Bolivia: Mesa cede e stringe verso i movimenti

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Anche Carlos Mesa, presidente della Repubblica succeduto "d'ufficio" all'ex Gonzalo Sanchez de Lozada dopo i fattacci dell'ottobre 2003, ha rinunciato al suo incarico nella notte tra il 6 e il 7giugno. E nel suo lungo discorso alla Nazione Mesa punta il dito contro i settori radicali. Mesa, comunque manterrà la carica fino a quando il Congresso Nazionale non deciderà il suo successore. Un successore che lo stesso Mesa ha chiesto non venga nominato d'ufficio, ma grazie ad elezioni anticipate. A questa domanda il Congresso ha evitato di dare risposta. Per prassi costituionale, dovrebbe essere o uno tra i due presidenti delle Camere o, come da molti auspicato, il presidente della Corte Suprema, Eduardo Rodr㭀guez.

Le elezioni anticipate ridurrebbero i rischi dei soliti giochi della politica, adesso nelle mani del Presidente Hormando Vaca Diez, già noto per aver firmato la nuova legge sugli idrocarburi mentre Mesa si trovava in uno strano silenzio-stampa. Vaca Diez, inoltre, si collega a doppio filo proprio con Goni Sanchez De Lozada, essendo il suo "uomo" all'interno delle stanze del governo boliviano da quando Goni venne costretto a una poco onorevole fuga nell'ottobre di due anni fa. Vaca Diez è osteggiato dai movimenti sociali e la sua ascesa alla presidenza non fermerebbe le proteste per impedire la svendita delle principali risorse strategiche, già ipotecate con contratti capestro da parte delle multinazionali grazie ad accordi farsa siglati nel 1996 dal governo dell'ex dittatore Banzer.

61 posti di blocco, vere e proprie barricate e blocchi stradali, che stanno paralizzando tutto il territorio bolivano, lasciando città come El Alto e perfino La Paz a corto di viveri e di carburante. Nella giornata del 6, poi, buona parte del dipartimento di La Paz è rimasto senza il rifornimento idrico perché un gruppo di manifestanti ha danneggiato gravemente la centrale idrica del Aguas Del Illimani che gestisce, appunto, l'acquedotto di questa parte della Nazione. E alla fine della settimana scorsa un altro gruppo di manifestanti ha distrutto il sistema di pompe che gestisce l'immissione di petrolio nell'oleodotto che trasporta l'oro nero in Argentina, provocando non poca preoccupazione in Cile, vero cliente di Petropres. Questi alcuni dei fatti che sono riusciti a superare il muro di silenzio e confusione generato dal caos che prende forza nelle strade boliviane.

Le proteste si sono sollevate una settimana dopo che il congresso ha approvato una legge che aumenta le tasse alle società petrolifere straniere che controllano la ricchezza petrolifera della Bolivia, risultato di una privatizzazione indiscriminata avvenuta nel 1996. Le società considerano la nuova legge fin troppo severa, mentre la maggior parte del popolo indigeno sottovaluta la legge perché troppo debole. Ma la maggior parte del popolo indigeno sottovaluta la legge perché troppo debole.

Tuttavia, molti settori del movimento popolare chiedono la nazionalizzazione completa e un rovesciamento del governo. Mentre Senato e Camera approvavano la "nuova" legge sugli Idrocarburi, il Tribunale Costituzionale segnalava che questi contratti sono anticostituzionali in quanto non hanno rispettato il paragrafo 5 dell'articolo 59 della Costituzione, in cui si enuncia che uno degli attributi del Potere Legislativo è "approvare ed autorizzare la contrattazione di prestiti che coinvolgono la cassa generale dello Stato, così come i contratti relativi all'esplorazione delle ricchezze nazionali". [AT]

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