Kenya: insediato nuovo governo, permane l'emergenza sfollati

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"Dobbiamo e possiamo porre fine al circolo della violenza". Con queste parole, ieri, il presidente keniano, Emilio Mwai Kibaki, ha sancito l'insediamento del nuovo governo di coalizione che vede aseegnata la carica di Primo ministro al capo dell'opposizione, Raila Odinga. Quattro mesi dopo le elezioni del dicembre 2007 seguite da proteste e violenze che hanno provocato oltre 1500 morti e 300mila sfollati, l'accordo che ha portato alla spartizione del potere tra il Partito dell'Unità nazionale e il Movimento democratico Orange, è stato possibile grazie alla mediazione di Kofi Annan.

Tutto era iniziato il 27 dicembre scorso con la rielezione del presidente Mwai Kibaki alle elezioni. Uno scrutinio segnato da irregolarità e contestato con forza dall'opposizione guidata da Odinga al quale è seguita una crisi che ha fatto piombare il Kenya - fino a quel momento considerato come un modello di stabilità in Africa - in un violento conflitto tra le due principali etnie dalle quali provengono Odinga e Kibaki. Le pressioni internazionali e la mediazione di Kofi Annan hanno reso possibile la firma - il 28 febbraio scorso - di un accordo tra i due avversari per la creazione di un governo di coalizione. I negoziati tra i due schieramenti sono stati ostacolati da tensioni, diffidenze e accuse reciproche: le trattative si sono arenate in particolare sull'assegnazione di posti chiave all'interno del governo e solo il 13 aprile è stata siglata l'intesa.

"Alle manifestazioni delle ultime settimane contro i ritardi nei negoziati è seguita la gioia dei kenyoti che sperano finalmente di voltare la pagina" - riporta Euronews. Ma la composizione e i costi dell'esecutivo fanno già discutere: 40 ministri con un salario mensile di circa 10mila euro, 2 automobili di rappresentanza e 5 guardie del corpo a testa. E 50 sottosegretari. In totale il governo costerà secondo gli esperti oltre 600milioni di euro, ossia il 5 per cento del prodotto interno lordo del Kenya. "Quanto basta per alimentare la polemica in un Paese dove l'economia di mercato ha generato un benessere sconosciuto ad altri Stati africani, ma dove la crescita è rallentata negli gli ultimi anni" - sottolinea Euronews.

"Nelle ultime settimane la situazione dal punto di vista della sicurezza è comunque migliorata notevolmente, in molte parti del paese e le equipe di MsF stanno riducendo progressivamente le attività di soccorso" - riporta un comunicato di Medici Senza Frontiere (MsF). "Tuttavia poiché sta iniziando la stagione delle piogge e migliaia di persone vivono ancora nei campi per gli sfollati nell'impossibilità di tornare alle proprie case, il personale medico e logistico di Medici Senza Frontiere continua ad assisterli e a fornire loro trattamenti antiretrovirali e medicinali per la tubercolosi e il kala azar. "La gente vuole tornare a casa ma molti hanno ancora paura" - dichiara Donna Canali coordinatore del progetto di Eldoret. "A meno che non si faccia uno sforzo in termini di sostegno e di sicurezza, molti degli sfollati rimarranno in questi campi".

"La calma è tornata in molte parti del paese tuttavia la situazione è ancora tesa nei pressi del Monte Elgon, nel Kenya occidentale, al confine con l'Uganda, dove le annose controversie per il possesso della terra e gli scontri etnici si sono riversate in alcune parti del vicino distretto Trans Nzoia" - riporta sempre MsF. A marzo le forze armate keniote sono state dispiegate nel tentativo di fermare le violenze nella regione; da allora il numero dei feriti è aumentato notevolmente, tra il 10 marzo e 14 aprile scorsi, le equipe di MSF hanno assistito 252 vittime nelle cliniche nella zona. Sebbene le violenze nelle baraccopoli di Nairobi si siano ridotte drasticamente, il centro di primo soccorso che MSF aveva aperto nella baraccopoli di Mathare continua a ricevere pazienti giornalmente. [GB]

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