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Venezuela: i paradossi del petrolio
Corruzione e denuncia
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Foto: Unsplash.com
Si rafforza il sodalizio diplomatico tra il Venezuela e l’Iran dopo l’arrivo, senza intoppi, di 5 navi petroliere cariche di 1,53 milioni di barili di carburante raffinato e derivati salpate da Tehran con destinazione il paese sudamericano. L’approdo delle navi al porto di Caracas, per rifornire le stazioni di servizio e rilanciare la produzione delle raffinerie del paese, è stato celebrato come “una gran vittoria della comunità internazionale” a detta dell’ambasciatore iraniano in Venezuela. Ciò avviene all’interno di un’alleanza tra due paesi lontani geograficamente, ma accomunati da due caratteristiche: l’embargo statunitense e una serie di sanzioni internazionali per il loro operato politico, inasprite negli ultimi anni dall’amministrazione Trump.
Nel paese guidato da Maduro, già pesantemente schiacciato da una crisi economico-sociale che si protrae da diversi anni, il paradosso ha raggiunto l’inverosimile: nonostante il Venezuela sia annoverato tra i paesi con le maggiori riserve petrolifere del mondo, il disastro economico perpetuato dalla sua amministrazione politica ha neutralizzato il funzionamento dell’industria della raffinazione, provocando scarsità di benzina, già da prima dello scoppio della pandemia. Le file illimitate ai benzinai e un aumento dei prezzi fino a tre dollari al litro, in un paese in cui il carburante era quasi gratis sono solo un lembo di tale paradosso. Di lí la necessità di chiedere benzina raffinata ai pochi alleati internazionali rimasti: oltre all’Iran hanno riconosciuto le elezioni vinte da Maduro nel 2018 – in circostanze tutt’altro che trasparenti - solo i governi di Russia, Cina, Turchia, Cuba, Corea del Nord e pochi altri. Davvero un bel quadretto.
La penuria di benzina (e elettricità) ha costretto a un’ulteriore stagnazione i precari settori produttivi nazionali. Tant’è che sono diventate virali le immagini di stazioni di servizio aperte dove unicamente era possibile comprare articoli dal negozio. Il governo aveva infatti implementato un severo sistema di razionamento secondo il quale si potevano acquistare unicamente 20 litri di benzina a persona per settimana, ma in alcune città non ne rimaneva più neanche una goccia. Il governo di Nicolàs Maduro, attraverso il suo Ministro del Petrolio Tareck El Aissami, ha assicurato che l'arrivo dei cargo iraniani, mitigherà la carenza nel paese. Tuttavia, dall’arrivo dei cargo, Maduro ha annunciato una parziale liberalizzazione del prezzo della benzina, aumentando in poco tempo da un prezzo pressochè gratuito di meno di un centesimo di dollaro a un prezzo, tuttora sussidiato, di circa 2,5 centesimi al litro (5.000 bolivares). Col rischio che scoppino nuove rivolte contro il Presidente.
Nonostante il Presidente Iraniano Hassan Rouhani ha dichiarato che potranno avere luogo nuove missioni in futuro, evidentemente, il combustibile iraniano non risolverà i problemi del settore alla radice. Per i prossimi 3 mesi tutti i veicoli avranno diritto a massimo 120 litri al mese, quando tanti automobilisti si troveranno costretti a comprarlo al mercato nero a 2-4 dollari al litro. Secondo i dati della OPEP la produzione petrolifera del Venezuala è in caduta libera da almeno un decennio a questa parte, passando da un prodotto di 3,2 milioni di barili al giorno, agli attuali 620.000 barili al giorno. La pandemia ha ulteriormente piegato l’offerta: secondo un ex dirigente della compañia statale Petroleos de Venezuela (PDVSA), Josè Toro Hardy, i 70-80 mila barili che si consumavano quotidianmente prima della crisi ormai sono ridotti a un quinto.
