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Proposte che non si possono rifiutare…
Consumo critico
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Fatto, buttato anche l’ultimo. Quando la signora del piano di sopra mi ha vista uscire a svuotare l’ennesimo pacco di carta e imballaggi, con un sorriso complice ha commentato “Ah, signorina, se si vuol male ai propri nemici bisogna augurargli un trasloco, non è vero?”. Che abbia ragione, la mia nuova vicina di casa? Mah, forse no, perché per me la recente impresa di spostare scatole e scatoloni e un’infinità di altre cose (…eppure mi consideravo una persona che non aveva molto da includere nella categoria “superfluo”) è stata una concretissima occasione di ragionare su quanto la “roba” di verghiana memoria abiti il nostro quotidiano e condizioni il nostro vivere. Mi si è presentata a fagiolo un’opportunità, più che un cattivo augurio, per sollevare perplessità – oltre che pacchi – sulla quantità di rifiuti in potenza e in atto che nelle nostre vite occupano spazio con la loro (spesso inutile, insensata e indotta) sovrabbondanza.
Non c’è che dire, la mia reazione è stata di inevitabile imbarazzo per tutta l’immondizia prodotta quando ho realizzato che di lì a poco ci si apprestava a celebrare la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (SERR)! Presentata ufficialmente l’8 novembre scorso alla fiera Ecomondo di Rimini, la SERR è la principale campagna di comunicazione, informazione e sensibilizzazione dei cittadini, europei e non solo, sull’impatto che determinati stili di vita e consumi sfrenati hanno sull’ambiente e sui cambiamenti climatici e, dopo il successo dello scorso anno soprattutto in Italia, è giunta quest’anno alla sua quinta edizione. La settimana dal 16 al 24 novembre ha visto, contemporaneamente in tutta Europa, l’attuazione di una serie di azioni (quasi 5400 solo in Italia) pensate con lo scopo di riaccendere i riflettori sull’abnorme (sì, passatemi il termine, che ci sta tutto) quantità di rifiuti prodotti nel mondo. Perché le luci si spengono facilmente su questioni come queste: l’immondizia puzza, è brutta da vedere, è disordinata, porta malattie, è lo scarto delle nostre esistenze luccicanti e plastificate, è l’inutile che non ci serve più, che non adempie più alle sue funzioni e quindi va eliminato al più presto. Ma come? Possiamo almeno cercare i modi migliori per rendere meno impattante il nostro abitare il Pianeta?
Nata all’interno del Programma LIFE della Commissione Europea, la European Week for Waste Reduction, ricorda Legambiente, ha l’obiettivo precipuo di incentivare la messa in atto di politiche di prevenzione dei rifiuti all’interno degli Stati Membri. In Italia la settimana è stata resa possibile sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e patrocinata dalla Presidenza della Repubblica, dalla Camera dei Deputati, dal Senato della Repubblica, dalla Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO e dal Commissario europeo all’Ambiente Janez Potočnik. Il Comitato promotore poi ha costituito una significativa rete che va dal Ministero dell’Ambiente, a Federambiente, da Rifiuti 21 Network alle Province di Torino e Roma, da Legambiente ad AICA, E.R.I.C.A. ed Eco dalle Città.
Occorre dire che amministrazioni pubbliche, scuole, enti locali e anche una buona percentuale di imprese stanno sviluppando una buona sensibilità nel coinvolgere cittadini di ogni età e nel diffondere il messaggio che i rifiuti devono diventare una risorsa e non rappresentare un problema. In che modo? Principalmente attraverso il riciclo, star indiscussa della maggior parte delle proposte pervenute e attuate. Non a caso i temi che hanno caratterizzato l’edizione di quest’anno sono stati quelli della riparazione e del riuso, fil rouge accolto con entusiasmo anche in vista delle prossime festività invernali, ottima occasione per auto-produrre regali, pensierini e vere e proprie opere d’arte provenienti da materiali di scarto.
Interessante anche il Clean Up Day, giornata dedicata al recupero di rifiuti “dimenticati” in discariche abusive, boschi e foreste, fiumi e parchi pubblici… uno sforzo collettivo per conferire correttamente tutti questi materiali nelle discariche di riferimento e combattere un fenomeno sempre più diffuso come quello del littering, ovvero la nuova abitudine di buttare il rifiuto dove capita, abbandonandolo spesso in luoghi impropri (niente a che fare dunque, nonostante l’assonanza, con brillantini e scintillii, anzi!). Un impegno insomma che in Italia ha coinvolto le grandi città ma anche i piccoli comuni, che grazie soprattutto all’impegno di associazioni e singoli cittadini hanno dato all’iniziativa un contributo importante. Un esempio su tutti tra i molti che si potrebbero fare, le attività promosse all’interno di Rovereto Green 2013. Perché se è vero che liberarsi dei propri rifiuti è a volte una necessità inevitabile, è altrettanto vero che sono in molti a sentirsi disturbati – e a indignarsi – della presenza inopportuna e disordinata di materiali di scarto in luoghi per nulla destinati al loro smaltimento.
Condannare, imprecare, criticare non basta: occorre agire, responsabilizzandosi e lavorando in sinergia anche con gli enti locali per ridurre le occasioni di incuria e disincentivare la pigrizia – perché di questo spesso parliamo – di chi non smaltisce correttamente la propria immondizia. Lo sappiamo bene, le buone prassi e le buone azioni infondono ottimismo e spesso sono facili da riprodurre, copiare, interiorizzare: gli esempi virtuosi possono aiutarci a non rendere vacua ed effimera la connessione esistente tra riduzione dei rifiuti, sviluppo sostenibile e lotta ai cambiamenti climatici. I recenti e tragici fatti accaduti in Sardegna ci ricordano in maniera invadente quanto le nostre azioni, anche le più apparentemente slegate, piccole e lontane, siano gravide di conseguenze irrimediabili. La produzione dei rifiuti è in continua crescita! Ognuno di noi può però fare qualcosa per prevenirla e ridurla: questa iniziativa è stata l’occasione per manifestare o sperimentare in varie forme il proprio impegno. Evitiamo di dimenticarcene in attesa della prossima settimana europea o di “giornate dedicate”, perché non vale la pena arrivare fino a quel punto di non ritorno, anzi, non ha proprio senso agire solo per porre rimedio a ciò che si poteva e si può ancora – e in maniera relativamente facile – evitare.