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Sull’immigrazione buone notizie dalla Grecia
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Nonostante debba affrontare una crisi sociale ed economica senza precedenti e ancora densa di incognite, il governo greco, a guida socialista dopo le elezioni dell’ottobre 2009, ha varato una nuova legge sull’immigrazione che pone una svolta rispetto agli standard ellenici spesso stigmatizzati dalle agenzie umanitarie come rigidi e violenti. Le novità più importanti riguardano i tempi e i modi per avere la cittadinanza con il passaggio dallo jus sanguinis allo jus soli e la possibilità per gli stranieri residenti di partecipare alle elezioni amministrative. Tutto come richiesto dalle Acli a Perugia.
“All’arrivo, prima ancora di giungere al centro, fummo accolti dalle grida di oltre 700 uomini, donne e bambini che da dietro le sbarre urlavano ‘libertà, libertà’… Entrammo. Il fetore era insopportabile, i materassi erano a terra bagnati dai liquidi spassi sui pavimenti, i due bagni erano otturati e senza porta e l’unica doccia era rotta. Continuammo la visita e nel padiglione accanto trovammo almeno 150 ragazzini senza genitori, stipati in un'altra stanza, aggrappati alle sbarre e sorvegliati da poliziotti in guanti di lattice e mascherina”. Questa la descrizione che Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’UNHCR, faceva in un suo recente libro della visita effettuata nell’ottobre 2009 al centro di detenzione per immigrati di Pagani, piccola località nell’isola greca di Lesbo.
Fino a poco tempo fa la Grecia era il paese d’Europa più rigido e severo verso l’immigrazione: aveva il triste primato del più basso numero di rifugiati accolti, mentre la polizia greca collezionava denuncie di maltrattamenti e pestaggi, come stigmatizzato dalle associazioni internazionali per i diritti umani. L’isola di Lesbo è l’ingresso da oriente dell’immigrazione proveniente dall’Asia centrale (soprattutto Afghanistan) mentre il porto di Patrasso (ora blindato) è il passaggio per arrivare in Italia. La Grecia quindi è uno dei principali punti di sbarco e di transito delle migrazioni verso l’Europa (si stima che passi il 30% del flusso) ma anche un paese di residenza, tanto che gli stranieri hanno raggiunto il milione, quasi un decimo della popolazione ellenica. Ma qualcosa negli ultimi mesi è cambiato.
Dalla Grecia non arrivano soltanto notizie allarmanti relative alla crisi economica, allo sfascio dei conti pubblici, allo spettro del default capace di far tremare l’intera Europa. Possiamo incontrare anche quelle novità positive e quelle proposte legislative lungimiranti che non ti aspetti di trovare in un paese più volte sull’orlo della bancarotta. Ci riferiamo alle nuove norme sull’immigrazione che il governo socialista, uscito vincitore dalle elezioni esattamente un anno fa nell’ottobre 2009, ha varato pochi mesi dopo il suo insediamento, nonostante tutti i sondaggi dicano che la popolazione vorrebbe leggi ancora più severe. Intanto, su sollecitazione dell’ONU, il governo di George Papandreou ha riformato il sistema di concessione dell’asilo politico e chiuso il carcere di Pagani.
Secondo la nuova legge per gli immigrati di prima generazione, arrivati già adulti nel territorio greco, basterà essere in possesso del permesso per soggiornanti di lungo periodo, che si ottiene dopo 5-7 anni (la vecchia “carta di soggiorno” italiana), sostenere un esame di lingua, non avere pendenze penali e pagare un contributo di 700 euro per fare la richiesta al fine di ottenere la cittadinanza. Per i figli degli immigrati nati in Grecia, la cosiddetta seconda generazione, la strada è invece spianata: occorre semplicemente domandare la cittadinanza per averla quasi automaticamente, è sufficiente che uno dei due genitori sia residente stabilmente. La normativa precedente disponeva invece che servissero dieci anni di permanenza nel paese per inoltrare una richiesta di cittadinanza che però poteva essere rigettata dal Ministero degli interni senza alcuna motivazione.
Si passa così dallo ius sanguinis (il diritto del sangue: si è cittadini se si è nati da almeno un genitore cittadino) allo ius soli (il diritto del suolo: si è cittadini se si è nati nel territorio dello Stato oppure, come nel caso greco, se si frequenta la scuola per alcuni anni). Infatti il figlio di stranieri nato all'estero potrà chiedere la naturalizzazione ellenica dopo aver completato la scuola primaria, oppure sei anni di scuola. Occorre ricordare che pochissimi paesi europei conservano ancora nel loro ordinamento il diritto del sangue ma applicano un diritto misto che varia molto da Stato a Stato. L’Italia ha una delle legislazioni più severe, nonostante si levino molte voci per chiedere un cambiamento.
Appena l’anno scorso in Grecia una norma aveva aumentato a dodici mesi il tempo massimo per la detenzione dei clandestini nei “centri di raccolta”. Ma la novità più interessante è quella sul diritto di voto. Dopo cinque anni di soggiorno legale gli stranieri possono godere dell’elettorato attivo e passivo per le amministrazioni comunali. Queste richieste erano state avanzate dalle Acli al 42° Incontro di Studi delle Acli a Perugia in presenza del presidente della camera.
Si tratta di segnali in controtendenza rispetto a un’Europa che tende inesorabilmente a chiudersi a riccio vinta dalla paura e dalla crisi economica. Che proprio un paese come la Grecia, investita da problematiche sociali e finanziarie senza precedenti, segnata da scioperi e gravi episodi di violenza, voglia pensare al futuro in rapporto all’immigrazione è sicuramente una lezione positiva. I problemi non mancano, la polizia greca non cambierà dall’oggi al domani, ma il passo del governo di Papandreou va nella direzione giusta.
Piergiorgio Cattani
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