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I “Giochi di Putin” tra corruzione e diritti negati
Corruzione e denuncia
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Le Olimpiadi invernali di Sochi sono ormai imminenti ma la loro storia è già indelebilmente macchiata da una lunga lista di scandali e polemiche.
I problemi sono emersi sin dalla designazione di Sochi nel 2007. Inizialmente, le controversie hanno riguardato principalmente tre questioni: ambiente, economia, storia nazionale.
Gli ambientalisti hanno criticato i danni irreparabili che la costruzione degli spazi olimpici ha causato all’ambiente naturale unico della costa del Mar Nero. La città, già meta turistica balneare, è stata cementificata con la conseguente creazione di immense discariche nell’area circostante. Altre voci critiche hanno criticato gli enormi investimenti nella regione, dei quali beneficerebbero soprattutto investitori private e compagnie straniere; si è stimato che circa il 50% degli investimenti pubblici siano finiti in tangenti e corruzione. Boris Nemtsov, un politico locale legato all’opposizione ha spiegato che i costi iniziali sono quadruplicati per finire, in buona parte, nelle tasche di privati. Uno dei principali beneficiari dei Giochi sarebbe il presidente delle Ferrovie Russe, Vladimir Yakunin, aggiudicatosi l’appalto per la costruzione della strada più costosa del mondo, quella che da Sochi conduce alle piste di Krasnaya Polyana. Un altro dato quantomeno curioso riguarda la produzione delle torce olimpiche – che, peraltro, funzionano molto male – nell’abnorme quantità di 16 mila esemplari. Infine, gli abitanti autoctoni del Caucaso nord-occidentale, hanno criticato la scelta di Sochi in quanto evocative della più feroce battaglia nella storia della guerra russo-caucasica del XIX secolo nel quale il popolo circasso fu sterminato. Anche se queste polemiche hanno accompagnato i lavori per i Giochi negli anni, sono state marginalizzate nel dibattito pubblico nazionale.
Bisogna, infatti, considerare che a prescindere dalle discordanze, su una cosa tutte le parti del dibattito hanno concordato: i Giochi di Sochi sono un progetto personale di Vladimir Putin. Già nel 2007 Fatima Tlisova scriveva che “dalla copertura mediatica di Sochi 2014 si potrebbe avere l’impressione che l’intero Paese si sia unito nell’idolatrare il presidente Putin. I media di stato russi enfatizzano costantemente che solo grazie alla volontà di ferro di Putin il Comitato Olimpico Internazionale ha selezionato Sochi. Si potrebbe anche farsi l’impressione che in Russia non ci sia nessuno che non trovi infinito piacere nei Giochi di Sochi.” Le voci critiche nel dibattito sono state ignorate e i lavori per i Giochi hanno proceduto relativamente sereni fino agli ultimi mesi del 2013.
Recentemente, tuttavia, le polemiche riguardanti i Giochi hanno trovato una nuova arena di contestazione. NGO e media stranieri sono, infatti, riusciti a portare all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale la questione dei diritti umani, come riportato da Unimondo a inizio dicembre. A pochi giorni dall’inizio dei Giochi si è così incendiata la polemica internazionale. In questo senso si leggono le ultime mosse dello “Zar” Vladimir, prima fra tutte l’amnistia che ha visto uscire di galera l’ex magnate Khodorkovsky e le attiviste Pussy Riot. Un gesto sicuramente positivo, ma in pratica solo di facciata.
