SDG 2030? Con le foreste proprio non ci siamo

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Un aumento allarmante nella velocità e nell’intensità della deforestazione globale ha fatto deragliare gli sforzi messi in campo per proteggere e ricostituire gli ambienti forestali entro il 2030. È quanto mettono in luce due report che analizzano i progressi (troppo pochi) in direzione degli obiettivi di conservazione a livello mondiale.

Il Forest Pathways 2023 a cura del WWF e il documento Off track and falling behind di Forest Declaration Assessment non portano affatto buone notizie: mettendo nero su bianco i dettagli dell’immensa perdita forestale su scala internazionale, i report evidenziano il penoso fallimento di quelle promesse che, appena due anni prima, 130 Paesi che rappresentano l’85% delle foreste a livello planetario, si erano riproposti di mantenere per la fine di questo decennio. La mancanza di azioni in questo senso lascia purtroppo il Pianeta intero in pericolo, con il rischio di perdere di vista obiettivi di importanza vitale.

Nel 2022 la deforestazione globale ha raggiunto oltre 16 milioni di acri, con una perdita superiore ai 10 milioni che riguarda esclusivamente le foreste primarie tropicali. Un devastante 96% di questo scempio ha luogo nelle regioni dei tropici, con solo l’Asia che si avvicina alla deforestazione zero. Senza azioni immediate, le foreste tropicali diventeranno fonte di emissioni di carbonio anziché bacini di assorbimento, subendo la pressione del riscaldamento globale, della siccità e di eventi climatici estremi sempre più diffusi. Di questo passo, i tre principali e più estesi bacini tropicali – Amazzonia, Congo e Asia-Pacifico – saranno protagonisti di una catastrofe climatica.

Non si usano mezzi termini: la situazione è grave e urgente, c’è ancora qualcosa che si può fare per gestire in modo sostenibile le foreste così che ne possano trarre beneficio sia la natura che le persone, ma occorre agire subito. “È una questione molto seria quella di garantire un futuro alle foreste, arrestando il prima possibile la perdita di biodiversità e la crisi climatica in corso e il tempo è un fattore determinante”, ha dichiarato Kerry Cesareo, vicepresidente per le foreste presso il WWF. “Se i numeri sono severi, sappiamo bene di cosa abbiamo bisogno. Il report fornisce una guida basata su elementi molto pratici a disposizione dei decisori politici, siano essi i governi o le istituzioni finanziarie o gli attori del settore privato.

A livello globale, solo poco più di 2 miliardi di dollari l’anno sono messi a bilancio per la protezione delle foreste, una frazione misera se comparata ad altri investimenti internazionali. Le popolazioni indigene e le comunità locali non ricevono le risorse necessarie per assicurare i loro diritti e riuscire concretamente a gestire le proprie terre, anche se è dimostrato che le foreste tropicali che cadono sotto la loro tutela godono di miglior salute e la deforestazione e il degrado ambientale sono decisamente minori.

Oltre a richiamare l’attenzione dei Governi sulle promesse fatte e non mantenute, i report approntano alcune misure di conservazione essenziali da mettere in atto entro il 2030: dalla fine dei sussidi convogliati verso attività dannose per gli ecosistemi (come quelli destinati all’agricoltura intensiva che ogni anno provoca la perdita di 5,4 milioni di acri di foreste) alla riforma delle leggi che regolano il commercio globale a danno delle foreste (per esempio facilitando il commercio di prodotti rispettosi delle foreste), dall’accelerazione necessaria nel riconoscimento del diritto alla terra dei popoli indigeni al passaggio, graduale ma rapido, a economie basate sulla natura. Esempi virtuosi esistono e includono per esempio il programma ARPA (Amazon Region Protected Areas) in Brasile o quello del WWF Forests Forward dedicato alle aziende che vogliano adottare le più recenti strategie indicate dalla scienza per la tutela dell’ambiente naturale e delle comunità che lo abitano. Basta copiare, riadattandolo alle caratteristiche dei propri territori. Perché le foreste sono il cuore pulsante del Pianeta, non solo il centro del lavoro di molte realtà internazionali e locali. La creazione di aree protette, il passaggio a una filiera sostenibile e trasparente e il recupero di habitat indispensabili è necessario quanto la messa in campo di azioni integrate e condivise, e immediate.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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