Azzardo e fisco. Becchetti: «Non ci prendiamo in giro»

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Qualcuno ha considerato per un bel po’ noi italiani la “tribù con l’anello al naso”, l’unica tra tutti i Paesi del mondo destinata a beccarsi senza reagire, cioè senza alzare argini, slot machine in (quasi) tutti i bar del proprio territorio nazionale. Sappiamo poi come è andata. Diverse realtà sociali (tra cui il movimento SlotMob sostenuto dalla campagna d’informazione di “Avvenire”) hanno reagito contro l’imbarbarimento e il crescere del distruttivo fenomeno della ludopatia, ovvero del gioco d’azzardo compulsivo. E hanno spinto la classe politica del Paese a cercare un equilibrio diverso che superi errori e contraddizioni evidenti. Come quella di un vizio – il fumo – per il quale facciamo fuoco e fiamme mettendo messaggi di morte sui pacchetti di sigarette per spaventare gli acquirenti, mentre un altro vizio – il gioco d’azzardo – invece lo pubblicizziamo ingannevolmente a ogni piè sospinto, e persino come panacea per ogni problema economico-esistenziale, attraverso tutti gli schermi (tv pubblica in primis) e con pubblicità su magliette di squadre di calcio e pompe di benzina. La proposta di legge che è stata finalmente articolata si fonda su tre punti essenziali: divieto di pubblicità, distanza minima da luoghi sensibili (scuole, oratori…) degli apparecchi e introduzione di sistemi per rendere obbligatoria l’identificazione dei giocatori (tessera sanitaria) anche per evitare il rischio riciclaggio.

Un’iniziativa di buon senso, che dopo lo stralcio di misure analoghe da provvedimenti precedenti anche il governo – l’allora sottosegretario Legnini lo ha dichiarato proprio a questo giornale – si è impegnato a realizzare entro la fine del 2014. Limiti giusti, ma davanti ai quali gli stregoni della “tribù con l’anello al naso” agitano oggi lo spauracchio del «danno erariale» e del «danno irreparabile al Pil» e alle entrate fiscali paventando 9-13 miliardi di perdita per le casse dello Stato. «Da far tremare i polsi», fa eco qualche solerte cronista che ha ripreso altrettanto preoccupato la nota dei Monopoli di Stato che formulava l’inquietante previsione.

Quando i tacchini fanno l’analisi costi-benefici del “Giorno del ringraziamento”, o gli agnelli del pranzo pasquale, è legittimo il sospetto che le preoccupazioni siano lievemente esagerate. E la nota in questione non fa eccezione. Come è possibile preventivare un «danno» così elevato quando l’azzardo tramite slot machine (AVT e WLP) ha portato nel 2013 – come ci ricorda la stessa Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – a entrate fiscali per circa 4,3 miliardi?

Approfondendo la nota, il mistero si fa più fitto quando leggiamo le prime cifre. L’agenzia è molto preoccupata per la «riduzione» di entrate da azzardo che quantifica per l’anno in corso nella (molto minore) cifra di 200 milioni che addebita a tre principali fattori: la recessione, l’aumento del prelievo sui giochi (mirabile esempio di “curva di Laffer”, cioè di minore gettito per una presunta spinta a evadere) e l’entrata in vigore delle prime disposizioni regionali sulla distanza minima delle slot dai luoghi sensibili (Trentino Alto Adige, Veneto, Liguria, Lombardia, Puglia). Dovendo dividere l’effetto in tre parti (non sappiamo in mancanza di analisi ad hoc se eguali o no), fate voi il conto dei terribili effetti sulle casse pubbliche di quanto deciso sinora in materia di contrasto alla famigerata ludopatia.

Spulciando la nota arriviamo finalmente al dunque e scopriamo cosa partorisce la terribile previsione e come può il topolino (la perdita di 200 milioni diviso tre) partorire la montagna (la perdita attesa di 9-13 miliardi). La fosca previsione dell’Agenzia è che gli operatori del settore impiegheranno tre anni a sostituire le macchine attuali con quelle dove è necessario dare i dettagli della propria tessera sanitaria per giocare. E che in questi tre anni tutto si fermi. 4 per 3 fa 12 e il gioco è fatto.

Che nell’economia del terzo millennio esista un settore produttivo (!) che impiega tre anni per introdurre una piccola modifica negli apparecchi è veramente poco credibile (senza contare l’effetto keynesiano della rottamazione delle vecchie macchine e della sostituzione con le nuove). Per disinnescare la fosca profezia basterebbe introdurre una norma transitoria che consente nell’intervallo che precede l’introduzione delle nuove macchine (6 mesi? un anno?) di continuare a utilizzare le vecchie e il gioco (d’azzardo) è fatto. E pure i danni che produce (esistenziali, sociali ed economici) sono purtroppo garantiti. Anche se questi ultimi l’Agenzia ministeriale si guarda bene dal sottolinearli e, anzi, tende – più ancora che a sminuirli – a ignorarli completamente.

Si perfeziona, così, il giochino di sottometterci a un Pil che ha uno sguardo strabico sulla felicità dei cittadini ed è sempre più taroccato da “beni” che a essa non contribuiscono. Un giochino molto pericoloso... Se il metro fosse davvero questo, dovremmo fare molta attenzione. Battersi per ridurre la dipendenza da gioco d’azzardo e droghe e per impedire contrabbando e la tratta delle donne destinate alla prostituzione non sarebbe da considerare un impegno teso a migliorare la qualità delle relazioni interpersonali (e anche tra gli Stati) nonché a produrre una riduzione delle spese di difesa e sicurezza, ma una minaccia. Se tutte queste “cattive notizie” – meno azzardo, meno droghe, meno traffici di merci illegali e di persone – accadessero insieme, secondo la “logica” dei Monopoli, saremmo veramente rovinati. Chi risarcirebbe il danno erariale?

Leonardo Becchetti

Fonte: cittanuova.it

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