C’era una volta la Grecia…

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C’era una volta la Grecia. C’era quando preoccupava l’Europa per questioni di bilancio, cliente poco affidabile di quell’istituto di credito che è (per fortuna tra le altre cose, forse non tutte negative) l’Unione europea. Adesso non c’è più o se c’è, quando è evocata al Parlamento europeo, è per ricordare che “i confini greci sono come il formaggio svizzero”. “Ma che cosa vorrebbero facesse la Grecia? - ha spiegato la scorsa settimana Alexis Tsipras alla TV di stato - Respingere queste barchette con stivate centinaia di persone: profughi e bambini? Chiedono cioè di fare annegare persone nell’Egeo?
 Questo chiedono alla Grecia!
 Se avessimo seguito questa politica avremmo avuto la dura protesta internazionale.
 La Grecia salva vite umane.
 Noi abbiamo questo dovere, sancito dal diritto internazionale”.

A quanto pare l’Europa soffre di un pregiudizio: diffida del Sud, del suo stesso Sud, figuriamoci di quello “portato” dai migranti. L’importante è non leggere e vedere troppe storie come quelle di Aylan. Accogliere i flussi migratori va bene, ma quando si riesce e senza una strategia comune precisa, lamentandosi però per le permeabili frontiere greche non prima di aver ricordato i propri doveri ai creditori ellenici ai quali sono stati elargiti “oculatissimi” prestiti fin dal 2010, dopo che l’allora primo ministro George Papandreou rivelò che i bilanci economici inviati dai precedenti governi greci all’Unione europea erano stati falsificati con l'obiettivo di garantire l’ingresso della Grecia nella Zona Euro. Ecco, se non fosse per i migranti, dalla conclusione della “trattativa” attorno alla ristrutturazione del debito (nella notte fra il 12 e il 13 luglio 2015 quando Tsipras e i creditori europei raggiunsero finalmente un accordo) della Grecia non si sentirebbe più parlare.

Ma cosa sta succedendo in Grecia? Nonostante a settembre il tasso di disoccupazione greco sia sceso al 24,6%, ai minimi da giugno del 2012, lo scorso 12 novembre il centro di Atene è stato teatro di duri scontri tra polizia e manifestanti durante uno sciopero generale di 24 ore contro le misure di austerità imposte ed accettate dal Governo greco. È stata la prima mobilitazione dei sindacati (quello pubblico Adedy e quello privato Gsee) dalla nascita, a settembre, del Governo Tsipras bis. Secondo i rappresentanti dei lavoratori dei servizi pubblici e delle piccole imprese il Governo, firmatario la scorsa estate dell’accordo con la troika per il terzo piano di salvataggio del Paese, sta portando avanti “politiche di impoverimento e di privazioni insostenibili”.  Un protesta che non ha impedito al Parlamento ellenico di approvare la legge di Stabilità per il 2016, scritta per rispettare gli impegni presi con i creditori. Il Parlamento di Atene l’ha approvata nella notte tra sabato 5 e domenica 6 dicembre con una maggioranza risicata, 153 voti a favore e 145 contrari. A fronte del conto di 86 miliardi di aiuti “concessi” alla Grecia dai creditori la scorsa estate il Governo Tsipras ha dovuto ridurre di 1,8 miliardi gli stanziamenti per le pensioni e (finalmente) di 500 milioni quelli per la difesa.

