Le tre cose che vorrei per Natale

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Vorrei che si smettesse di definire guerra quello che accade a Gaza ormai da settimane.

Guerra è scontro fra due forze in armi, che si battono per contendersi territorio, potere, ricchezza, ruolo. Quello vediamo a Gaza è solo omicidio di massa di gente inerme da parte di un governo oscuro. E se le parole hanno il senso della verità, allora vanno usate per quello che sono. Non c‘è guerra nella morte di migliaia di bambini, nella distruzione di ospedali, nell’annientamento di civili, case, cultura. C’è solo crimine. E allora, vorrei che il Natale regalasse le parole giuste per raccontare l’orrore e far capire la verità sul massacro in corso a Gaza.

Vorrei che si finisse di raccontare che Cop28 a Dubai è stata la straordinaria occasione per mettere in campo ciò che serve per fermare il cambiamento climatico.

Per la prima volta, - ci hanno raccontato - si è parlato della fine delle risorse fossili come generatrici di energia. Peccato che tutto questo accadrà solo nel 2050, ben oltre il tempo utile per fermare l’implacabile alzarsi delle temperature medie mondiali. Arriverà quando milioni di esseri umani saranno già stati costretti a fuggire da inondazioni, desertificazioni, fame. Arriverà quando le isole del Pacifico saranno scomparse. La menzogna che cela il fallimento della riunione di Dubai sul clima è pericolosa e letale. E allora, vorrei che il Natale facesse trovare il coraggio della realtà che orami dovremo affrontare, assieme alla forza per trovare le giuste soluzioni. 

Vorrei che nessuno più considerasse il pacifismo come un pensiero debole e naif, lontano dalla realtà e dalla vita. 

Vorrei che la Pace fosse raccontata e vissuta per quello che è: una realtà “antagonista” al modello politico, economico e sociale esistente. Costruire un Mondo in pace deve significare concretezza e azione. Vuol dire certamente far tacere ovunque le armi, ma vuol dire prima di tutto cancellare barriere, privilegi, distorsioni economiche. Significa creare opportunità, luoghi sicuri e giusti, immaginando gli strumenti per abbattere la fame, per garantire le cure mediche, il lavoro, l’istruzione. Vuol dire “livellare” il Mondo, uscendo dalla convinzione che solo la guerra possa farlo progredire. E allora, vorrei che il Natale portasse la forza e la determinazione per rendere possibile e quotidiano e famigliare ciò che ci dicono essere solo utopia.

Sono tre delle cose che vorrei per Natale. Tre regali che vorrei ricevere e fare. Vorrei anche continuare a credere: credere che tutto questo un giorno sarà possibile; credere che il Mondo del futuro sarà migliore di quello che stiamo vivendo; credere che quello che abbiamo fatto sin qui è stato comunque utile.

Se questi saranno i doni, sarà davvero un buon Natale.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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