Le foreste europee catturano poca anidride carbonica

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Foto: A. Graziadei

Tra il 1990 e il 2022 le foreste europee hanno assorbito circa il 10% delle emissioni di carbonio legate alle attività umane, attraverso un processo noto come carbon sink (serbatoio di carbonio) e fondamentale per la riduzione della CO₂ atmosferica. Per guidare l’Europa verso la neutralità climatica, dunque, sarà sempre più importante tutelare e ampliare il nostro comune patrimonio di risorse forestali, che oggi rappresentano 40% del territorio dell’Unione Europea. Purtroppo, secondo lo studio pubblicato a fine luglio su Nature e dal titolo “Securing the forest carbon sink for the European Union's climate ambition”, molte evidenze scientifiche segnalano una riduzione di questo meccanismo naturale: “Le foreste europee stanno catturando meno anidride carbonica, un fenomeno che potrebbe compromettere gli obiettivi climatici fissati dall’Unione europea e che richiede interventi urgenti per invertire la tendenza”. Lo studio, coordinato dal Joint Research Centre dell’Unione, di cui è coautore Giovanni Forzieri, professore in Sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell'Università di Firenze ha analizzato il declino del carbon sink forestale, identificandone le cause e delineando le priorità di ricerca per migliorare il monitoraggio e la modellazione delle foreste. 

Per Forzieri “I dati più recenti dell’Agenzia Europea dell’Ambiente indicano che il carbon sink forestale medio tra il 2020 e il 2022 è diminuito di circa il 27% rispetto al periodo 2010-2014”. Le previsioni questo 2025 mostrano un quadro ancora più preoccupante, che rischia di allontanare l’Unione dal traguardo di 42 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti di rimozioni nette aggiuntive entro il 2030, stabilito dal Regolamento 2018/841 sull’uso e il cambiamento di uso del suolo e la silvicoltura. “Il fenomeno - ha spiegato sempre Forzieri - è dovuto a diversi fattori: l’aumento dei prelievi di legname, la maggiore frequenza di ondate di calore e siccità dovute ai cambiamenti climatici, oltre all’intensificarsi di incendi, tempeste e infestazioni di insetti. Tutti questi elementi riducono la crescita degli alberi, ne aumentano la mortalità e mettono sotto stress le foreste europee”. Che fare? Per affrontare il problema, lo studio propone di agire su più fronti, ma principalmente occorre ridurre le emissioni di gas serra, ripensare i regimi di taglio e promuovere una gestione forestale che renda i boschi più resilienti agli eventi estremi e alle nuove condizioni climatiche. Come? Occorre investire in strumenti di monitoraggio più tempestivi e capaci di estrapolare dati affidabili sulla salute delle foreste e sui flussi di carbonio, misurazioni indispensabili per poi definire politiche efficaci e azioni pratiche in grado di ripristinare il serbatoio di carbonio e rafforzare la capacità di adattamento delle foreste. 

Secondo gli autori dello studio è fondamentale anticipare le possibili conseguenze negative delle soluzioni basate sulla natura. Ad esempio, vanno analizzati i possibili rischi, per i cicli idrici locali, collegati alla piantumazione di alberi su aree che in origine erano praterie, campi o zone aride, trasformandole così in aree forestali. Vanno inoltre integrati i modelli di crescita forestale con quelli socio-economici per comprendere come i prodotti derivati dalla raccolta influiscano sul bilancio del carbonio. In questo contesto regolamenti aggiornati, incentivi alle pratiche sostenibili e una forte integrazione tra politiche climatiche e ambientali rappresentano le leve fondamentali per invertire la rotta. “Le foreste d’Europa possono ancora costituire un pilastro della neutralità climatica - ha concluso Forzieri - ma il tempo per agire si sta riducendo. Dobbiamo farlo adesso”, perché una gestione forestale più attenta, accompagnata da strumenti di osservazione avanzati, è fondamentale per comprendere meglio la capacità di assorbimento del carbonio, aumentare la resilienza degli ecosistemi e orientare politiche efficaci per proteggere questa risorsa vitale che in Europa si sta sensibilmente riducendo anche a causa degli incendi boschivi. 

Secondo un approfondito documento realizzato sempre lo scorso luglio da Wwf, Birdlife e Lipu proprio “Gli incendi boschivi sono una preoccupazione crescente in Europa, in particolare quella meridionale: la sola lotta antincendio non è più sufficiente per affrontare il problema. I Paesi europei interessati dovrebbero quindi adottare un approccio olistico che integri la lotta antincendio con la prevenzione degli incendi catastrofici, attraverso pianificazione e gestione intelligenti del territorio che riducano il rischio di incendi, ottenendo al contempo vantaggi per la biodiversità e tutti i servizi ecosistemici”. Nel report viene sottolineato che oltre il 95% degli incendi boschivi in Europa sono causati direttamente o indirettamente da attività umane e per questo nell’affrontare il problema degli incendi “È ormai necessario un approccio alla prevenzione integrato alla pianificazione del territorio che si adatti alle specificità locali e regionali, adottando interventi di prevenzione su misura all'ecosistema”. I numerosi incendi sviluppatisi nei mesi estivi, che hanno provocato numerose vittime e che si sono verificati tra Portogallo e Turchia, passando per la Spagna, la Grecia, Cipro e il sud Italia, in particolare in Calabria, Sardegna, Puglia e Sicilia, provocando inestimabili danni ambientali a Caulonia (RC), Lago Salso (FG), Villasimius (CA) e Riserva dello Zingaro (TP), dovrebbero essere un serio monito per i decisori politici! 

Per questo le tre ong hanno invitato i governi europei a passare da un approccio focalizzato sulla gestione dell'emergenza a un approccio proattivo basato sulla prevenzione e gestione del territorio. Per le associazioni ambientaliste che hanno redatto il report l'Europa è ormai in piena crisi climatica, e sta per questo registrando un forte aumento della frequenza, dell'intensità e dell’estensione degli incendi boschivi. Solo negli ultimi due anni è andato in fumo oltre mezzo milione di ettari e quest'estate, in Europa, sono andati in fumo addirittura 1 milione di ettari di foresta. Questi incendi ogni anno rilasciano in atmosfera una quantità di carbonio pari a quella prodotta dall'intero settore dell'aviazione globale in quattro mesi, e causano una perdita economica stimata tra i 13 e i 21 miliardi di euro, una cifra che sarebbe sufficiente a ripristinare completamente ogni anno una superficie forestale vasta quasi quanto la Slovenia. Per Riccardo Gambini, responsabile delle politiche forestali e bioenergetiche di BirdLife, “La strategia europea in materia di incendi boschivi sta fallendo perché continua a investire denaro nella soppressione degli incendi invece di affrontare le cause alla radice. Le soluzioni basate sulla natura, come il ripristino degli ecosistemi e la gestione del territorio attenta al rischio di incendio boschivo, devono passare da marginali a tradizionali. I finanziamenti pubblici devono essere reindirizzati verso azioni preventive comprovate che rafforzino la resilienza sia del clima che del territorio”. Solo con gli investimenti giusti l'Europa può creare ecosistemi più sicuri e più resilienti in grado di sostenere sia la natura che le sue comunità. Lo farà?

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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