Turismo e citizen science, proposte di responsabilità

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Foto: Unsplash.com

Estate post lockdown: perplessità, dis-attenzioni, collettività. Tre parole che riassumono il senso disordinato di queste settimane, in cui la nostra penisola più che mai è sballottata tra aspettative deluse e speranze, infrazioni e voglia di normalità, cafonaggine e qualche più rara gentilezza. Ma soprattutto settimane in cui il nostro rapporto interpersonale è messo a dura prova, come se i mesi del distanziamento fisico ci avessero lasciato in eredità più che altro strascichi di disinteresse, egoismo, dimenticanze etiche e agonia – quando non morte – dell’educazione e del senso civico, tutti aspetti che dovrebbero invece essere alla base di una serena e umana convivenza. Riassumendo… viaggiare nell’estate 2020 è surreale.

Ecco perché, riprendendo uno dei tanti meme che navigano in rete, è proprio il caso di dire che tuffarsi in un bel libro è forse l’esperienza di viaggio più gratificante per questo periodo. E una di queste mete di pagine e parole è certamente il libro di Maddalena Jahoda, Balene salvateci!, un inno alla salvaguardia dei nostri mari e di chi li abita, con particolare attenzione alle acque del Mediterraneo, ma con altrettanta consapevolezza di quanto il mondo sia interconnesso e di quanto i pericoli a cui sono esposti i cetacei in tutto il mondo abbiano conseguenze significative sul nostro piccolo quotidiano terrestre, anche se distante chilometri. Tra le righe di questo testo, che consiglio di leggere non solo agli amanti del mare, delle megattere o delle stenelle, ma anche a chi abbia desiderio di approfondire i temi della salvaguardia e della tutela ambientale in un modo piacevole e di agile accesso (pur se con contenuti a volte molto dolorosi), emerge con forza la significativa importanza del contributo che ciascuno di noi può dare alla ricerca e alla scienza nel monitoraggio e nella conoscenza dei cambiamenti in atto, sotto e sopra la superficie dei mari. Quella che ormai tutti siamo abituati a chiamare citizen science sta diventando uno dei veicoli più importanti per potenziare il ruolo della scienza e aumentare il peso dei risultati ottenuti che, se beneficiano della vasta partecipazione dei cittadini, contemporaneamente li rendono protagonisti di un mandato comune: ottenere informazioni variegate e dettagliate per mappare la situazione attuale e indicare la direzione verso la tutela della biodiversità.

Un libro che ho letto immersa tra le pagine durante qualche ora in riva al mare, cercando di ignorare la sfacciataggine dei vicini di ombrellone, una prossimità indesiderata e la sensazione che dell’ambiente fregasse poco alla maggior parte dei presenti (sigarette, rifiuti, plastiche e scoli di non meglio identificate sostanze erano parte integrante del paesaggio). Un libro che, a maggior ragione per lo stridente contrasto rispetto al luogo in cui occasionalmente mi trovavo, mi ha fatto ripensare a un altro tipo di turismo. Un modo di viaggiare diverso, di muoversi in maggiore sintonia con la natura, di dare un senso agli spostamenti al punto da farli diventare, appunto, autentiche occasioni di crescita, di esplorazione, di responsabilità. 

Per farlo non serve andare lontani. Solo in Italia mi vengono in mente almeno un paio di opportunità: il whale watching promosso dall’Associazione Tethys (con sede a Milano), che con determinazione, professionalità e dedizione propone spedizioni ed esperienze di osservazione dei cetacei del Mediterraneo (di cui si trovano ben 8 specie diverse nel Santuario Pelagos) e il marine biology camp della Jonian Dolphin Conservation (organizzazione scientifica in collaborazione con l’Università di Bari e con sede a Taranto), che coinvolge partecipanti internazionali tra i 18 e i 40 anni dando l’opportunità di lavorare su un’imbarcazione fianco a fianco con gli esperti, partecipando ad attività di ricerca e raccolta dati per il monitoraggio e la conservazione della biodiversità marina attraverso vari metodi (indagini visuali, foto identificazione, osservazioni etologiche, analisi del DNA e rilevazioni acustiche con uso di idrofoni).

Sono esperienze che possono far virare il senso di una vacanza, e forse anche di una vita, e che permettono di entrare in stretto contatto non solo con quel mare ancora così sconosciuto rispetto al ruolo giocato nel mantenimento degli equilibri degli ecosistemi, ma anche con molti di quei mammiferi marini che incontriamo raramente rispetto a quelli terrestri e che pure hanno così tanto da insegnarci quanto a complessità di relazioni sociali, intelligenza e sensibilità. Un modo che, forse, può ancora aiutarci a recuperare quel livello minimo di consapevolezza che solo può essere raggiunto con la condivisione della conoscenza e dei destini.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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