Nel discorso pronunciato poco prima del voto, Tsipras ha sostenuto che per la prima volta in cinque anni la spesa per ospedali, welfare e la creazione di posti di lavoro è stata aumentata, seppure “in modo modesto”. Un passo importante, ma insufficiente per le organizzazioni impegnate nel sostenere povertà e marginalità, che rivelano come ormai “il 90% delle famiglie nei quartieri più poveri deve affidarsi alla banca del cibo e alle mense dei poveri per la sopravvivenza”. Per il Club della Solidarietà di Veikou street (una via centrale di Atene a pochi passi dall’Acropoli) un’organizzazione simile a molti altri gruppi creati dai cittadini per difendersi dell’austerità, la popolazione “è ai limiti della fame”. Gestito, ma non finanziato, dalla sezione locale del partito di opposizione alla sinistra radicale di Syriza, per il Club “il disagio emerge in modi che pochi avrebbero mai potuto prevedere. Fame e malnutrizione sono parte del quadro”.  “Non avevo idea, e sono rimasto scioccato nel saperlo, che la gente di questo quartiere, in queste strade, in tutti gli edifici a cui passo davanti ogni giorno, stesse soffrendo in questa maniera,” ha detto Panaghiota Mourtidou, 54 anni, co-fondatore dell’organizzazione che da anni fa la sua parte in città.  

I bambini malnutriti, balzati al "disonore della cronaca" per i rapporti sugli svenimenti di alunni nelle scuole di tutto il paese, confermano la situazione: “Gli insegnanti hanno segnalato casi di bambini che venivano a scuola da mesi con nient’altro che riso o biscotti”, ha ricordato Mourtidou. “È lì che abbiamo deciso di lavorare con le associazioni dei genitori per identificare le famiglie in difficoltà. Attraverso le raccolte di cibo fuori dal supermercato ora nutriamo circa 130 persone due volte al mese”.  Nel drammatico rapporto dell’Unicef La condizione dell'infanzia in Grecia 2014 - L'impatto della crisi economica sui bambini, realizzato lo scorso anno in partnership con l’Università di Atene, si stimava che in Grecia quasi 686.000 bambini e ragazzi, pari a oltre un terzo (35,4%) della popolazione minorile ellenica, "vivono al di sotto della soglia di povertà" e che più della metà di loro "non può soddisfare le necessità nutrizionali quotidiane di base". L’anno precedente la percentuale era di poco superiore al 30%.  “Nelle famiglie più povere stiamo assistendo all’incapacità di garantire le necessità sanitarie, sociali ed educative dei bambini” ha detto Lambros Kanellopoulos, che dirige il ramo greco dell’Unicef. “L’esclusione sociale è in crescita. Lo si nota nella classe media, dove i redditi sono stati duramente colpiti da tutti i tagli”. Sempre secondo dati Unicef, infatti, l’86,5% delle famiglie povere con figli ha dichiarato l’impossibilità di potersi permettere una settimana di vacanza, mentre il 45,9% di esse non riesce a riscaldare adeguatamente la propria abitazione e oltre metà (52,6%) non arriva a garantire neppure a giorni alterni una dieta comprendente carne o pesce

Come la malnutrizione, ad oggi il più pernicioso sottoprodotto dell’austerità, anche il fenomeno dei senzatetto è in aumento. “La situazione peggiorerà ancora prima di poter vedere qualche miglioramento” ha detto Xenia Papastavrou, che gestisce Boroume, la principale organizzazione per il soccorso alimentare del paese.  “I servizi sociali dei comuni non possono nemmeno tenere il passo a registrare il numero delle persone in stato di bisogno” ha detto la Papastavrou, che con Boroume distribuisce le eccedenze alimentari donate da catene di negozi, ristoranti, pasticcerie e alberghi a 700 mense dei poveri in tutta la Grecia. Intanto la società di distribuzione di gas greco annuncia (per l’ennesimo inverno) che ad Atene quasi la metà degli impianti di riscaldamento sono spenti (circa il 44%). La ragione? Il prezzo del combustibile e l’abbassamento del potere d’acquisto. Molti greci tentano con il risaldamento a legna meno costoso del gasolio, ma che fa registrare un aumento dell’inquinamento atmosferico, con una concentrazione di sostanze inquinanti nell’atmosfera di 150mg/m3, contro un livello di allarme pari a 50 mg/m3.

Anche se la situazione è complessa e non va banalizzata, chiedersi se l’Europa ha veramente salvato la Grecia o solo i suoi prestiti è quanto mai necessario

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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