Aria pulita per tutti!

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Foto: Unsplash.com

Il 7 settembre scorso, per la prima volta, il mondo ha celebrato l’International Day of Clean Air for blue skies una giornata organizzata dall’United Nation environment programme (Unep) e dedicata quest’anno al “Clean Air for All” – “Aria pulita per tutti”.   Un’iniziativa che per l’Unep deve ricordarci che “L’inquinamento atmosferico è oggi la più grande minaccia ambientale per la salute, ma si può prevenireAbbiamo le soluzioni e la tecnologia per cambiare tutto questo. Per migliorare la nostra qualità dell’aria abbiamo bisogno che tutti collaborino. Dai singoli cittadini alle aziende private ai governi. L’inquinamento atmosferico non deve far parte del nostro futuro. Un’aria più pulita ci renderà più sani, proteggerà la natura e aiuterà a raggiungere gli obiettivi globali in materia di cambiamento climatico”. Presentando l’iniziativa, la direttrice esecutiva dell’Unep Inger Andersen, ha ricordato che “Per molti di noi, il 2020 ha significato un lockdown, con solo uno sguardo dato al cielo attraverso una finestra o una breve passeggiata. Questi cieli potrebbero esserci sembrati più chiari e più blu di prima a causa del calo dell’inquinamento atmosferico. Ma i lockdown economici non sono il modo migliore per costruire un mondo più sano”. 

Che fare? Per la Andersen è il momento di “Aumentare la cooperazione internazionale per i dati e la ricerca sulla qualità dell’aria, sviluppare nuove tecnologie e condividere tra di noi ciò che funziona”. Una strategia condivisa anche dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) che ci ricorda che “In situazioni estreme, gli esseri umani possono passare fino a tre settimane senza cibo e circa tre giorni senza acqua. Ma pochi possono sopravvivere più di tre minuti senza aria. E mentre gran parte della nostra attenzione quotidiana è diretta a ciò che mangiamo o beviamo, non pensiamo quasi mai all’aria che respiriamo. Eppure è probabilmente l’elemento più importante. Ma poiché è sempre presente e molto spesso invisibile, lo diamo per scontato. Eppure oggi 9 persone su 10 respirano aria con livelli pericolosi di inquinamento atmosferico e per questo l’inquinamento ha ottenuto il soprannome di uno spaventoso thriller di fantascienza: l’assassino invisibile”.

Gli italiani dovrebbero essere tra gli europei più preoccupati per questo “assassini invisibile”. Secondo l’ultimo Air quality in Europe — 2019 report dell’European environment agency (Eea), infatti, rispetto ai valori limite dell’Unione europea, “Nel 2017 le concentrazioni di polveri sottili erano troppo elevate in sette Stati membri dell’Ue: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Slovacchia e Italia”. In questi stati la scarsa qualità dell’aria continua a danneggiare la salute della popolazione, specialmente nelle aree urbane, con il particolato (PM), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono a livello del suolo (O3) capaci di arrecare gravi danni alla salute. Secondo i dati dell’Eea da solo, il particolato fine (PM2,5) “ha causato circa 412.000 morti premature in 41 paesi europei nel 2016. Circa 374.000 di questi decessi si sono verificati nell’Unione europea (Ue). L’Italia è il primo paese in Europa per morti premature da biossido di azoto (NO2) con circa 14.600 vittime all’anno e ha il numero più alto di decessi per ozono (3.000) e il secondo per il particolato fine PM2,5 (58.600)”.

Sempre secondo l’Eea e il rapporto uscito lo scorso mese “Healthy environment, healthy lives: how the environment influences health  and well-being in Europe” “gli ambienti con una scarsa qualità dell’aria contribuiscono al 13% (uno su otto) dei decessi in Europa”. In altre parole, guardando ai dati della World Health Organization (Who), 630mila morti l’anno nei 28 Paesi membri dell'Unione sembrano attribuibili a cause ambientali. Dal rapporto emerge chiaramente come una percentuale significativa del fardello di malattie che grava sull’Europa continua ad essere dovuta all’inquinamento ambientale derivante dall’attività antropica e in questo quadro le città europee sono particolarmente vulnerabili a questa minaccia, avendo anche un minore accesso agli spazi verdi e blu. Per l’Eea, inoltre, “le comunità povere sono spesso più esposte a livelli più elevati di inquinamento e rumore e ad alte temperature, mentre le condizioni di salute preesistenti aumentano la vulnerabilità ai rischi ambientali per la salute”, per questo sono urgenti misure mirate per migliorare le condizioni ambientali per i più vulnerabili in Europa. Queste persone sono esposte a molteplici rischi che si combinano e in alcuni casi agiscono all’unisono, con un impatto devastante sulla salute.  

La ricerca dell'Eea ha cercato di capire anche i collegamenti tra l’attuale pandemia di Covid-19 e le dimensioni ambientali. Si pensa che il virus del Covid-19 abbia fatto un “salto di specie” dagli animali all’uomo, un risultato in buona parte dovuto alla pressione che i nostri consumi hanno sui sistemi naturali. Per questo per affrontare i rischi ambientali, è necessario un approccio integrato alle politiche ambientali e sanitarie: "una natura sana è un meccanismo chiave per garantire la salute pubblica, ridurre le malattie e promuovere la buona salute e il benessere, una tripla vittoria per la salute, la società e l’ambiente". Secondo Stella Kyriakides, commissaria europea per la salute e la sicurezza alimentare, “il Covid-19 è stato un ulteriore campanello d’allarme, rendendoci profondamente consapevoli della relazione tra i nostri ecosistemi e la nostra salute e la necessità di affrontare i fatti: il modo in cui viviamo, consumiamo e produciamo è dannoso per il clima e ha un impatto negativo sulla nostra salute. Dalla nostra strategia Farm to Fork per un’alimentazione sana e sostenibile al futuro piano europeo contro il cancro, abbiamo assunto un forte impegno per proteggere la salute dei nostri cittadini e del nostro pianeta”.

In questo senso l’European Greeen Deal rappresenta un cambiamento di direzione fondamentale nell’agenda politica europea e definisce una strategia sostenibile e inclusiva per migliorare la salute delle persone, la qualità della vita, per prendersi cura della natura e non lasciare indietro nessuno. Ci riusciremo?

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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