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Kyoto: l'Italia ce la farà? La russia sceglie la strada del rinvio. Ma molti paesi confermano l'impegno per la riduzione dei gas climalteranti A sei anni dalla firma del protocollo di Kyoto la situazione è quanto mai delicata sul fronte dell'ecodiplomazia e preoccupante sul versante delle emissioni.
Gli Stati Uniti di Bush si sono defilati nel 2001 considerando l'impegno di riduzione troppo gravoso per l'economia nordamericana, mentre la Russia di Putin lo scorso settembre ha preso altro tempo per valutare la convenienza effettiva della ratifica del Protocollo.

La decisione di Mosca non è giunta completamente inaspettata. Era noto infatti che la mancata adesione degli Usa al Protocollo aveva tolto dal mercato delle emissioni un grande compratore facendo crollare le quotazioni dei crediti di carbonio e riducendo da 8 a 3 miliardi di  /anno le entrate previste dalla Russia (le cui emissioni sono del 32% inferiori al 1990 a seguito dei cambiamenti avvenuti nella travagliata transizione economica). E si sapeva che gli europei, nelle ultime settimane, non avevano potuto dare garanzie precise ai russi sull'acquisto dei crediti. Risultato: tutto rimandato. La nona Conferenza delle parti della convenzione quadro sui cambiamenti climatici (Cop9) si svolgerà a dicembre a Milano senza la certezza dell'entrata in vigore vincolante del Protocollo.

I giochi comunque prevedibilmente si riapriranno, visto l'interesse oggettivo dei russi a entrare nel meccanismo economico e considerata l'accelerazione in atto delle alterazioni climatiche. E' quindi realistico pensare che entro il 2004, finalmente, possa decollare il primo serio tentativo di dare una risposta concertata a livello internazionale alla sfida dei cambiamenti climatici.
In questo contesto l'Europa si è mossa con determinazione, indicando innanzitutto l'intenzione, Kyoto o non Kyoto, di voler perseguire una strategia di riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Pesa in questa scelta la sensibilità alle problematiche ambientali: il 72% degli europei si dichiara preoccupato per le conseguenze dei cambiamenti climatici. Valore che sale all'86% per i cittadini italiani, secondo l'ultimo sondaggio dell'Eurobarometro. Ma contribuiscono a questa ferma posizione anche la necessità di ridurre la dipendenza dalle importazioni di idrocarburi e la valutazione che la sfida per la competitività delle industrie europee nel prossimo decennio si giocherà sul fronte dell'offerta di prodotti e tecnologie a elevata efficienza energetica, di impianti per l'impiego delle fonti rinnovabili, dello sviluppo della filiera dell'idrogeno.

E già si sta pensando alla fase successiva. L'Unione Europea sta considerando riduzioni dell'ordine del 20-40% al 2020 rispetto al 1990.
www.lanuovaecologia.it/energia [MDT]

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