Le povertà energetiche - #Diventaregreen

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Foto: NASA da Unsplash.com

Il caro bollette e l’aumento generalizzato dei costi energetici, sono l’emblema di una situazione che rischia di diventare socialmente critica per moltissime persone. Anche per questo la scorsa settimana ci siamo occupati di autosufficienza energetica a livello abitativo e delle risorse tecnologiche che potrebbero farci risparmiare attraverso sistemi di produzione energetica innovativi ed ecologici come le pompe di calore. Questa tecnologia, capace di emanciparci dal gas, rappresenta sicuramente una risposta sostenibile alla crisi energetica che il Paese sta affrontando, ma è anche economicamente sostenibile? Non proprio. Anche se per  Stefano Clerici, consigliere delegato di Agici,  una società di ricerca e consulenza specializzata nel settore delle utilities, delle rinnovabili, delle infrastrutture e dell’efficienza energetica, “Le pompe di calore rappresentano una tecnologia matura, tecnicamente ed economicamente fattibile, in sinergia con le fonti rinnovabili”, il rischio è che senza gli incentivi statali, questa tecnologia rimanga destinata a chi non solo ha coscienza, ma soprattutto ha i fondi per permettersela. Un po’ come l’auto elettrica, che in molti paesi Paesi europei dipende dai sussidi statali e dalle leggi che stanno fissando o hanno già fissato le date per l’eliminazione completa dei veicoli a benzina e diesel (ad esempio nel 2030 per il Regno Unito). Perché questa transizione verso abitazioni più sostenibili e capaci di produrre energia riesca, non solo a livello italiano ed europeo, occorre lavorare sulle disuguaglianza e sui nuovi profili di povertà, compresa quella “energetica”.  

Il Global Multidimensional Poverty Index (MPI) pubblicato il 17 ottobre dall’United Nations Development Programme (UNDP) e dall’Oxford Poverty and Human Development Initiative (OPHI) dell’Università di Oxford ha rivelato “Nuovi profili di povertà che devono essere tenuti in considerazione negli sforzi di sviluppo per affrontare gli aspetti interconnessi della povertà”. Quest’analisi guarda oltre il reddito come misura della povertà, cercando di capire come le persone vivono la povertà in diversi aspetti della loro vita quotidiana: dall’accesso all’istruzione e alla salute, a standard di vita come alloggi, acqua potabile, servizi igienici ed anche l'accesso all’energia per scaldarsi, vedere, cucinare e lavarsi. Proprio per quanto riguarda l’energia, il report sottolinea come "Il 50% delle persone povere non abbia ancora accesso sia all’elettricità che a combustibili puliti per cucinare" e quanto, "L’accesso alle energie rinnovabili sia fondamentale per le persone e il pianeta”. Il rapporto identifica in particolare una serie di “fasce di deprivazione” – modelli ricorrenti di povertà – che di solito hanno un impatto su coloro che vivono in povertà multidimensionale in tutto il mondo. Se nei Paesi “sviluppati” questa crisi energetica e i ritardi nello sviluppo delle rinnovabil metterà in crisi molte attività e molte persone, i dati dell’MPI ci mostrano che "1,2 miliardi di persone in 111 Paesi in via di sviluppo vivono già in condizioni di povertà multidimensionale acuta", il doppio del numero di coloro che sono considerati poveri vivendo con meno di 1,90 dollari al giorno.  

Secondo, Achim Steiner, amministratore dell’UNDP, “Con le nuvole di recessione all’orizzonte e il debito che attanaglia circa 54 Paesi in via di sviluppo, stiamo vedendo come i budget pubblici ristretti stiano diventando ancora più restrittivi […]. Questa analisi multidimensionale ci dimostra che la decarbonizzazione e l’ampliamento dell’accesso alle energie pulite farà avanzare l’azione climatica” ma intanto “quasi 600 milioni di poveri multidimensionali non hanno ancora accesso all’elettricità e a combustibili puliti per cucinare”. Stando ai dati oltre il 50% delle persone povere (593 milioni) non ha elettricità e combustibile pulito per cucinare; il 40% dei poveri (437 milioni) non ha accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici; più del 30% delle persone povere (374 milioni) è privo contemporaneamente di cibo, combustibile per cucinare, servizi igienici e alloggio.

Tasneem Mirza, dell’ufficio per il rapporto sullo sviluppo umano dell’Undp e una delle autrici dello studio, evidenzia come la povertà energetica si alla base di molte altre poverta multidimensionali. “Le famiglie nella Repubblica Democratica del Laos, ad esempio, che non hanno accesso al combustibile per cucinare, spesso non sono in grado di mandare i loro figli a scuola, perché i bambini sono impegnati a raccogliere legna da ardere ogni giorno. Quindi, potrebbe non essere sufficiente costruire una scuola di villaggio a meno che non si risolva anche il problema del combustibile”. Per la direttrice dell’OPHI Sabina Alkire, “L’MPI è un complemento vitale alle misure monetarie della povertà perché evidenzia direttamente le fasce di deprivazione. La nostra speranza è che i dati di quest’anno sulle fasce di deprivazione consentiranno alle risposte di progredire con maggiore determinazione e  una precisione laser per ridurre la povertà acuta in questi tempi turbolenti”, in molti casi puntando proprio sulle misure per ridurre la “povertà energetica” puntando sulle rinnovabili, ad ogni latitudine. Sarà possibile?

Secondo una ricerca Rystad Energy, “I prezzi elevati dell’elettricità, in particolare in Europa, stanno cambiando la narrativa degli investimenti nell’energia eolica e solare”. In particolare “Gli investimenti di capitale nelle energie rinnovabili sono aumentati in modo significativo e dovrebbero raggiungere i 494 miliardi entro la fine dell'anno, superando il petrolio e il gas fermi a 446 miliardi all’anno” ed è la prima volta che gli investimenti nelle energie rinnovabili saranno superiori a quelli per petrolio e gas. La ricerca di Rystad Energy evidenzia come “Finora, i ritorni sui progetti di energia rinnovabile (solare fotovoltaico ed eolico) non sono stati spettacolari, basandosi principalmente sui sussidi per portare avanti i progetti. Le pressioni sui costi dovute ai recenti problemi delle materie prime e della catena di approvvigionamento avrebbero dovuto peggiorare le cose poiché hanno annullato anni di rapidi miglioramenti dei costi unitari nel settore”. In realtà “Gli attuali prezzi spot in Germania, Francia, Italia e Regno Unito porterebbero tutti a ritorni dell’investimento di 12 mesi o meno”. Se accanto alle operazioni dei grandi investitori si diffondesse anche un nuovo modello di gestione dell’energia dal basso teso a favorire la diffusione delle energie sostenibili, attraverso sistemi virtuosi di produzione, autoconsumo e condivisione dell’energia rinnovabile realmente accessibili a tutti, allora avremmo fatto un passo avanti verso l’eliminazione della povertà energetica. Una soluzione che le “comunità energetiche”, una forma energetica collaborativa, sostenibile, e accessibile, sviluppata soprattutto nord Europa e incentrata su un sistema di scambio locale potrebbe risolvere. Ne parleremo la prossima settimana.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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