Il collasso dell’industria dell’oro nero si deve alla sommatoria di vari fattori, tra i quali politiche sbagliate (statali) che hanno creato inefficienza, la mancanza di investimenti strutturali e la dilagante corruzione. A ciò va aggiunto un embargo sul petrolio introdotto nell’aprile 2019 dagli USA (al tempo principale importatore commerciale di gregge venezuelano) e l’impatto delle pesanti sanzioni finanziarie, con cui gli Stati Uniti hanno cercato di indebolire il governo di Caracas. Infine, il crollo dei prezzi del petrolio in tutto il mondo ha rallentato e disincentivato profondamente l’estrazione. Il Venezuela, tanto per cambiare, si è trovato enormemente fragile ed esposto alla vigilia della crisi da Covid-19, e come al solito, i cittadini ne stanno pagando le conseguenze. Con l’aggravante, in questo momento, di non poter nemmeno più emigrare, vista la chiusura alle frontiere.
Ma il “successo” dell’operazione Venezuela-Iran va inserita in un’ottica di più ampio raggio, nella cornice, cioè, di un rapporto idilliaco tra i due paesi, che incrementa le tensioni internazionali, poichè in pieno conflitto con gli USA e col modello occidentale. Il Venezuela, dal canto suo, si trova asfissiato nel suo vortice ideologico socialista, tanto anacronistico quanto deleterio. Una falsa ideologia che con Maduro ha perso contatto con la realtà, sfociando tragicamente in una guerra civile e nell’autoproclamazione di un governo parallelo, quello di Juan Gauidò nel gennaio del 2019. Guaido, il cui partito controlla la maggiornaza nel Parlamento, e che solo pochi giorni fa è stata etichettata come “organizzazione terroristica” da Maduro e dalla Procura di Caracas.
Per il governo venezuelano l’arrivo delle navi - sotto scorta della marina e dell’aviazione militare una volta entrata nelle acque territoriali - ha rappresentato lo spunto per l’ennesima campagna propagandistica per accogliere la “missione umanitaria della sorella iraniana” a sostegno dei venezuelani. Il governo ha sostenuto che la mancanza di benzina in Venezuela era dovuta all’embargo degli Stati Uniti. Le navi, oltre alla benzina, hanno infatti trasportato le forniture necessarie per riattivare le raffinerie di petrolio nel paese, quasi interamente paralizzate, che precedentemente venivano importate dagli Stati Uniti. Nel discorso ufficiale Maduro ha parlato dell'operazione come di una vittoria dell’etica, in quanto le navi cisterna erano riuscite a superare il blocco degli Stati Uniti (nessun impedimento è stato eseguito dalla marina USA).
Su come il governo ripagherà il rifornimento di combustibile aleggia una grande incognita, visto che il governo bolivariano danza sull’orlo della bancarotta (con liquidità limitate e conti congelati in USA), e ha già dichiarato di non ricorrere alle sue riserve auree. Per le quali, tra l’altro, ha avviato una causa legale alla Banca d’Inghilterra, dove sono custodiate, poichè quest’ultima si rifiuta di restituirle, in rispetto delle famose sanzioni.
La situazione in Venezuela degenera di mese in mese. Nel 2019 l’inflazione aveva raggiunto un +800.000% e in totale circa 4 milioni di persone erano fuggite dal paese. Nel 2020 la caduta del prezzo del petrolio, legata alla recessione da coronavirus, ha devastato quel poco che rimaneva in piedi, e il virus ha cominciato a seminare vittime e panico, nonostante dati reali non siano reperibili. Pochi giorni fa la Human Right Watch ha dichiarato che il Venezuela necessita di aiuti umanitari urgenti per combattere il Covid-19 essendo uno dei paesi più vulnerabili in America Latina: il sistema sanitario è totalmente impreparato e gli ospedali sono sempre più a corto di acqua e materiali igienici, mentre nel paese si sono accesi nuovi focolai. L’arrivo dei cargo iraniani non ha impedito estendere il razionamento di carburante per i prossimi mesi, prolungando le code interminabili e le difficoltà che coinvolgono anche il personale medico impegnato nella lotta al virus. Staremo a vedere se il paradosso venezuelano saprà dare una sterzata al suo triste decorso.
Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.