Cartografia della fame nel Sahel/ 2

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In seguito all’articolo pubblicato il 22 novembre su Unimondopresentiamo ora i dati aggiornati sulla situazione alimentare in Senegal.

Riprendendo quanto già detto nella pubblicazione precedente, ogni anno il SECNSA del Senegal (il consiglio nazionale per la sicurezza alimentare), produce una carta geografica che illustra, con 5 fasce di rischio (da nullo a carestia), il livello di esposizione alla malnutrizione (disponibilità e accesso ai prodotti alimentari), e questo in contemporanea con gli altri paesi saheliani.

Andando al dunque, la pubblicazione di dicembre 2019, validata dal CILSS (il comitato permanente interstatale per il controllo della siccità nel Sahel) mostra i dati aggiornati a fine 2019 e propone una stima sulla probabile evoluzione per il periodo giugno-agosto 2020, momento dell’anno più critico in assoluto in quanto la stagione delle piogge (e quindi l’inizio della produzione agricola) deve ancora arrivare e le scorte alimentari sono al limite.

Cosa mostrano i risultati? Allo stato attuale si vede come le zone più vulnerabili siano concentrate al nord, nel cosiddetto Ferlo, immensa pianura semi-desertica e classificata in fascia gialla, nella quale rientrano le famiglie con un consumo alimentare minimo (mappa 1). In totale, le persone che sono esposte alla malnutrizione e che, oggi, dovrebbero essere assistite, risultano essere 360.000.

Nella previsione 2020 (mappa 2) i dati raddoppiano e i dipartimenti di Podor e Salémata diventano arancioni, rientrando quindi nella fascia “crisi” alla quale corrisponde la definizione: “le famiglie soffrono di deficit alimentari e i tassi di malnutrizione sono superiori al normale”. 

In poche parole, se non si farà nulla, fra pochi mesi nel paese 723.000 persone avranno fame.

Queste le informazioni su carta. Qual è la voce del territorio? 

Attualmente non solo i dipartimenti citati sopra ma anche la vasta regione di Matam, confinante a nord con la Mauritania, è in piena crisi idrica: la stagione delle piogge quest’anno è iniziata con un ritardo di due mesi rispetto alla media annua e il deficit pluviometrico sta costringendo la popolazione locale, principalmente allevatori di etnia “peul”, a esodi interni o verso i paesi limitrofi per spostare il bestiame in cerca di foraggio. 

Il Ferlo è già tutto secco, è savana, è caldo, è fatica. Ed è solo inizio dicembre. 

In Senegal il periodo della transumanza parte normalmente tra gennaio e febbraio, ma siamo a dicembre e le comunità devono già organizzarsi per una migrazione che durerà mesi. In marcia, spesso con tutta la famiglia al seguito, per evitare che gli animali muoiano di fame e sete. Per le strade di Ndioum si incontrano mandrie di buoi accompagnate dai loro pastori, alcuni provenienti anche dalla Mauritania.

Probabimente, i dati pubblicati dagli organi federali rischiano di essere sottostimati. 

Tuttavia, quali che siano le cifre, ciò che rimane una certezza è la vulnerabilità di queste zone, dove per tirare su qualche soldo si vendono bacche selvatiche o legna da ardere. Qua i bambini fanno chilometri di strada a piedi, ogni giorno, per recarsi a scuola e le donne si mettono in marcia con i primi raggi del sole per andare in cerca di acqua

Questa non è una realtà isolata: queste regioni sono enormi, come enorme è la fetta di popolazione che in tutto il Sahel vive in tali condizioni.

Lucia Michelini

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