Mali, la strage infinita (e nascosta) dei dogon

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Un bambino giace riverso nella polvere. Abbraccia un sacco di miglio, forse utilizzato come effimero scudo nel disperato tentativo di salvarsi. Non è servito: la testa del piccolo è squarciata da un taglio netto inferto da machete. Un anziano è crivellato di colpi. Un’intera famiglia è semisepolta dalle macerie della loro casa.

Sono immagini raccapriccianti – e in larga parte impubblicabili – quelle che giungono dal cuore del Mali e che svelano al mondo l’orrore di un’ondata di violenza che sta mietendo centinaia di vittime civili. A fornirci i documenti è un sopravvissuto ai raid compiuti delle milizie jihadiste contro contadini dogon che si recavano al mercato di Koro.

«I peul sono piombati sul villaggio di Soban all’improvviso poco prima del tramonto – racconta il nostro testimone -. Erano decine, armati di kalashnikov e machete. Si sono avventati come delle furie indiavolate sugli uomini al lavoro nei campi, poi si sono diretti alle abitazioni dove non hanno risparmiato nessuno. Donne, bambini e anziani sono sta falcidiati senza pietà».

Gli attacchi nella regione di Bandiagara, sopra e ai piedi della grande falesia, si ripetono con costanza, ogni settimana. Le vittime sono ormai centinaia. L’esercito del Mali non riesce a proteggere i civili (neppure dalle rappresaglie delle milizie di autodifesa dogon che si scagliano contro i peul). Una strage totalmente ignorata dai media internazionali. Nessun giornalista occidentale sta documentato l’eccidio. A squarciare il silenzio sono gli stessi dogon che con i loro cellulari inviano foto atroci e resoconti dettagliati delle violenze.

Un disperato grido di aiuto, il loro, in un conflitto fratricida alimentato dai jihadisti che seminano sangue e terrore in un territorio sfuggito da tempo al controllo delle autorità. Conflitti tra agricoltori (dogon) e allevatori (peul) ci sono sempre stati in passato. In questi ultimi anni, però, le tensioni si sono esacerbate dai conflitti religiosi. Dal 2012 il Mali è un Paese colpito duramente dal jihadismo. Nonostante l’intervento, a sostegno del governo centrale di Bamako, dell’esercito francese, ampie porzioni del territorio sono controllate da miliziani che mescolano il jihadismo con traffici illegali di sigarette, droga, esseri umani. Una situazone che neppure l’alleanza tra le nazioni della regione è riuscita a riportare sotto controllo.

Da Africarivista.it

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