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La rabbia di Tirana
Corruzione e denuncia
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Foto: Unsplash.com
Nell’ultima settimana, Tirana (così come Durazzo e altre città) è stata teatro di dure proteste contro la polizia e il governo. A scatenarle è stata l’uccisione di Klodian Rasha, 25 anni, nella notte fra il 7 e l’8 dicembre. Il giovane si trovava per strada all’una di notte, nonostante il coprifuoco (dalle 22.00 alle 6.00) e, fermato della polizia, aveva provato a scappare. Uno dei poliziotti gli ha sparato, uccidendolo. L’agente ha poi affermato che gli era sembrato di avere visto un’arma nelle mani del ragazzo, ma invece il giovane sarebbe stato disarmato. Il presidente Edi Rama ha difeso l’operato della polizia, definendo l’uccisione di Rasha un episodio isolato e contestando l’accusa che la polizia albanese operi con brutalità. Il poliziotto è stato sospeso e, dopo il primo giorno di proteste, anche il Ministro dell’Interno ha presentato le dimissioni. Ma la rabbia della gente non si è placata.
Vandalismo e uso della forza nelle proteste
Durante i primi giorni di protesta ci sono stati numerosi atti vandalici (cassonetti e decorazioni natalizie incendiate) a cui la polizia ha risposto con manganellate, gas lacrimogeni e getti di acqua pressurizzata. Anche nei giorni successivi la polizia ha continuato ad usare la forza contro i manifestanti, sebbene la maggior parte della gente protestasse pacificamente. A destare particolare preoccupazione è il fatto che numerosi giovani, soprattutto minorenni, siano stati fermati e incarcerati. Con loro, sono stati illegalmente arrestati anche dei giornalisti in servizio. Si aggiunge un ulteriore fattore inquietante. Come denunciato da un articolo di Reporter.al, molti genitori sono ancora alla ricerca dei figli minorenni di cui non si ha traccia. I genitori non riescono a sapere in quale carcere siano detenuti i ragazzi e si sta quindi profilando una situazione di violazioni da parte delle autorità albanesi. Non solo i genitori, gli stessi avvocati difensori dei manifestanti hanno difficoltà ad accedere alle informazioni nei tribunali.
Il movimento Organizata Politike
Non lontano da Pazari i ri, il nuovo mercato di Tirana, c’è il Logu i Shkëndijës, un piccolo centro sociale che è sede della Organizata Politike. Lì è dove incontro Redi Muçi, 35 anni, professore universitario, attivista e fondatore del movimento di sinistra, nato in seguito alle proteste anti-governative del 2011 in cui rimasero uccisi 4 manifestanti. Anche l’attuale governo è di sinistra. «In teoria sì, ma di fatto è cambiato poco rispetto a quando governava Sali Berisha, che era di destra. Entrambe le parti politiche fanno parte di una élite basata su rapporti clientelari e corruzione. La nostra idea è che questa democrazia rappresentativa debba essere superata. Questo non significa che siamo favorevoli ad una democrazia diretta, cosa che per altro è impossibile, ma che la rappresentatività deve svilupparsi dal basso, deve nascere nelle periferie, nelle fabbriche, dai sindacali indipendenti. Vorremmo che la gente sia finalmente partecipe del processo decisionale e venga coinvolta, ad esempio, attraverso lo strumento del referendum.»
Un punto di vista sulle motivazioni dei manifestanti
Cosa sta succedendo a Tirana (e in altre città albanesi)? «Anche il nostro movimento ha preso parte alle proteste e quello che posso dire è che sono spontanee. Certo, ci saranno stati anche militanti del partito d’opposizione, ma non significa che le proteste siano “manovrate” dall’alto.» Questa infatti è l’accusa che il governo rivolge ai manifestanti. Redi aggiunge: «Dal mio punto di vista, il fatto che a partecipare alle proteste – anche in modo violento – siano persone molto giovani (compresi adolescenti fra i 13 e i 16 anni) è l’esplosione di una rabbia latente da troppo tempo. L’omicidio è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. I giovani sono arrabbiati e non ce la fanno più. La verità è che non si riesce ad immaginare un futuro in Albania, a meno che non si “conosca qualcuno” o si entri a far parte dei gruppi criminali che trafficano droga.
