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Stop ai decreti sicurezza, arriva il decreto immigrazione
Giovani
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Foto: Unsplash.com
Erano pronte a luglio, ma sono arrivate ad ottobre. Stiamo parlando delle modifiche dei decreti sicurezza, alias decreti Salvini. Su proposta del Presidente Conte e della Ministra dell’Interno Lamorgese, il nuovo decreto immigrazione è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 ottobre.
Non possiamo dire che i d.l. sicurezza siano stati aboliti, dato che non sono stati abrogati, ma le modifiche apportate li neutralizzano.
In primo luogo, il Governo ha riportato in vigore il permesso di soggiorno per protezione speciale (cioè per motivi umanitari). Potranno ottenere questo permesso non solo i migranti che – se respinti o espulsi – rischierebbero la tortura, ma anche quelli che rischierebbero di subire trattamenti inumani e degradanti o la violazione del diritto della vita privata e famigliare proprio a causa dall’espulsione. Quest’ultimo è un fattore importante. Così viene sostenuto il principio per cui non si può cacciare una persona di punto in bianco, senza un motivo valido (cioè ordine o sicurezza pubblica), se questa nel frattempo ha consolidato la sua vita nel nostro Paese.
La Ong Emergency fa sapere che «il testo non affronta la questione dei rimpatri verso i cosiddetti Paesi di origine sicura, una lista di 13 Paesi stilata dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, che include zone in cui è dimostrato che persistano persecuzioni nei confronti delle donne, delle minoranze sessuali, etniche, religiose e politiche, nonché violenze legate al fenomeno della tratta.»
Un’altra riforma riguarda la conversione in permessi di lavoro di alcune categorie di visti. Oltre a quelli già convertibili (ad esempio il visto per studio), potranno essere cambiati anche i permessi di soggiorno per protezione speciale, calamità, residenza elettiva, acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, attività sportiva, lavoro artistico, motivi religiosi e assistenza ai minori.
C’è poi la questione della cittadinanza per gli stranieri naturalizzati in Italia (cioè italiani senza cittadinanza): la procedura per ottenerla è stata ridotta a tre anni, anziché quattro. Ma prima dei del 2018 ne servivano solo due.
Una buona notizia è che verrà ripristinato il sistema di accoglienza e integrazione, anche se i centri di prima accoglienza saranno mantenuti. Si tratta di un sistema a cui i Comuni potranno aderire volontariamente e che prevede due livelli. Il primo livello riguarda coloro che sono ancora in fase di richiesta di protezione internazionale; il secondo livello è dedicato ai migranti già titolati e che avranno accesso a servizi aggiuntivi per l’integrazione.
Inoltre, viene ripristinato il diritto di iscrizione anagrafica. I decreti sicurezza negavano questa possibilità ai richiedenti asilo, ma sulla questione si era già espressa la Consulta a luglio, giudicandoli incostituzionali. «Nonostante nel decreto si ritorni a un modello di accoglienza diffusa, sulla base del precedente SPRAR, – commenta Emergency – i richiedenti asilo in attesa di un verdetto delle Commissioni territoriali potranno accedere solo a un primo livello di servizi, che non comprenderà l’orientamento al lavoro e la formazione professionale.»
ActionAid Italia esprime le sue perplessità su due punti fondamentali, cioè «l’iter che scatta al momento dell’ingresso delle persone straniere e l’altro per le persone straniere che invece sono radicate sul territorio da anni. Da un lato infatti le procedure accelerate e di frontiera sono ancora lì e rischiano di perpetuare prassi al limite del diritto e spesso informali, sottratte allo sguardo e alla possibilità di monitoraggio della società civile. Dall’altro il fatto che non si sia neanche tornati ai 24 mesi per l’esame della domanda di cittadinanza – come da legge vigente prima del 4 ottobre 2018 –, mostra un atteggiamento non concretamente riformatore rispetto al primo governo Conte.» Secondo la Ong non si dimostra una rottura con l’approccio securitario delle politiche penta-leghiste.
Un altro punto su cui le diverse anime dell’attuale Governo hanno discusso a lungo è stato quello delle attività di ricerca e salvataggio dei migranti in mare. Insomma, la questione navi delle Ong. Quelle che le bocche populiste avevano soprannominato in vari modi: scafisti, complici del traffico illegale di esseri umani, traghettatori di clandestini, criminali di varia entità, eccetera. Un tema piuttosto complicato visto che una parte della maggioranza sembra essere rimasta ferma a certe idee salviniane.
Ebbene, il divieto di transito nel mare territoriale non è più applicabile se la nave sta effettuando un’operazione di soccorso dei naufraghi. Questo a patto che ne sia stata data comunicazione al centro di coordinamento e allo Stato di cui la nave batte bandiera. Le navi dovranno rispettare le indicazioni delle autorità competenti per la ricerca e il soccorso in mare. Il divieto non è stato cancellato. Resta valida la possibilità di vietare l’ingresso e il transito nelle acque territoriali alle navi non militari per ragioni di ordine e sicurezza pubblica o per traffico illecito di migranti. Il divieto può essere adottato su proposta del Ministro degli Interni di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e quello della Difesa, ma solo dopo aver informato il Presidente del Consiglio.
La violazione del divieto può comportare per i responsabili la reclusione fino a due anni e una multa dai 10.000 ai 50.000 euro, in linea con il Codice di navigazione. Quindi la norma che prevedeva sanzioni amministrative milionarie e la confisca delle navi sarà annullata. A questo proposito Emergency commenta: «nei casi di inottemperanza e di ingresso forzoso in acque territoriali l’illecito da amministrativo diventa penale. Se da un lato questa modifica assicura che sia un giudice a verificare o meno la presenza dell’illecito, permane un approccio criminalizzante nei confronti di chi realizza i soccorsi in mare.»
Ora la questione è rimandata al Parlamento, che avrà il compito di discutere i decreti e decidere se approvarli così come sono, se integrarli, correggerli o ridurne la portata. Di certo la migrazione è un tema spinoso, data la percezione che ne ha la popolazione italiana. Un clima creato anche da una certa politica, che ha cavalcato e cavalca l’onda della paura e del disagio. In questi anni è stata tessuta una narrazione (e una perenne campagna elettorale) ingannevole, oltre che perniciosa. Sì, perché l’impatto delle politiche migratorie giallo-verdi – come dimostrato dalle stime di uno studio di ActionAid e OpenPolis – aveva sostanzialmente creato vuoti legislativi, di cui la criminalità poteva beneficiare. Tutto questo a discapito dello stato di diritto e dei più elementari diritti umani dei migranti. Come hanno già sottolineato alcune Ong, resta da capire se l’Italia vorrà continuare a trattare la migrazione come un’emergenza, anziché come un fenomeno strutturale.
Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.