L’infinita crisi del Belgio

Stampa

Mentre nei titoli di apertura dei giornali in Europa tengono banco i cosiddetti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna: i paesi messi peggio come finanze pubbliche in seguito alla crisi economica) e nel Regno unito va in scena il primo governo di coalizione dal dopoguerra e entra in parlamento la prima deputata dei Verdi (e anche tre parlamentari donne di religione islamica), si parla troppo poco di un altro paese che vive da anni in una crisi di sistema in grado di minarne l’esistenza stessa. Stiamo parlando del Belgio, uno dei fondatori dell'Europa unita, simbolo della possibilità della concordia tra diversi. Il Belgio, un tempo modello di convivenza per l'intero continente europeo, è oggi dilaniato da scontri interni, da ondate di nazionalismo, meglio di regionalismo, che aumentano la forza dei partiti di estrema destra e sovente si congiungono con una politica di chiusura verso gli immigrati. Insomma il destino di questo piccolo paese può essere quello di tutta l'Europa.

Ricordiamo che il Belgio nasce da un matrimonio forzato avvenuto nel 1830 tra le Fiandre, popolate da fiamminghi che parlano olandese, e la Vallonia, una regione francofona che fino a qualche tempo fa manteneva le leve del potere. Se esistono anche delle enclave in cui lingua e tradizioni sono tedesche, nel cuore del paese c’è la regione di Bruxelles, un tempo fiamminga e ora mistilingue, che si trova al centro delle ultime contese. La parte legata alla Francia, quella della Vallonia, fino agli anni 60, grazie alle risorse minerarie del sottosuolo e soprattutto alle ricchezze della colonia africana del Congo (il Congo belga nacque ai primi del novecento come "proprietà personale" di re Leopoldo e fu una delle più crudeli e predatorie esperienze di colonialismo), egemonizzava la gestione del regno, spesso non curandosi delle istanze dei “fratelli” fiamminghi. Si giunse a una normalizzazione di fatto in cui però prevaleva sempre la comunità francofona, avendo il diritto di veto su tutte le decisioni dello Stato.

Quando l’industria siderurgica è entrata in una crisi irreversibile le parti si sono invertite con le più popolose Fiandre a trainare l’economia: nel 2007 il pil della regione è la metà di quello del Belgio intero e il doppio di quello della Vallonia e di Bruxelles, una circostanza che ha acceso la voglia di rivalsa fiamminga. Con la revisione costituzionale del 1994 il Belgio è uno Stato federale dalla complessa architettura istituzionale: ci sono tre regioni (Fiandre, Vallonia, Bruxelles con tre parlamenti) e tre comunità (fiamminga, francofona e tedesca con due parlamenti perché nelle Fiandre regione e Comunità coincidono) che dispongono delle principali competenze statali, compresa quella dell'amministrazione della giustizia. La divisione del Paese è rigidissima lungo i confini linguistici, basti pensare che i feriti del gravissimo incidente ferroviario del 15 febbraio 2010 furono portati in ospedali diversi a seconda della nazionalità. E questo avviene non tra israeliani e palestinesi ma nella civilissima Europa che dovrebbe esportare un modello di concordia nella diversità.

Gli ultimi 3 anni sono passati all’insegna della paralisi politica. Nelle elezioni del 2007, vinte dai cristiano-democratici a discapito dei socialisti, il partito di estrema destra fiammingo Vlaams Belang, già messo fuori legge 5 anni prima, otteneva il 12% a livello nazionale ma ben il 21% nelle Fiandre e il 30% in una città come Anversa. Dopo 9 mesi di trattative divenne primo ministro il centrista vallone Yves Leterme che si dimetteva alcuni mesi dopo sostituito da Herman Van Rompuy. L’uscita di scena di quest’ultimo, divenuto inopinatamente presidente del Consiglio Europeo nel dicembre 2009, segna un nuovo sfortunato ritorno di Leterme questa volta solamente per 4 mesi. Il 22 aprile, tra i cori da stadio e le bandiere degli indipendentisti fiamminghi, il Parlamento si trasformava in una babele di ripicche, incapace di pensare al futuro: più nulla sembra legare le due comunità e solamente la discussa legge anti-burqa viene approvata quasi all’unanimità da un ramo del parlamento. Il 16 giugno si voterà ancora una volta, mentre a luglio il paese assumerà per un semestre la guida dell'Unione europea.

L’oggetto della contesa che porta allo scontro tra le due comunità linguistiche è il distretto di Bruxelles (Bhv), popolato in maggioranza da fiamminghi anche se i valloni godono diritti speciali. La situazione è tanto tesa che, a poca distanza dalle stanze in cui si dovrebbe costruire l'Europa unita, i sindaci fiamminghi arrivano a dare la licenza edilizia solamente a chi parla olandese, per impedire ai francofoni di colonizzare anche una zona storicamente appannaggio dell'altra comunità.

In questi anni si sono susseguite manifestazioni, invero poco partecipate, in favore dell’unità del paese: sono soprattutto i giovani a non comprendere le ragioni di una separazione. Ma la coscienza collettiva sembra troppo debole per vincere le sirene dell’identità a tutti i costi.

Piergiorgio Cattani

 

Articoli precedenti dello stesso autore:

Ultime notizie

Stretching Our Limits

06 Settembre 2025
Torna Stretching Our Limits, l’iniziativa di Fondazione Fontana a sostegno delle attività de L’Arche Kenya e del Saint Martin.

Il punto - Il balletto delle "alleanze fragili"

05 Settembre 2025
Nel balletto delle “alleanze fragili”, una partita fondamentale la sta giocando il genocidio a Gaza. (Raffaele Crocco)

Dossier/ Materie prime critiche (2)

03 Settembre 2025
L'estrazione dei minerali critici per la transizione energetica genera tensioni in tutto il mondo. (Rita Cantalino)

Una grammatica sociale

01 Settembre 2025
Questo mese nel podcast ALTRO MODO parliamo del progetto Strade Maestre, un esperimento formativo in cui il percorso scolastico si svolge in cammino. (Michele Simeone)

Lavori in corso per il nuovo sito!

31 Agosto 2025
Stiamo lavorando per voi (e per noi). Stiamo lavorando ad un nuovo sito...

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad