Brasile: incendi e bugie sulla pelle indigena

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Foto: Unsplash.com

Mentre il presidente brasiliano Jair Bolsonaro martedì 22 settembre, alla 75a Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha accusato i popoli indigeni del Paese di essere i veri responsabili degli incendi e dalla conseguente deforestazione dell'Amazzonia, il biotopo umido del Pantanal sta vivendo la peggiore crisi degli ultimi decenni. Una grave siccità aggravata dal cambiamento climatico e gli incendi provocati in realtà dai grandi proprietari terrieri (che i popoli indigeni cercano da sempre e spesso invano di contrastare), stanno attualmente minacciando una delle più grandi zone umide interne della terra. Il Pantanal è un biotopo protetto ricco di biodiversità e dal 2000 è patrimonio naturale dell’umanità dell’Unesco. Il popolo Guató vive da sempre in questa area geografica ed è uno degli ultimi rappresentanti dei popoli della canoa. In queste settimane, mentre circa 80 famiglie appartenenti a questo popolo sono minacciate dagli incendi della terra indigena Baía dos Guató e altre 35 famiglie del popolo Bororo nel territorio indigeno del Perigara hanno perso 8.100 ettari di terra negli incendi (più del 75% della loro terra), anche il territorio indigeno di Tereza Cristina ha ceduto alle fiamme il 12% dei suoi 3.300 ettari.  

Le popolazioni indigene colpite hanno perso con la foresta la casa, il cibo e le medicine naturali, che sono da sempre la loro principale forma di sostentamentoI Guató, in particolare, temono che i pesci possano morire a causa dell’inquinamento dei fiumi se gli incendi dovessero continuare anche durante la stagione delle inondazioni. Secondo il Burn Monitor dell’Instituto Centro de Vida (Icv), che controlla il numero di incendi nel Mato Grosso grazie al Global Fire Emissions Database della NASA e al National Institute for Space Research (Inpe), “l’area distrutta continuerà a crescere fino alla fine della stagione secca. I dati mostrano 148 incendi nelle aree indigene del Pantanal da gennaio ad agosto di quest'anno. Di questi, l’81% è stato osservato in agosto” quando i venti forti hanno aumentato il rischio di propagazione degli incendi. Nel 2019 c’erano stati cinque incendi tra il 1 gennaio e il 10 settembre, e nessuno nel 2018, mentre nel 2020 si contano già 12.703 incendi nel solo Pantanal, che ha già perso circa il 15% della sua superficie a causa delle fiamme. Si tratta di oltre 2,3 milioni di ettari andati letteralmente in fumo, l’emergenza più grande da quando l’Inpe ha iniziato il monitoraggio della foresta amazzonica nel 1998.

L’Associazione dei popoli indigeni del Brasile (Apib) ha accusato Bolsonaro di “usare la menzogna come politica di governo”. Per l’associazione brasiliana il Presidente “attua una sistematica distorsione della realtà per vendere una falsa immagine del Brasile”. Un atteggiamento che Bolsonaro attua anche nei confronti della pandemia di coronavirus che ha pesantemente colpito le popolazioni indigene. “Ci sono già state 709 infezioni solo nella regione abitata dagli Yanomami. In totale sono state rilevate 33.226 infezioni presso 158 popolazioni indigene, e più di 800 indigeni sono morti” ha spiegato l’Apib. Bolsonaro, che ha sempre minimizzato il virus e la pandemia, ha impedito attivamente agli Stati brasiliani di fare qualcosa mentre accusava i singoli Stati, la magistratura, i media e i popoli indigeni, di essere i veri responsabili della crisi. Come se non bastasse, lo avevamo ricordato nei mesi scorsi, con l’operazione militare Chamada de Verde Brasil 2, iniziata l’11 maggio grazie a un decreto del Governo,  sono stati messi sotto controllo dell’esercito l’Instituto Brasileiro de Meio Ambiente e dos Recursos Naturais Renováveis (Ibama) e l’Instituto Chico Mendes de Conservação da Biodiversidade (ICMBio). Come mai? Dopo che le agenzie ambientali brasiliane hanno subito con Bolsonaro una drastica riduzione del personale e del budget, con un forte impatto sulle loro operazioni di ispezione, ora hanno perso anche qualsiasi autonomia di azione nella lotta contro la deforestazione.

Ma non solo! Individuato dal Governo come la via più veloce per risolvere i problemi ambientali, l’intervento dell’esercito si è dimostrato inconcludente fin dal primo mese e, nonostante ciò, il suo mandato è durato fino a fine luglio. L’obiettivo sbandierato da Bolsonaro di “tutelare con la forza” le risorse della foresta amazzonica, non è stato raggiunto, anzi, al pari dell'emergenza per il Covid-19, per Greenpeace Brasil, “Dopo mesi di governo indifferente alla corrosione degli organismi di ispezione ambientale e al crimine forestale, la reazione di inviare le forze armate in Amazzonia in risposta ai più alti tassi di deforestazione negli ultimi anni sembra essere nient’altro che una grande sceneggiata". Anche per questo nelle scorse settimane l’Associazione per i Popoli Minacciati (Apm) ha stigmatizzato le menzogne pronunciate da Bolsonaro all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Per l’Apm “Nel suo discorso il presidente esponente dell'estrema destra brasiliana ha accusato gli indigeni del Paese di essere i responsabili degli incendi in Amazzonia e nel Pantanal. Ha affermato che il suo governo ha introdotto una politica di tolleranza zeronei confronti dei crimini ambientali e ha fatto tutto il possibile per combattere la crisi dovuta al Coronavirus. Le affermazioni di Bolsonaro sono ovviamente false”. 

I dati di Icv e Inpe mostrano, infatti, che oltre il 54% degli incendi boschivi in Amazzonia sono dovuti alla deforestazione illegale pianificata dai grandi proprietari terrieri costantemente alla ricerca di nuovi prati per il pascolo del bestiame e la coltivazione della soia. Secondo l’Istituto di ricerca ambientale in Amazzonia (Ipam) l’anno scorso solo il 7% degli incendi sono iniziati su terreni indigeni, mentre il 52% degli incendi sono scoppiati su terreni che sono stati successivamente utilizzati da grandi e medie aziende agricole. “Contrariamente a quanto sostiene Bolsonaro, le sanzioni per le violazioni ambientali sono in calo: solo nel Pantanal sono diminuite del 48% rispetto all'anno scorso. L’affermazione di Bolsonaro che la foresta pluviale non può bruciare perché è bagnata è semplicemente ridicola poiché gli incendi boschivi avvengono proprio lì” ha spiegato l’Apm. E pensare che anche in Italia c’è chi prova a imitare le politiche di Jair Bolsonaro

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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