte di energia su scala utility più costosa”. Questo significa che in un mondo dove gli interessi fossero guidati da principi di buon senso e sostenibilità, la finanza e la politica dovrebbero dedicare alle rinnovabili maggiore attenzione possibile, con volumi di investimento in crescita, visto che oggi la capacità installata delle rinnovabili fa ombra ai reattori e “Il solo parco fotovoltaico mondiale supera la capacità nucleare in esercizio di circa quattro volte”.

Anche secondo il rapporto Global Nuclear Power Trackerpubblicato quest'anno dalla Global Energy Monitor, il nucleare, energia non rinnovabile ma a lungo considerata strategica per ridurre le emissioni climalteranti, si trova oggi in difficoltà a competere con la rapidità di crescita delle energie rinnovabili. L’energia atomica, infatti, paga il peso di infrastrutture sempre più vecchie, di nuove tecnologie ancora lontane dal concretizzarsi, del problema della sicurezza e della gestione delle scorie oltre a dei costi di costruzione decisamente fuori scala rispetto alle alternative rinnovabili. I numeri messi in fila da questo nuovo rapporto non lasciano dubbi e la situazione europea appare ancora più chiara: “Nel Vecchio Continente sono andati persi 122 GW di capacità nucleare pianificata, più di quanto qualunque singolo Paese oggi abbia in esercizio. A questo bilancio vanno aggiunti 68 GW di reattori già ritirati e un parco impianti che invecchia rapidamente: il 90% delle centrali ancora in funzione ha più di 35 anni, un fattore che apre il tema della sicurezza, degli elevati costi di manutenzione e delle difficoltà a programmare una sostituzione credibile in tempi utili per gli obiettivi climatici”. Le rinnovabili europee oggi contano su oltre 600 GW di progetti eolici e solari su scala industriale in fase di pre-costruzione o già in costruzione, un volume quattordici volte superiore a quello del nucleare nello stesso stadio di sviluppo. Inoltre, “La gran parte di questa nuova capacità sarà operativa molto prima dei reattori in cantiere: per solare ed eolico i tempi medi di realizzazione variano da uno a quattro anni, contro i dieci o più richiesti per una centrale nucleare”.

Si tratta di un dato importante, perché questo evidente divario temporale nello sviluppo delle due diverse fonti energetiche è fondamentale se vogliamo provare ad arrestare il cambiamento climatico. Il tempo che ci rimane per limitare l’aumento delle temperature globali entro la soglia di 1,5-2°C è poco, anzi pochissimo (sempre se siamo ancora in tempo). In questo contesto, il nucleare appare poco adatto a contribuire in modo decisivo alla transizione energetica visto i cicli di costruzione troppo lunghi e l’alto rischio di cancellazione dei progetti, che rendono l’atomo una tecnologia nell'immediato decisamente meno efficace per garantire la rapida riduzione delle emissioni. Per Joe Bernardi, Project Manager del Global Nuclear Power Tracker, “Il nucleare resta indietro rispetto all’eolico e al solare in termini di costi, tempi di costruzione e crescita del mercato”. L’esempio di Hinkley Point C nel Regno Unito, con i suoi 5 anni di ritardo e ancora decisamente lontano dal completamento nonostante i miliardi spesi, certifica la lentezza tipica di questi progetti visto che “Ritardi simili si sono registrati in Francia e in Finlandia, rafforzando un trend che sembra strutturale”. 

Non dovrebbero esserci dubbi, quindi, su quale delle due soluzioni energetiche rappresenti il futuro. Se il nucleare rimane una fonte a basse emissioni capace di garantire continuità di produzione, nell’attuale contesto economico e di emergenza climatica, dovrebbero essere le rinnovabili a trainare la decarbonizzazione. Il messaggio del Global Energy Monitor è chiaro: “Il nucleare non è escluso dal futuro energetico, ma il suo contributo rischia di essere molto marginale, quasi nullo, nei tempi critici della transizione”.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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