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Europa vs deforestazione
Conservazione
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Foto: A. Graziadei ®
La Commissione europea sta lavorando da mesi all’elaborazione di una proposta legislativa che, nel secondo trimestre del 2021, punti a ridurre al minimo il rischio di deforestazione associato ai prodotti venduti sul mercato dell’Unione europea. Per il Commissario europeo per l’ambiente, gli oceani e la pesca Virginijus Sinkevičius, “Le foreste sono indispensabili per il benessere di tutti gli abitanti della Terra, eppure le stiamo perdendo ad un ritmo allarmante. L’Ue è determinata ad agire per invertire la rotta, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione per contribuire a proteggere le foreste del pianeta. Ma non possiamo farlo da soli”. Per questo la Commissione ha perfezionato una piattaforma multilaterale per contribuire a proteggere e a ripristinare le foreste del pianeta coinvolgendo una vastissima gamma di partner: Stati membri dell’Ue, le principali ong operanti nella protezione delle foreste, organizzazioni dell’industria e molti paesi extra europei, tra i quali alcuni dei paesi più colpiti dalla deforestazione. Per Sinkevičius “La nuova piattaforma mira a favorire gli scambi tra le parti interessate al fine di creare alleanze e di promuovere e condividere gli impegni per ridurre in modo significativo la deforestazione […]. Auspico che questa piattaforma, che riunisce le principali parti interessate, sia un eccellente catalizzatore della cooperazione volta a fermare e invertire il fenomeno della deforestazione”.
Intanto mentre nell’Unione le foreste sono tornate a occupare il 40% del territorio, soprattutto grazie ai rimboschimenti e all’abbandono dei terreni agricoli, uno studio ha scoperto che l’ombra delle foreste ha attenuato gli effetti dell’azoto, ma non potrà farlo in futuro se dalle fronde degli alberi delle foreste filtrerà più luce a causa della siccità e delle malattie. Horizon, the EU Research & Innovation Magazine, ha lanciato, infatti, un nuovo allarme: “Le delicate piante del sottobosco come l’acetosella o la violetta e l’equilibrio tra le specie di alberi che torreggiano sopra di loro sono tutte minacciate da decenni di inquinamento da azoto accumulato”. Per Kris Verheyen, dell’Università di Ghent, “Studiare oggi il suolo della foresta è fondamentale. Questo strato di erbe viene spesso dimenticato. Alcuni lo chiamano lo strato di passaggio: lo scavalchi per guardare gli alberi”. In realtà, nelle foreste temperate, la vita che si svolge sotto gli alberi rappresenta l’80% della biodiversità forestale e il sottobosco ricicla nutrienti essenziali come fosforo, potassio e azoto, aiuta a decomporre la lettiera degli alberi e determina quale sarà la prossima generazione di alberi, facendo sopravvivere solo i più adatti.
Per cercare di capirne di più sul suolo della foresta, il team di scienziati del progetto PASTFORWARD guidato da Verheyen ha raccolto i dati di 4.000 appezzamenti forestali in tutta Europa e per quelli più facilmente identificabili e raggiungibili i ricercatori hanno effettuato misurazioni aggiornate studiando i livelli di azoto, temperatura e luce sul sottosuolo. È così che il team ha accertato che il fattore chiave che controlla la vita della foresta è l’ombra degli alberi, che frena l’inquinamento da azoto. La deposizione di azoto è un problema cronico causato dalle emissioni di ammoniaca dai fertilizzanti agricoli e dalla combustione di combustibili fossili che estrae alcuni nutrienti dal suolo, acidifica il terreno e fa crescere le alghe nei corsi d’acqua. La regolazione naturale del livello di azoto di una foresta è pertanto fondamentale. Il team di PASTFORWARD ha scoperto molti depositi di azoto nelle foreste e ne ha documentato le conseguenze per le specie: "Esiste il rischio che le chiome delle foreste si diradino a causa della siccità e delle malattie che uccidono gli alberi, aprendo così le porte all’azoto. Questo porterà a cambiamenti rapidi e molto ampi nello strato di erbe del sottosuolo”. Negli ultimi anni la siccità portata dal cambiamento climatico ha già sterminato in Europa molti alberi nelle foreste di abeti rossi in Germania, Belgio e Francia, mentre le più resistenti foreste di latifoglie hanno subito il diradamento delle chiome soprattutto per via del deperimento del frassino. “Abbiamo le prove che a causa del deperimento del frassino filtra a terra molta più luce e quindi il sottobosco esplode davvero perché la luce non è più una risorsa limitante. Questi grandi e probabilmente improvvisi cambiamenti che possono verificarsi nello strato di erbe del sottosuolo influenzeranno la rigenerazione degli alberi e determineranno sicuramente quali specie saranno in grado di passare il filtro dello strato di erbe e quali no” ha spiegato Verheyen.
Per i ricercatori finora le foreste hanno svolto un lavoro straordinario nel proteggere le piante dal cambiamento climatico in atto, con effetti che vanno oltre le aree che occupano. Le foreste hanno spesso temperature significativamente diverse da quelle che vengono registrate dalle stazioni meteorologiche, sempre posizionate lontano dagli alberi. Per esempio, in estate sono in media di 4° C più fresche e questo non solo perché le fronde non fanno passare la luce, ma anche perché l’evapotraspirazione dell’acqua attraverso le foglie e nell’atmosfera aspira il calore dalla foresta, e la vegetazione impedisce alla brezza di mescolare l’aria calda con quella fresca. Per Pieter de Frenne, bioscienziato anche lui dell’Università di Ghent che coordina il progetto FORMICA che studia i microclimi forestali, “I modelli climatici non tengono conto di questo vero e proprio effetto cuscinetto termoregolatore delle foreste. Il forest-buffering ha permesso a molte specie di resistere. Ma l’effetto cuscinetto non può durare per sempre e se la chioma delle foreste si aprirà cominceremo davvero ad avere grossi problemi, raggiungendo anche nel sottosuolo forestale le temperature esterne alla foresta”. Insomma il “buffering” ci sta facendo guadagnare tempo, dando modo a molte specie di piante di adattarsi al nuovo clima, ma l’Europa deve fare della difesa delle foreste un obiettivo primario. Per ora questo impegno è sancito nell’European Green Deal, nella strategia dell’Unione sulla Biodiversità per il 2030, nella strategia “Dal produttore al consumatore” e nelle comunicazioni istituzionali contro la deforestazione e il degrado delle foreste. Ma basterà?
Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.