Come non ricordare che è stato l’inizio della fine?

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Foto: Unsplash.com

L’11 settembre del 2001, con quegli aerei che si infilavano nelle Torri Gemelle a New York, con il crollo, i 2.996 morti, si chiudeva un’epoca.

L’apparente dominio degli Stati Uniti, percepiti come i garanti degli equilibri mondiali, terminava lì. Finiva nell’impotenza dello smacco militare subito. Negli errori di una reazione da Impero senza cultura e con risorse non infinite. Il guaio è che allora non l’avevamo capito.

Sono stati vent’anni terribili per il Mondo, questi vent’anni. Ci siamo impatananti in guerre infinite che non dovevamo fare: Afghanistan e Iraq su tutte. Abbiamo spaccato il Pianeta in due dividendo i buoni, noi, dai cattivi, il mondo islamico nel suo insieme. Abbiamo creato le condizioni per far prosperare il mercato delle armi - viaggia oggi su un volume d’affari complessivo superiore a 2mila miliardi di dollari l’anno -, facendo crescere le disparità economiche: sono più o meno 3miliardi e 800milioni gli esseri umani che vivono con meno di 5 dollari al giorno. Abbiamo generato mostri fanatici e cattivi, che hanno ucciso persone che non c’entravano nulla ovunque: a Parigi, a Madrid, nel resto d’Europa, ma anche in Siria, Iraq, Yemen, Afghanistan.

Quante migliaia di morti innocenti dobbiamo aggiungere ai 2.996 delle Torri? Alimentare le nostre guerre non ha portato maggiore democrazia, migliori diritti, più giustizia. Ha portato solo morti e scadenti risultati anche sul piano politico-militare. Il terrorismo islamico, ad esempio, è cresciuto e si è moltiplicato. I sogni di egemonia di al Qaeda e di Osama bin Laden si sono evoluti nella volontà di un nuovo califfato dell’Isis, che ha messo radici nel Vicino Oriente, in Asia Centrale in Africa. Abbiamo trasformato un avversario temibile in una potenza, che trova alimento e proseliti nelle ingiustizie che lasciamo per strada.

Sono stati vent’anni sbagliati, questi dopo l’11 settembre 2001. 

Sbagliati perché non siamo riusciti a rimuovere le cause che portano tanti, troppi, a trovare nel terrorismo una via di redenzione. Sbagliati perché gli Stati Uniti - e noi come alleati - abbiamo tentato di imporre modelli politici e sociali senza conoscere storia e usi delle popolazioni che incontravamo. Sbagliati perché abbiamo avuto la presunzione di essere i portatori sani di democrazia nel Mondo, scordandoci di esportare invece la giustizia e la capacità di capire.

Vent’anni dopo, sappiamo che l’11 settembre 2001 è stato l’inizio della fine di un momento della storia, quello degli Usa gendarme planetario. Due decenni dopo, la Cina è tornata ad essere la prima potenza mondiale, mentre Washington è in ritirata in Afghanistan e Iraq, ha una politica confusa in Africa e litiga sempre più spesso con gli alleati europei. Una potenza ridimensionata che, non dimentichiamolo, sul piano storico è durata lo spazio di un mattino, sul piano militare non ha sputo vincere guerre dopo la Seconda guerra mondiale, sul piano politico non è riuscita ad esportare un modello positivo e duraturo.

Una fine, quindi. Simbolicamente legata ad un altro 11 settembre, quello del 1973. E’ la data del golpe che fece cadere in Cile il democratico governo di Salvador Allende per imporre la dittatura omicida di Augusto Pinochet. Dietro tutto questo c’erano gli Usa - la cosa è ampiamente documentata - che iniziavano a imporre al Mondo il loro modello neoliberista e globalizzante. Oggi sappiamo che, nonostante tutto, non hanno vinto.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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