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Anche la Scozia ha rinunciato alla caccia alla volpe
Giustizia e criminalità
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Foto: Sunguk Kim da Unsplash.com
La loro dieta è per lo più composta di insetti e frutti. Ma si nutrono anche di piccoli uccelli o mammiferi. Come altri onnivori, dimostrano una grande intelligenza quando si tratta di stoccare riserve di cibo: se ne trovano in abbondanza, lo immagazzinano e non se ne cibano subito, ma ne tengono da parte una quota da utilizzare in futuro. Probabilmente, se l’uomo riempisse il mondo di immondizia e sparisse, loro sarebbero ancora qui, a cibarsi non solo dei rifiuti, ma anche dei ratti rimasti. Non rubano solo galline: mangiano quasi di tutto, dalla spazzatura al grano. Si arrampicano sugli alberi e possono nuotare. Vivono sulla terra, ma anche sui tetti o in buchi nel suolo, in genere senza scavarseli da sole, ma ingrandendo quelli di altri animali. Corrono veloci come la maggior parte dei cani. Ma sono molto più furbe: infatti servono una trentina di cani guidati da parecchi uomini per catturarne una. Anzi, servivano. Perché da pochi giorni, anche in Scozia, possiamo finalmente dire addio, dopo oltre 250 anni, a una delle più amate, popolari e crudeli tradizioni venatorie che ha visto questi splendidi animali, loro malgrado, protagonisti.
Parliamo delle volpi, e della fine della caccia che per secoli le ha perseguitate.
Quella della caccia alla volpe è un’usanza in voga da oltre due secoli che adesso, a seguito dell’entrata in vigore di una nuova legge, sembra debba essere, una volta per tutte, abbandonata. Dal 1771 la sanguinaria ricorrenza della Lanarkshire & Renfrewshire Hunt si è tenuta regolarmente fino all’ultima battuta, per lo più simbolica, avvenuta pochi giorni prima che fosse varata la Hunting with Dogs Bill, normativa secondo la quale ora “è vietato cacciare un mammifero selvatico con l’ausilio di cani, eccetto in limitate circostante. Si intende ora reato secondo la “Protection of Wild Mammals (Scotland) Act 2002”, entrata in vigore il 7 marzo scorso.
Costi troppo alti, forte urbanizzazione, sempre meno terre adatte – queste alcune delle motivazioni che gli organizzatori della manifestazione hanno addotto a fronte della rinuncia forzata a un’usanza che definiscono “la nostra eredità, che abbiamo continuato a riproporre per amore verso la nostra terra e verso i nostri cani”. Un’usanza che annoverava tra le sue ragioni d’essere anche il compito di proteggere dalle incursioni delle volpi sia il bestiame che gli uccelli che nidificano a terra, o ancora quello di prevenire la diffusione di malattie. Il provvedimento entrato in vigore viene però definito dagli animalisti scozzesi – e non solo – un passo importante nella giusta direzione, quella cioè di consegnare questo sport alla storia e chiudere l’era di uno degli eventi più controversi e dibattuti di sempre. Perché la tutela della fauna selvatica si può fare in altri modi, decisamente meno cruenti. Mentre anche per la volpe la maggior parte delle cause di morte è dovuta all’uomo: è vero, possono contrarre la scabbia o trovare predatori naturali. Ma spesso sono gli investimenti tra le maggiori cause di decessi, o le trappole. O addirittura le interferenze umane nelle cucciolate che, siano esse mosse da buone intenzioni come quelle di prendersi cura dei piccoli o da velleità di addomesticazione, provocano comunque conseguenze gravi e definitive: le madri si spaventano e abbandonano i cuccioli.
È dunque importante ricordare ancora una volta non solo che la caccia non è la sola e migliore strada per il controllo (o la protezione, a seconda dei punti di vista) della fauna selvatica, ma anche che gli animali, soprattutto i selvatici, tendenzialmente sanno arrangiarsi e lo sanno fare molto meglio di noi, e tutti i selvatici considerano l’uomo una minaccia e se possono lo evitano. Ogni incontro genera episodi pesanti di stress. Figuriamoci quando vengono cacciati: per le volpi, forse, almeno questo incubo avrà fine.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.