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Quando il faggio canta e l’uomo risponde
Ambiente
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Questo nuovo anno mi piacerebbe cominciarlo con una cosa un po’ strana e, come tutte le cose strane, un po’ vera. Iniziando da una domanda, essenzialmente: “Quanto tempo dedicate a rifornirvi di energia?” E, subito dopo, un’altra: “Cosa fate per rifornirvi di energia?”. Perché qualunque sia la quantità e qualità del tempo che investiamo a recuperare forze, concentrazione e serenità, tutti abbiamo periodicamente (e frequentemente) bisogno di ricaricare.
A me capita, ad esempio, di ritrovare conforto dal parlare con le piante di casa. Se qualcuno mi vedesse penserebbe di certo che io sia molto originale, o molto sola. Ma qualche tempo fa ho letto per caso della ricerca di Tiziano Franceschi, programmatore informatico, e Laura Silingardi, musicologa, e mi sono sentita un po’ più legittimata a continuare le mie conversazioni, non solo per gli effetti benefici che ha questa pratica, ma anche per il fatto che le piante ascoltano, vibrano e, anzi, compongono musiche. Viviamo immersi (quando non affondati) nella modernità, in un baccanale di rumori e suoni che siamo per lo più costretti a subire nel quotidiano. L’udito è impoverito, frastornato, tanto che quando si immerge in ambienti più naturali percepisce – e apprezza – principalmente “il silenzio”. Eppure la natura ci incanta e influenza il nostro benessere psico-fisico anche attraverso una serie di melodie e di suoni che il nostro orecchio si è completamente disabituato a cogliere. Tiziano ha uno strumento che aiuta l’orecchio a cogliere la musica delle piante e permette di condividerla, associando scienza e spiritualità, due mondi così lontani eppure così vicini che, quando riescono a dialogare in onestà, aprono porte inaspettate.
Rispetto a qualche anno fa quando hanno cominciato a girare l’Italia proponendo la musica delle piante e incontrando per lo più espressioni incerte e perplesse, Laura e il compagno Tiziano hanno raggiunto ora grandi risultati, fatti di incontri, presentazioni e uscite all’aria aperta, supportati dall’utilizzo di un apparecchio dotato di due sensori che applicano sulle foglie e sulle radici delle piante. Il circuito creato permette di decodificare la resistenza della pianta generata dalle cellule linfatiche, che viene trasformata in frequenze, producendo note con un meccanismo simile a quello dell’elettrocardiogramma. Le variazioni di resistenza elettrica vengono convertite in segnali digitali, cioè in note musicali secondo lo standard MIDI, inviati poi a un sequencer (banca dati di timbri musicali). L’apparecchiatura di rilevazione dispone di filtri per limitare le interferenze elettromagnetiche ed estrarre in modo “pulito” le variazioni rilevate sulla pianta. Come tutti gli organismi viventi, le piante subiscono variazioni di resistenza elettrica dovute a vari fattori, fisici e sottili. Come delle grandi antenne con ricettori sensibilissimi, esse captano dall’ambiente moltissime variazioni energetiche (campi elettromagnetici statici e variabili).
Le piante quindi “parlano”, o meglio compongono. La melodia che ne scaturisce, secondo i parametri di ritmo, altezza e intonazione, cambia da pianta a pianta a seconda della specie, dell'età, delle stagioni, delle ore del giorno e della situazione. Un linguaggio questo analizzato anche nelle ricerche di Monica Gagliano e Michael Renton, della University of Western Australia, che hanno studiato la comunicazione delle piante attraverso onde sonore (non udibili all’uomo) oppure oscillazioni nanomeccaniche, vibrazioni sulla più piccola scala atomica o molecolare che si muovono nel regno della meccanica quantistica.
E volendo tentare un’analisi musicologica della melodia delle piante, ci si avvicina non al sistema tonale della musica occidentale, ma piuttosto al sistema di scale arcaiche organizzate secondo i “modi” della musica greca. Si tratta di una successione di più "tetracordi" (4 suoni discendenti) che avevano un particolare collegamento con l’èthos umano, cioè con lo stato d’animo, lo stato emozionale. I greci utilizzavano "modi" diversi per ogni èthos, allo scopo di riportare il soggetto in uno stato di sano equilibrio. E questo ha molto a che fare anche con la musica classica, e potrebbe in parte spiegare la particolare vicinanza di alcuni grandi compositori al mondo vegetale (si pensi ad esempio a Johann Sebastian Bach).
Lo scetticismo è probabilmente una delle reazioni più comuni che un’esperienza del genere può suscitare, mitigato forse dal fatto che Laura e Tiziano fanno le loro dimostrazioni a titolo gratuito, senza alcuna intenzione di millantare o proporre soluzioni improbabili. Il loro scopo, tra scienza e psiche, è puramente divulgativo, volto non a umanizzare il mondo vegetale ma a tenere traccia del rapporto che intercorre e a ristabilire una sinergia tra ambiente e natura, complementari al nostro benessere di esseri umani.
In questa direzione vanno anche le sempre più frequenti proposte di abbracciare gli alberi, usanza che si diffuse, nell’India dei primi anni ’70, a seguito del movimento Chipko, come atto di protesta non violenta contro la deforestazione. È vero anche che ogni scoperta significativa incontra sempre inizialmente la riluttanza dei più, soprattutto quando va a toccare gli aspetti più profondi del nostro inconscio. Interessante è ricordare che laboratori sul linguaggio delle piante sono stati proposti in casi di schizofrenia, con bambini autistici o affetti da disabilità, con effetti decisamente positivi: non solo le piante hanno reagito, ma anche e soprattutto anno reagito le persone che, accarezzandole e ascoltando il variare dei suoni in risposta, hanno in qualche modo dialogato con loro, modificandone le frequenze e il calore. A dimostrazione che le piante smuovono non poco, soprattutto davanti al disagio. E che la natura soffre – anche se non nel senso umano come noi lo intendiamo – delle alterazioni di ritmo a cui noi la sottoponiamo. A partire dall’inquinamento luminoso che disordina l’alternarsi di luce e buio e, creando luce artificiale, incide negativamente non solo sul benessere della vegetazione, ma anche, come ben sappiamo, sul nostro, in termini di inquinamento, di degrado ambientale e, non ultima, di dis-armonia.
Frequenze, vibrazioni, energia: la terra è un flusso interconnesso di linguaggi che a volte ci appartengono anche se non li riusciamo a decifrare in maniera conscia. Ma su un aspetto possiamo riflettere: l’organismo umano è molto simile ad una pianta, anch’esso ricerca l’energia necessaria per alimentare gli stati emotivi. E allora, vi ripeto la domanda: “Cosa fate per rifornirvi di energia?” Per concedervi quell’ebbrezza intesa come stato d’animo che favorisce sogni e proiezioni, che alimenta progetti, che toglie la ruggine dalle relazioni con gli altri esseri viventi, e regala quello stato di coscienza in bilico tra controllo e assenza di controllo?