Gli alieni e i “Man in Black”

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Isola di Maquarie - Foto: En.wikipedia.org

Il Vermocane o Hermodice carunculata è una specie animale marina lunga tra i 15-30 centimetri, che predilige le temperature calde e che presenta delle setole urticanti che possono provocare irritazione e sensazione di bruciore sulla pelle. Si sta moltiplicando rapidamente ed è ormai di casa nel Mar Mediterraneo Centrale e nei mari del sud Italia, con diversi avvistamenti lungo il Mar Tirreno e adesso anche in Adriatico.  La sua comparsa nel Mediterraneo, dicono i biologi, è un chiaro indicatore del cambiamento climatico e la sua presenza sta suscitando non poca preoccupazione per i potenziali danni che la specie aliena potrà arrecare alle persone e alla fauna marina, visto che l’aumento della temperatura media annua dell'acqua e la riduzione della variabilità annuale conseguente la mitigazione delle temperature invernali hanno profondamente inciso sulla distribuzione e la dispersione di diverse specie. Secondo Valentina di Miccoli, della Campagna Mare di Greenpeace Italia “Il Mediterraneo sta pagando un prezzo elevato per l’effetto dei cambiamenti climatici: diventa sempre più povero con grandi stravolgimenti della sua biodiversità. Come dimostra il nostro progetto Mare Caldo, laddove esistono misure efficaci di tutela delle nostre acque queste resistono meglio agli impatti della crisi climatica, di cui la diffusione di specie come il Vermocane è una delle prove più evidenti. Per questo abbiamo bisogno di aumentare la conservazione con la rete di aree marine protette in Italia”. 

Nel primo anno del progetto Mare Caldo (2019 - 2020) nell’Area marina protetta del Plemmirio vicino Siracusa si è riscontrata una crescita esponenziale del Vermocane, divenuta particolarmente abbondante negli strati più superficiali dell'acqua, ma presente fino ai 40 metri di profondità. Nel secondo anno di progetto (2020 -2021) nell’Area marina protetta di Capo Carbonara a sud-est della Sardegna, i dati raccolti confrontati con quelli degli anni precedenti hanno rilevato che i maggiori cambiamenti nel tempo possono essere attribuiti proprio all’arrivo delle specie termofile adatte a vivere in ambienti caldi, tra cui in particolare il Vermocane. Per la  Miccoli Seguire l’espansione di questa specie e di altre specie termofile è fondamentale per capire gli impatti sulle comunità rocciose costiere e i conseguenti effetti negativi sulla biodiversità, sulla salute pubblica e sulla pesca commerciale”. Che fare? Per i nostri “Man in Black” ambientalisti i dati raccolti in questi anni col progetto Mare Caldo hanno evidenziato come aree protette gestite con misure efficaci sono più resilienti agli effetti del riscaldamento globale. “Il nostro Governo ha oggi l’opportunità di creare una rete efficace di Aree marine protette ratificando quanto prima il Trattato globale per la protezione degli oceani e lavorando alacremente per raggiungere l'obiettivo ambizioso di proteggere il 30% dei nostri mari entro il 2030”.

Un problema, quello delle specie aliene, che sta condizionando gli habitat di buona parte del Pianeta con conseguenze preoccupanti, che in alcuni casi sono state brillantemente contenute. Un esempio è l'esperienza di successo dell'eradicazione di tutti i conigli, i ratti e i topi dalla remota isola Macquarie, celebrata nel suo decennale lo scorso giugno dal Governo della Tasmania. Situata a metà strada tra la Tasmania e l'Antartide, l'isola è una delle riserve naturali più importanti dell’Australia, tanto che è stata inserita nell'elenco dei patrimoni dell'umanità UNESCOIn passato l'introduzione di conigli, ratti e topi nell'isola di Macquarie ha avuto un impatto devastante sulla fauna selvatica e sull'ecologia dell'isola. La voracità e il moltiplicarsi dei conigli ha causato un’estesa perdita di copertura vegetale, distruggendo i territori di riproduzione degli uccelli marini nidificanti e innescando un’erosione diffusa. I ratti invece predavano uova e pulcini degli uccelli marini, mentre i topi mangiavano insetti, vermi e altri invertebrati, cibo naturale degli uccelli marini, alterando così l'equilibrio ecologico dell'isola. Dopo anni di meticolosa pianificazione, i team di eradicazione dell’isola di Macquarie hanno liberato definitivamente l’isola da tutte e tre le specie e nel 2014 il governo federale dell'Australia e quello della Tasmania dichiararono concluso con successo il progetto. Solo adesso, dieci anni dopo, Macquarie sta mostrando notevoli segni di ripresa, con una vegetazione lussureggiante che ha rioccupato i suoi pendii un tempo sterili e con molte specie di uccelli marini che sono tornate a riprodursi sull’isola.

Il progetto di eradicazione a Macquarie guidato da guardia parchi appositamente formati e addestrati (anche loro novelli “Man in Black”) è stato cofinanziato con ben 24 milioni di dollari dai governi della Tasmania e dell’Australia e gestito dal Tasmania Parks and Wildlife Service con l’assistenza dell’Australian Antarctic Division. Per la Ministra federale dell’Australia per l’ambiente e l’acqua, Tanya Plibersek, il progetto potrebbe essere un esempio mondiale di cosa non bisogna fare, ma anche di come (ogni tanto, non sempre purtroppo) sia possibile rimediare: “Macquarie Island è un paese delle meraviglie per la fauna selvatica: ospita milioni di pinguini, foche e uccelli marini. È fantastico vedere le piante e gli animali dell'isola prosperare 10 anni dopo l'eradicazione di conigli e roditori. L’aumento della copertura vegetale ha migliorato l’habitat riproduttivo degli albatros e l’eradicazione dei roditori predatori ha visto prosperare le procellarie scavatrici. I benefici e gli impatti a lungo termine del programma di eradicazione delle specie invasive adesso continueranno ad essere raccolti attraverso un programma decennale di monitoraggio della fauna selvatica dell’isola di Macquarie”. Quello di Macquarie è un ottimo esempio dell'impegno delle istituzioni nel ripristinare i territori danneggiati e mostra quali meravigliosi risultati si possono ottenere. Anche per questo il Governo australiano ha appena annunciato che investirà sulla ristrutturazione della stazione naturalistica sull'isola per portare avanti analisi scientifiche utili a livello mondiale, proprio come questa.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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