Dalla Cina una speranza per gli elefanti?

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I dati più recenti ci dicono che tra il 2008 e il 2014 solo nell’Africa sub-sahariana i bracconieri hanno ucciso circa 30.000 elefanti all’anno, tanto che alcune popolazioni di pachidermi sono state completamente sterminate e per altre sarà molto difficile sopravvivere. In questo ultimo decennio a fare la parte del “leone” nella lotta contro il bracconaggio in Africa è stato soprattutto il Kenya, che con le sue forze di polizia ha intensificato i controlli nei principali parchi nazionali, arrestando e uccidendo in scontri a fuoco diversi bracconieri e sequestrando ai trafficanti di avorio, nel solo 2016, più di 100 tonnellate di zanne, oltre che un vero e proprio arsenale di armi. Ma per quanto efficaci, gli sforzi del continente africano per tamponare l’offerta di avorio hanno dovuto fare i conti con la costante domanda cinese, da sempre considerato il più grande mercato di avorio nel mondo. Almeno fino al 1 aprile scorso, quando Pechino, dopo aver annunciato in dicembre la decisione di interrompere tutte le attività legate alla vendita e alla trasformazione dell'avorio entro la fine del 2017, ha dato realmente seguito all’annuncio vietando di fatto le attività di scultura e produzione di oggetti in avorio in un terzo dei suoi atelier e annunciando che i dipartimenti dell’industria e del commercio non autorizzeranno più la registrazione di imprese coinvolte nella produzione e nella vendita di avorio.

In un rapporto pubblicato il 29 marzo dall’associazione Save The Elephants, in vista della chiusura annunciata da Pechino di alcune fabbriche e laboratori di trasformazione dell’avorio, l’ong ha evidenziato che “il prezzo all’ingrosso delle zanne di elefante ultimamente si è notevolmente ridotto passando da circa 2.100 dollari al chilo di inizio 2014 ai circa 730 dollari al chilo del febbraio di quest’anno”. Un calo che per Lucy Vigne, consulente di Save The Elephants e autrice del rapporto insieme a Esmond Martin, è dovuto a diversi fattori: “la crisi economica, il giro di vite sulla corruzione, visto che l’avorio viene spesso usato come tangente e l’impegno del governo contro il commercio di avorio” tutti fattori che tra il 2015 e il 2016 hanno drasticamente assottigliato il commercio legale di avorio in Cina con conseguenze su tutti i punti vendita autorizzati “che prima hanno gradualmente ridotto la quantità di articoli d'avorio in vendita, poi ne hanno tagliato i prezzi”. Ad oggi 67 imprese hanno già ricevuto l’ordine di non fabbricare e vendere prodotti in avorio ed entro la fine dell’anno è possibile che altre 105 imprese chiudano del tutto le loro attività legate alla lavorazione e al commercio dell’avorio.

Per il direttore esecutivo dell’United Nations environment programme (Unep), Erik Solheim, la decisone del Governo cinese di vietare la produzione e la vendita di prodotti in avorio è “una tappa storica che potrebbe essere un tornante decisivo nella nostra lotta per salvare gli elefanti dall’estinzione”, in linea con le richieste emerse lo scorso ottobre in Sud Africa dal meeting della Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate di Estinzione (CITES) che ha adottato una risoluzione in cui chiedeva a tutti i paesi in cui è ancora legale il commercio di avorio di “chiudere questi mercati” e “dare un contributo fondamentale alla lotta contro il bracconaggio”. Anche il WWF plaude alla decisione della Cina di mettere al bando il commercio di avorio e per Lo Sze Ping, direttore di WWF-Cina, “Questo dimostra la determinazione del governo cinese e la volontà di ridurre la domanda, al fine di salvare gli elefanti africani! La chiusura del più grande mercato d’avorio legale è fondamentale per dissuadere le persone in Cina e nel mondo ad acquistarlo e renderà più difficile ai trafficanti la vendita delle loro scorte illegali”.

Il fatto che nel mondo esista ancora un commercio legale di avorio, infatti, spesso presentato con l'etichetta di "avorio di antiquariato", ha sempre creato una drammatica copertura a quel commercio illegale responsabile della strage di elefanti nel mondo. Per Isabella Pratesi, direttore del Programma di Conservazione WWF Italia “L’unica possibilità di salvare gli elefanti è quella di bandire il commercio delle loro zanne in qualunque forma e in qualunque luogo e in qualunque modo. Proprio per questo l’impegno della Cina è un segnale davvero forte e importante". Un impegno che ha incassato il sostegno del network TRAFFIC, un programma dell’Unione Mondiale per la Conservazione (IUCN) svolto in collaborazione con il WWF, che attraverso Zhou Fei, responsabile di TRAFFIC per la Cina si è detto “pronto a dare supporto tecnico per il monitoraggio del commercio di avorio e per sostenere la capacità di applicazione e di implementazione delle legge che ferma il commercio di avorio in Cina”.

Adesso se si vogliono salvare gli elefanti dall'estinzione occorre continuare su questa strada, perché i sequestri e la guerra contro i bracconieri in Africa dimostrano che il commercio illegale di avorio è ancora molto attivo e pericoloso. Erano probabilmente destinate ai mercati asiatici anche 88 pezzi di zanne di elefante sequestrati dalla polizia kenyana nel porto di Kwale il mese scorso. Il comandante della polizia di locale, Joseph Chebusit, ha spiegato che l’avorio sequestrato (quasi 42 kg) scoperto in un’abitazione durante un’operazione del Kenya Wildlife Service (Kws), erano nascosto da tempo, pronto per essere spedito al miglior offerente, che questa volta non sarebbe stato cinese.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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