www.unimondo.org/Guide/Ambiente/Cambiamento-climatico/Dalla-crisi-sanitaria-alla-crisi-alimentare-219536
Dalla crisi sanitaria alla crisi alimentare?
Cambiamento climatico
Stampa

Foto: Unsplash.com
Il Programma Alimentare Mondiale (PAM) ha lanciato l’allarme. La notizia è grave, si prospettano carestie che rischiano di ridurre alla fame decine di milioni di persone.
Già prima della pandemia da Covid-19, l’agenzia ONU aveva allertato i leader mondiali sulla crisi umanitaria che si sarebbe prospettata nel 2020. Il Rapporto globale sulle crisi alimentari rivela la portata delle crisi, indicando che, alla fine del 2019, 135 milioni di persone in 55 paesi sono state esposte a insicurezza alimentare acuta, 75 milioni di bambini sono risultati affetti da rachitismo e 17 milioni da deperimento. “Lo stato di insicurezza alimentare acuta si verifica quando l’impossibilità di consumare cibo sufficiente espone una persona a pericolo immediato” si legge nel rapporto. Si tratta letteralmente di “morire di fame”.
Quali le cause scatenanti di questa grave situazione alimentare? Le guerre in Yemen e in Siria, i disastri naturali ed i cicli meteorologici che stanno inesorabilmente mutando con i cambiamenti climatici.
La pandemia di coronavirus rischia di amplificare l’impatto delle carestie. Si stima che con la situazione aggravata dal coronavirus le persone a rischio di crisi alimentare potrebbero raddoppiare a 265 milioni entro la fine dell’anno. Il direttore del PAM ha sollecitato un'azione umanitaria urgente.
Le necessarie misure di lockdown per contenere l’espansone del contagio rischiano infatti di avere effetti devastanti sulle persone che sono prive di una forma di protezione sociale o tutela del reddito. Vediamo alcuni esempi: in tutto il mondo, per contenere il contagio le scuole stanno chiudendo e questo sul piano alimentare implica che 300 milioni di bambini perderanno la mensa scolastica, che per molti di loro rappresenta una fonte cruciale di cibo nutriente. Le misure del lockdown si traducono anche in licenziamenti e riduzione dei redditi, il che rende sempre più difficile per le famiglie mettere cibo in tavola. In alcune parti del mondo poi, la principale fonte di sostentamento è costituita da lavoro informale, privo di ogni tutela del reddito.
In particolare la situazione africana è una delle più preoccupanti per l’Organizzazione mondiale della sanità. Il contagio sta galoppando e i nuovi casi aumentano di diverse migliaia di giorno in giorno. (Gli aggiornamenti in tempo reale sono disponibili sul sito dell’OMS). Le preoccupazioni sono relative alla fragilità dei sistemi sanitari, sia in termini di prevenzione che di cura (il dato più eclatante è la generale mancanza di terapia intensiva) ma enormi preoccupazioni sono anche per le persone prive di protezione sociale, come la mancanza di tutela in caso di disoccupazione, che si sommano ai preesistenti grandi problemi quali la mancanza di accesso all’acqua e ad adeguate condizioni igieniche, condizioni che, al contrario, favoriscono la diffusione di altre epidemie.
Inoltre la chiusura dei mercati imposta dai governi nazionali per contenere i contagi ha come effetto collaterale che il cibo inizia a scarseggiare e che i redditi diminuiscono, rischiando di lasciare tanti agricoltori in povertà estrema. La restrizione dei movimenti e la chiusura delle strade limitano l'accesso degli agricoltori ai mercati, sia per l'acquisto che per la vendita dei prodotti. Il risultato è che i prodotti freschi possono accumularsi rimanendo invenduti, con conseguenti perdite alimentari e perdite di reddito per chi li coltiva. In Guinea Bissau, in Africa equatoriale, in questo periodo gli agricoltori sono impegnati nella vendita dell’anacardo, da cui dipende gran parte del reddito familiare per l’anno a venire. Giovanni Maucieri, rappresentante dell’associazione LVIA in Guinea Bissau, racconta: «Le forti limitazioni ai movimenti, agli assembramenti ed alle attività economiche previste dal governo come misure di contenimento, comportano anche un minor accesso al cibo per la popolazione. I mercati sono chiusi e il cibo nei villaggi inizia a scarseggiare. Inoltre, in Guinea Bissau questo è il periodo della campagna dell’anacardo, che ormai sta saltando del tutto. La compravendita di anacardo per la maggior parte della popolazione della Guinea Bissau è un’attività primaria, che permette di mettere da parte un po’ di denaro per l’anno successivo. Le limitazioni alla circolazione di beni e persone e, conseguentemente, alle attività economiche, hanno ripercussioni sulla stabilità economica delle famiglie, che dispongono di scarse scorte finanziarie e alimentari».
Il problema è doppiamente rilevante per molti paesi dove l'approvvigionamento alimentare è già minacciato dal flagello delle locuste, i cui sciami hanno mangiato e distrutto i raccolti.
Ampliando lo sguardo anche a paesi più ricchi, un altro aspetto da considerare è che le filiere di approvvigionamento di determinati prodotti alimentari sono state fortemente limitate. Pensiamo ai braccianti agricoli che scarseggiano in tutta Europa (solo in Italia mancano 370mila braccianti per la raccolta della frutta in questa stagione). Il Capo Economista della Food and Agricultural Organisation delle Nazioni Unite (FAO) Maximo Torero Cullen affronta queste questioni delineando un piano di lavoro. Afferma: «Garantire la sicurezza dei lavoratori del sistema alimentare è fondamentale, è necessario garantire misure sanitarie sul posto di lavoro, congedi per malattia, istruzioni per il distanziamento sociale. Più di un quarto del lavoro agricolo mondiale è svolto da migranti, quindi per evitare la carenza di manodopera andrebbero accelerate le pratiche sui visti».
Il rischio di un aggravarsi della crisi alimentare esiste, ma esistono anche molte misure che possono essere adottate per ridurlo. Per la FAO, la priorità sono quelle di migliorare l'assistenza alimentare d'emergenza e di rafforzare le reti di sicurezza per le popolazioni vulnerabili. In Kenya anche il nostro editore, Fondazione Fontana, con il sostegno del Saint Martin CSA, L’Arche Kenya e Talitha Kum, ci sta provando attraverso una campagna di raccolta fondi per aiutare 230 famiglie che vivono situazioni di particolare necessità.
Lia Curcio

Sono da sempre interessata alle questioni globali, amo viaggiare e conoscere culture diverse, mi appassionano le persone e le loro storie di vita in Italia e nel mondo. Parallelamente, mi occupo di progettazione in ambito educativo, interculturale e di sviluppo umano. Credo che i media abbiano una grande responsabilità culturale nel fare informazione e per questo ho scelto Unimondo: mi piacerebbe instillare curiosità, intuizioni e domande oltre il racconto, spesso stereotipato, del mondo di oggi.