Già molti ragazzi sono andati all’estero (Italia, Germania, Belgio, Francia) e sono finiti a lavorare per i cartelli albanesi, vendendo e producendo marjuana, cocaina, eroina, ecc. Quante volte leggiamo di navi provenienti dai porti albanesi cariche di droga e che vengono sequestrate in Italia dalla guardia di finanza? I soldi sporchi poi tornano in Albania e, dato che non possono essere nascosti per sempre o messi in banca, vengono investiti diversamente, ad esempio, nell’edilizia. Basta guardarsi attorno!» Redi mi fa un cenno con la mano, indicando i palazzi che circondano il centro sociale. Tirana è una città-cantiere. Ovunque, ci sono palazzi in costruzione, strade dissestate dagli escavatori, gru e rumore di martelli pneumatici.
«Continuano a costruire appartamenti su appartamenti, non si sa nemmeno per chi. E pensare che, dopo il terremoto del 2019, ci sono ancora centinaia di persone senza casa. Ma chi può permettersele? I prezzi degli immobili sono altissimi. Non c’è nemmeno concorrenza, perché la necessità non è quella di vendere le case, ma di riciclare i soldi sporchi.»
Una fase di incertezza
Insomma, il governo di Edi Rama vive un momento non facile, soprattutto in considerazione delle prossime elezioni, che si terranno ad aprile 2021. Sembrano accumularsi diversi aspetti critici che riguardano il suo operato. Uno di questi è la gestione della pandemia. «Un coprifuoco notturno è inutile se si pensa che l’Albania fa molti meno tamponi rispetto ad altri Stati balcanici o che gli autobus strabordano di gente. Ma questo è frutto di una progressiva privatizzazione dei servizi pubblici, la cosiddetta PPP (public-private-partnership), il cui risultato è che, se vuoi ottenere un tampone in tempi ragionevoli, sei obbligato a rivolgerti ad un privato.» A proposito degli autobus, Muçi dice che, anche in questo caso, la situazione è il risultato della privatizzazione del trasporto pubblico. I trasporti sono affidati ad un’azienda privata che non ha il minimo interesse a far rispettare le misure di contrasto del Covid. «Questo è giocare con la salute delle persone. Eppure si stupiscono se la gente è disinformata, non usa le protezioni e invece che credere alla scienza, crede alle teorie negazioniste».
La questione europea
L’entrata in Unione Europea che l’Albania sta perseguendo da anni potrebbe dare qualche risposta ai cittadini? «Francamente, io non ci credo più. Sono troppi anni che questa situazione si sta trascinando. Vediamo qualche europarlamentare, qualche ambasciatore o qualche presidente europeo venire qui e dirci che sì, l’Albania ha fatto qualche passo avanti, ma manca sempre qualcosa per guadagnarsi l’Europa. A parte il fatto che nella percezione della gente, nella vita reale di tutti i giorni, i passi avanti non sono stati fatti.» Proprio a questo proposito, alcuni europarlamentari hanno firmato una dichiarazione con cui si invita il Consiglio d’Europa ad avviare i negoziati di adesione da parte di Albania e Macedonia del Nord. Nella dichiarazione, viene propri sottolineato il fatto che questa situazione di sospensione sta facendo perdere credibilità e potere all’Unione nei Balcani occidentali.
L’Albania descritta dall’attivista sembra molto diversa dalla reputazione che si è diffusa all’estero ultimamente: «Edi Rama usa un doppio standard comunicativo: con gli europei parla in un certo modo, con gli albanesi in un altro. Con gli albanesi si comporta come un leader arrogante e autoritario, motivo per il quale stiamo protestando. Vediamo gente venire dall’Europa che si serve di un sistema corrotto e clientelare, società offshore appartenenti a gente di cui non si può conoscere l’identità che ricevono appalti, comprano interi pezzi di società albanese. Il potere pubblico e il potere criminale sono mischiati, il primo lavora per favorire gli interessi del secondo. L’Unione Europea ci ha chiesto una riforma della giustizia, ma qui non si è mai visto, e temo che mai si vedrà, qualcosa come Mani Pulite nell’Italia del ’92.»
Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.