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Vent’anni di decrescita
Conservazione
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Foto: Bruno Kelzer da Comune-info.net
Dopo un inizio relativamente trionfale, in parte dovuto alla curiosità dei media e all’ondata di caldo dell’estate 2003, il movimento della decrescita ha conosciuto per molto tempo un’eclissi, in realtà mediatica, diffondendosi in tanti paesi, in Italia anche grazie al contributo di giornali e siti indipendenti come Carta e Comune-info. In questo articolo Serge Latouche ragiona su limiti e virtù della diffusione teorica e dei progressi pratici della decrescita, ricorda il legame con il movimento zapatista e con quello di slow food e spiega perché la decrescita, che ha bisogno prima di tutto di una decolonizzazione dell’immaginario, resta al tempo stesso una sfida e una scommessa.
La decrescita ha celebrato il suo 20° anniversario nel 2022. Il progetto di un’alternativa strutturata alla società della crescita ha, in effetti, preso forma in Francia tra la pubblicazione del numero seminale dedicato dalla rivista Silence nel Febbraio 2002, la conferenza organizzata da la Ligne d’horizon all’UNESCO “Disfare le sviluppo, rifare il mondo” in aprile dello stesso anno e quella organizzata da Casseurs de Pub (1) a Lione nel settembre 2003, esplicitamente dedicata al tema della decrescita, seguita dal lancio del giornale omonimo. Dopo un inizio relativamente trionfale, in parte dovuto alla curiosità dei media e all’ondata di caldo dell’estate 2003, il movimento ha conosciuto per molto tempo un’eclissi mediatica, pur continuando a farsi strada in maniera sotterranea diffondendosi al di fuori della Francia, prima nei Paesi latini (Italia, Spagna, Portogallo, America Latina) dove il termine trova pieno significato, poi in modo più ambiguo nel mondo anglosassone e infine un po’ dappertutto. Aiutata dalla pandemia e dall’emergenza climatica, la decrescita è riemersa di recente ed è persino entrata nel dibattito politico francese in vista delle elezioni presidenziali del 2022.
Rivendicata per la prima volta da un candidato alle primarie ecologiste, la decrescita è ormai una proposta su cui tutti i leader politici sono costretti a confrontarsi, se non altro per respingere con orrore o disprezzo un progetto la cui portata è in gran parte sconosciuta. Lo stesso presidente Macron vi ha fatto riferimento in diverse occasioni e vi continua ad alludere per potersene dissociare. Prima paragonando gli “obiettori di crescita” agli Amish, poi in campagna elettorale sostenendo di essere “sia” per la crescita che per la decrescita, e infine dichiarando a Marsiglia il 16 aprile 2022: “Voglio essere chiaro con voi, non credo nella decrescita, al contrario. Dobbiamo produrre e lavorare di più (…) aerei a zero emissioni, treni a idrogeno, auto elettriche prodotte in Francia, turbine eoliche in mare prodotte in Francia, mini reattori [nucleari] e tante altre soluzioni”. (2). L’esempio degli Amish, citato come repellente dal presidente Macron nel 2020, fa pensare non, ovviamente, perché se ne debba fare un’imitazione pedissequa nella lettera e nello spirito, ma per confutare le obiezioni relative al presunto “irrealismo” del progetto di decrescita, dal momento che questa comunità protestante, pur rifiutando molti aspetti della modernità, dimostra una bella resilienza e un innegabile successo economico. L’ultima, e piuttosto inaspettata, dichiarazione del presidente Macron dell’agosto 2022 sulla fine dell’abbondanza e sulla necessaria sobrietà ha immediatamente scatenato una discussione, alimentato dalle dichiarazioni dello stesso presidente e di chi gli è vicino, sul rapporto tra sobrietà e decrescita. È nato così un vero e proprio dibattito per chiarire le differenze tra una società sobria e una società della decrescita. ll presidente ha tenuto a precisare: “(Sobrietà) non significa andare verso un’economia di decrescita. Non lo significa affatto. Sobrietà significa solo diventare più efficienti”. Elisabeth Borne gli ha fatto eco: “La sobrietà energetica non significa produrre meno e optare per la decrescita”, seguita dalla nuova ministra per la Transizione Energetica, la produttivista Agnès Pannier-Ronacher, che ha dichiarato perentoriamente: “La sobrietà non è decrescita”. Al contrario, il nostro collega Dominique Bourg, ecologista svizzero vicino alla Fondazione Nicolas Hulot, intervistato su France Inter, ha detto: “Non c’è opposizione tra sobrietà e decrescita: la sobrietà è l’aspetto soggettivo e la decrescita è l’aspetto oggettivo”. In altre parole, la sobrietà è la decrescita soggettiva e la decrescita è la sobrietà oggettiva. Di conseguenza, c’è un rinnovato interesse per la decrescita (3). La decrescita è quindi diventata un tema ineludibile per i media.
Fare un bilancio di questi vent’anni di decrescita significa, ovviamente, prendere atto dell’avanzamento di questa idea nella società e delle iniziative di attuazione pratica del progetto, che costituiscono i suoi punti in attivo. Ma per valutare meglio a che punto siamo, occorre anche tenere conto delle passività, che non stanno tanto nel fatto che il progetto non sia riuscito nel suo complesso, quanto piuttosto nell’esaminare le varie strategie messe in atto per neutralizzarlo o addirittura per tentare di recuperarlo. Poiché, in termini di misure concrete, le cose non sono andate molto avanti, è importante identificare con maggiore precisione gli oppositori di un programma politico di decrescita e gli ostacoli alla realizzazione di una società ecocompatibile...