La prima critica ha investito il trattamento delle autorità russe rispetto ai diritti delle persone impegnate nella preparazione degli impianti. L’intero cantiere delle Olimpiadi è giudicato un enorme abuso ai danni della stessa popolazione russa. La denuncia è stata avanzata dal film israeliano "Putin’s Games" nel quale si sottolinea come queste saranno le Olimpiadi più costose della storia dovute al fatto che si sia scelta di far disputare le gare nell’unica area sub-tropicale di un Paese altrimenti freddissimo. Per un triste paradosso, nei Giochi Olimpici invernali russi, parte della neve sarà artificiale. Intanto, per ovviare ai problemi logistici, le strutture olimpiche sono state costruite prevalentemente da lavoratori migranti provenienti dall’Asia centrale. Secondo un recente rapporto di Human Rights Watch, la costruzione degli impianti di Sochi si sarebbe retta sullo sfruttamento di questi lavoratori, in buona parte irregolari. Pagati parzialmente o per nulla, costretti a lavorare 12 ore al giorno, per circa due dollari all’ora, sette giorni su sette, un giorno libero ogni due settimane i lavoratori stranieri, provenienti da Armenia, Kirghizistan, Serbia, Tagikistan, Uzbekistan e Ucraina hanno permesso ai lavori di procedere in tempi record. Agli immigrati sarebbero inoltre stati confiscati i passaporti per costringerli a continuare a lavorare in condizioni di sfruttamento.
“Nella nostra ricerca abbiamo osservato che le autorità russe e le società coinvolte nei preparativi per le Olimpiadi di Sochi in molti casi hanno violato i diritti dei lavoratori”, ha spiegato Yulia Gorbunova, ricercatrice presso Human Rights Watch. Analoghe violazione dei diritti umani vengono alla luce anche in “The Sochi project”, un documentario-inchiesta che è stato presentato a inizio dicembre in Olanda. Secondo questa inchiesta, il deterioramento dello stato dei diritti umani nella regione è in relazione con la gigantesca operazione di sicurezza che circonderà l’edizione 2014 delle Olimpiadi. “Nella rincorsa ai Giochi Olimpici – si legge nei testi che accompagnano il documentario – le forze di sicurezza hanno avuto mano libera nel Caucaso del Nord. Un attacco a Sochi deve essere evitato ad ogni costo. Le organizzazioni per i diritti umani e gli avvocati stanno lavorando giorno e notte. I giovani, in particolare, vengono rapiti, scompaiono o sono incarcerati sulla base di accuse inventate.”
Le polemiche cui si è dato maggiore spazio sui media internazionali riguardano tuttavia un altro aspetto dei diritti umani in Russia: le leggi anti-gay promulgate dal Presidente russo Vladimir Putin. Questi provvedimenti fanno parte di una strategia di ampio respiro volta a fare del paese il “baluardo mondiale dei valori tradizionali”. In pratica Putin vuole conquistare l’appoggio della Chiesa ortodossa – impegnata in campagne per la famiglia e la natalità – e dei ceti popolari, molto conservatori.
L’attitudine anti-gay è diffusa in Russia e non bisogna fare l’errore di pensare che le scelte di Putin non rispondano a impulsi profondamente radicati nella maggior parte della popolazione. Come riporta l’Economist, "i funzionari russi sembrano ancora sconcertati dall’idea che agli stranieri sta veramente a cuore questa questione". Secondo le norme approvate lo scorso giugno dal Cremlino, chiunque parli di omosessualità o dia informazioni su di essa ad un minore sarà passibile di pesanti multe o della reclusione. Nel caso di propaganda sul web, le aziende ritenute colpevoli potranno essere chiuse per 90 giorni, così come eventuali stranieri coinvolti potrebbero essere detenuti per 15 giorni ed espulsi.
In aperta critica con queste leggi, il commissario europeo per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza Viviane Reding ha comunicato che non sarà presente ai Giochi di Sochi. Anche il Presidente della Repubblica federale tedesca Joachim Gauck e il Primo Ministro francesce Francois Hollande hanno quindi deciso di dare seguito questa decisione. Barack Obama ha comunicato in sua rappresentanza manderà due atleti gay (la cerimonia di apertura sarà presenziata da Billie Jean King, tennista oggi 70enne che fu tra le prime a fare coming out, mentre a quella di chiusura parteciperà Caitlin Cahow, difensore della nazionale femminile di hockey su ghiaccio e attivista per i diritti gay). Enrico Letta, intanto, è uno dei pochi leader europei ad aver già confermato la propria partecipazione, probabilmente condizionato dalle scorte di energia e petrolio russo di cui l’Italia è incondizionatamente dipendente.