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Covid19, il ri(s)catto ai giusti
Consumo critico
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Foto: Unsplash.com
Attenzione: segue articolo cinico, realista, in buona misura pessimista. Ma sono giorni strani, e se vogliamo “starci dentro” bisogna anche accettare le fasi alterne che portano con sé, navigando a vista tra l’iperattività e i buoni propositi e il senso di sconfitta e di frustrazione che danno loro il cambio turno.Quindi continuate a leggere queste righe solo se in qualche modo anche a voi suona familiare il titolo di una canzone di Lana Del Rey: Hope is a dangerous thing for a woman like me to have – but I have it, ovvero della speranza e di come sia a volte pericolosa, ma anche di come sia essenziale non perderla. Occhi e orecchie aperte quindi, capacità di lettura critica degli eventi ai massimi livelli per non farsi trascinare dalle emozioni e dai manipolatori. E una lista di cose in ordine casuale, a cui fare caso in modo costante, sentinelle di un’etica e di una comunità che, in questi giorni di provvedimenti pericolosi per quanto necessari e giustificati dall’emergenza, rischia di perdere di vista la sua coesione sociale, la sua giustizia difesa con i denti, la sua democrazia.
* i giustizieri dei terrazzi: le liste di proscrizione c’erano al tempo di Sparta, e per quanto dessero un drastico contributo al rispetto delle regole, rendevano ciascuno nemico al proprio vicino, insospettabile e al contempo potenziale perseguitato e persecutore. Teniamo d’occhio allora chi si improvvisa leone da tastiera o da balcone, quelli che gridano agli untori quando stanano con soddisfazione il traditore che va a fare due passi. Dimenticando che nella solitudine quei due passi restano ancora possibili, se vicino a casa e con le accortezze necessarie, e a volte sono anche scudo al peggioramento di sindromi e disabilità, e chissà forse anche all’aridità dei cuori.
* gli incentivi al mondo dell’imprenditoria, che temporaneamente zittiscono polemiche e paure, ma che altre contemporaneamente fomentano. Perché, sì, ci si rende conto della difficoltà di mettere a punto regole precise in tempi di crisi, certo. Eppure ci si rende altrettanto conto di come i piccoli restino sempre alla periferia di quei provvedimenti che dovrebbero tutelarli e di come ci sia, sempre e purtroppo, qualche cavillo che li lascia esclusi.
* le filiere corte, gli agricoltori dei mercati contadini, le botteghe del commercio equo: ancora una volta a subire gli sgarri delle filiere forti, che in tempi di emergenza di loro fanno subito a meno. E così anche noi siamo costretti a comprare prodotti industriali sotto casa, spesso con un sovrapprezzo vergognoso, rinunciando alla qualità e alla cura di chi nel sovrapprezzo ci paga invece i diritti dei lavoratori, la genuinità del prodotto, la passione. E privandoci per giusta causa di una fondamentale possibilità di scelta e di sostegno a chi nella terra affonda le mani e la fiducia.
* la giostra europea, nazionale e locale dei contributi e dei finanziamenti, fiaccata dal debito costante, eppure ancora in grado di aumentare investimenti e sussidi lì dove non urgenti e necessari (dai dirigenti delle istituzioni ai giocatori di calcio), lasciando a chi è in prima linea (operatori sanitari, commessi, corrieri e magazzinieri, solo per citarne alcuni) la consolazione di un vassoio di brioches.
* la retorica di guerra, che ci vede tutti uniti in questa battaglia contro il male di un virus, distogliendo l’attenzione dal male che facciamo al Pianeta e a tutte le forme di vita che lo abitano, un male che ci si rovescia addosso nelle sue conseguenze e che riusciamo ancora in ogni modo a scollegare, sopperendo il bisogno di ragioni con complotti e cospirazioni
* la deriva della cultura, della scienza e della scuola, che insieme alla sanità elemosinano gli avanzi di risorse impiegate altrove, restando nonostante tutto in fondo alla lista delle priorità e ora ancor più appesantite dalla lacunosa possibilità di previsione, programmazione, motivazione, ma sorvolate da aerei militari di cui non si arresta la produzione… ma siamo in guerra d’altronde, e probabilmente a sconfiggere il virus ci penseranno i nuovi F35.
* la povertà e le dittature, che al virus impongono ridicoli confini per le più svariate (e svitate) ragioni, che però una cosa hanno in comune: ignorare che siamo tutti fratelli e sorelle di un mondo allo stremo e che siano la pandemia o i cambiamenti climatici, in ogni caso ne siamo in ugual modo colpiti. E se fare meno tamponi dipenda da indisponibilità di fondi, giustizia sociale o lungimiranza poco cambia, perché non significa essere meno coinvolti nel vortice del disinteresse e degli egoismi.
* la disinformazione, vergognosamente invasa da fake news e agghiaccianti bufale di ogni tipo, quando di questi tempi l’unica bufala che vorremmo, diciamoci la verità, sarebbe la mozzarella.
Già, siamo tutti ancora e improvvisamente esperti, allenatori dei mondiali della sopravvivenza in tempi di reclusione e isolamento, di crisi economica appena oltre la soglia di casa e di selfie ai cassonetti delle immondizie, le ultime frontiere rimaste per un incontro fugace con i propri simili e due parole guardinghe scambiate a debita distanza. E perché? Perché in fondo siamo dei romantici: generosi, solidali e intrisi di fiducia. Illusi? Forse. E se non voltarsi dall’altra parte davanti a ciò che ci disgusta o ci fa male non è solo utile ma perfino indispensabile, a volte possiamo anche dimenticarci di ciò che non ci piace, almeno per un po’. Per riposare, per difendere il bello e il buono che ancora ci resta. Ecco, allora chiudo sui versi della poesia di Jorge Luis Borges che resta sempre tremendamente attuale, in questi giorni più del solito, versi dove quei giusti trovano nella capacità di cura delle piccole cose non l’ennesimo ricatto, ma il loro salvifico riscatto.
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere un'etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che premedita un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina, che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.