Europa: basterebbe un corridoio verde…

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La rete Natura 2000 costituisce la spina dorsale "dell’infrastruttura verde” dell’Unione europea, che mira a garantire la protezione, il ripristino, la creazione e il potenziamento di aree naturali e semi-naturali con caratteristiche ambientali capaci di fornire una vasta gamma di servizi ecosistemici. Questi servizi sono capaci di generare benefici multifunzionali che passano dalla natura alle persone contribuendo alla depurazione delle acque, al miglioramento della qualità dell’aria, alla tutela dello spazio per la ricreazione, oltre che essere fondamentali alla mitigazione e all’adattamento climatico. La gamma e il flusso di questi benefici dipendono, però, dalla biodiversità, dalle condizioni e dall’ampiezza di questi ecosistemi, per questo una rete di spazi terrestri (verdi) e acquatici (blu) strategicamente pianificata e ben collegata può migliorare le condizioni ambientali e quindi la salute e la qualità della vita dei cittadini, oltre che creare nuove opportunità di lavoro

La Commissione europea negli anni ha sviluppato una strategia per le infrastrutture verdi che potrebbe essere ulteriormente migliorata con interventi relativamente facili ed economici. Come? Secondo l’analisi del 2 luglio scorso “Building a Trans-European Nature Network”, dell’European environment agency (Eea), “Le autostrade e altre infrastrutture disconnettono attualmente circa il 15% dei siti Natura 2000 dalle altre aree naturali, riducendo la loro capacità di fornire servizi ecosistemici”. Lo studio, che si basa sul rapporto tecnico “Contributions to building a coherent Trans-European Nature Network” sviluppato per contribuire ad individuare gli approcci per estendere la rete di aree protette e raggiungere l’obiettivo del 30% della strategia dell’Unione sulla biodiversità per il 2030, invita l’Europa ha mettere in campo investimenti in infrastrutture verdi e blu per creare corridoi ecologici che colleghino i siti Natura 2000, spiegando che “con un impegno economico relativamente modesto si potrebbero potenziare e migliorare i servizi ecosistemici di molte infrastrutture verdi naturali e artificiali già esistenti”.

Attualmente secondo l’Eea “Circa l’80% degli attuali siti Natura 2000 sono già collegati attraverso aree naturali o semi-naturali. Un altro 15% dei siti Natura 2000 disconnessi sono distanti meno di 1 chilometro, ma sono spesso intersecati, ad esempio, da autostrade, terreni agricoli o aree urbane che limitano il movimento delle specie e la capacità dell’area di offrire servizi ecosistemici. Collegare siti naturali con infrastrutture o corridoi verdi potrebbe potenziare i servizi ecosistemici di circa il 10% all’interno della rete protetta e nelle aree immediatamente circostanti”. Insomma, per aumentare il potenziale dei servizi ecosistemici di tutta l’infrastruttura verde europea basterebbero “interventi di collegamento minimi o molto limitati”, capaci di avere ripercussioni positive sia sul nostro benessere, che sullo stato di conservazione di molte specie animali e vegetali di interesse comunitario. Visto che negli Stati membri dell’Unione il livello di pressione sull’ecosistema al di fuori della rete Natura 2000 è più difficile da normare e contenere, collegare meglio le risorse verdi e blu già esistenti sembra essere una scelta strategica relativamente facile e decisamente sostenibile, che potrebbe caratterizzare la ripresa post Covid-19 di tutti gli Stati dell’Unione.

Già da alcuni anni queste “green way” sono considerate, anche a livello urbano, infrastrutture capaci di coniugare le esigenze di tutela dell’ambiente con la crescita della qualità della vita delle persone, perché oltre a potenziare i servizi ecositemici, contribuiscono a ridurre l’inquinamento e al recupero del legame tra uomo e territorio, spesso perso per la crescita rapida e disordinata non solo delle città, ma anche degli ambienti rurali. “Rinaturalizzare” il territorio con corridoi verdi permette quindi anche alle persone di fruire di una rete di percorsi pedonabili e ciclabili per tutte le attività che ogni giorno possono essere svolte all’aria aperta e spesso sono indispensabili per preservare, valorizzare e, se necessario riqualificare gli ambienti attraversati. Per fare questo la rete delle “green way” deve essere pianificata e progettata, sia con interventi tampone che tentano di collegare l’esistente, sia programmando uno sviluppo delle infrastrutture capace di rispettare questi collegamenti verdi e blu, in modo da garantire continuità al sistema ecologico e la massima sicurezza negli spostamenti anche delle persone. L’obiettivo di questo sistema di organizzazione del territorio potrebbe così potenziare le infrastrutture verdi del continente, che si vorrebbero trasformate sempre più in una maglia di spazi verdi alla quale è associata una serie di collegamenti atti a mantenere la continuità di tutto il sistema. 

L’Europa per fortuna in questo campo non deve iniziare da zero. Sostenuto dal Programma europeo di finanziamento Interreg Central Europe, il progetto europeo MaGICLandscapes, con il supporto dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENE) negli ultimi tre anni ha contribuito a tutelare la biodiversità e la funzionalità ecologica dell’Europa centrale analizzando le infrastrutture verdi e blu in Italia, Austria, Germania, Polonia e Repubblica Ceca, e realizzando una prima e dettagliata mappatura su un’area di 100 milioni di ettari. Di questi 100 milioni di ettari, 60 milioni sono ricoperti da aree naturali e semi-naturali, mentre 40 milioni mancano totalmente di quegli ecosistemi naturali necessari alla sicurezza del territorio, spesso a causa dello sviluppo senza misura del sistema urbano e industriale. In Italia, per ovviare a questo problema e seguire le indicazioni dell’Eea, è stato analizzato nel 1990 e successivamente potenziato il Parco fluviale del Po, che con ben 14 mila ettari identificati come fondamentali per l’ecosistema, grazie a naturali attività di depurazione di aria e acqua, rifornimento di cibo e legname, regolazione del microclima e conservazione della biodiversità è ormai riconosciuto come un importante esempio di corridoio ecologico, lungo 120 chilometri e capace di collegare le Alpi e all’Appennino. Un esempio da seguire anche fuori dai confini del Belpaese. 

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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