Banche: Intesa sospende il credito a Mochovce, Unicredit finanzia la diga di Ilisu

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Il gruppo Intesa Sanpaolo ha deciso di "sospendere" il finanziamento alla Slovenske Elektarne, la compagnia elettrica slovacca controllata dall'italiana ENEL che intende realizzare due nuovi reattori nucleari nella centrale slovacca di Mochovce: un finanziamento che vede partecipi un pool di diverse banche internazionali con l'apertura di una linea di credito del valore complessivo di 800 milioni di euro. La centrale nucleare di Mochovce in Slovacchia utilizzerebbe infatti tecnologia sovietica tipo Chernobyl e non prevede un guscio di contenimento del reattore che possa tamponare la fuoriuscita di radioattività in caso di incidente grave, uno standard di sicurezza diffuso nell'UE.

"In accordo con le altre banche partecipanti, Intesa Sanpaolo sta analizzando, con la cura e gli approfondimenti del caso, la documentazione: tale esame - il cui termine è previsto entro la fine di maggio - riguarda esplicitamente l'aderenza del finanziamento agli Equator Principles e alla normativa europea e prende in considerazione tutte le domande e critiche espresse da Greenpeace e dalle altre organizzazioni ambientaliste. Secondo quanto emergerà, Intesa Sanpaolo deciderà la propria posizione. Fino a quel momento, il finanziamento non sarà operativo per lo scopo relativo alla realizzazione della centrale" - scrive Valter Serrentino, responsabile Unità CSR del Gruppo Intesa Sanpaolo.

La nota è stata inviata alla Campagna CRBM e a Greenpeace che, con diverse altre associazioni, hanno criticato per i problemi di sicurezza e gli impatti ambientali il controverso progetto della centrale slovacca di Mochovce. Nella nota, il responsabile CSR di Intesa Sanpaolo sottolinea che "con Greenpeace e le altre organizzazioni ambientaliste promotrici della campagna contraria al completamento della centrale nucleare di Mochovce in Slovacchia, il Gruppo Intesa Sanpaolo è stato costantemente in contatto sin dal primo momento in cui ci è stata manifestata la criticità del nostro intervento finanziario".

"Nella disattenzione dei media italiani, una notizia inaspettata ha dato ragione a chi pensa che in un mondo finanziarizzato quello che le banche private decidono o meno di sostenere ha implicazioni politiche più importanti di quel che si pensa. La vera novità è che questa volta la news è in positivo per chi chiede scelte di sostenibilità ambientale e giustizia sociale" - commenta Antonio Tricarico della CRBM. "Il semplice messaggio delle banche all'ENEL di trasmettere ulteriore documentazione sugli impatti ambientali del progetto è riuscito a spingere la mega-utility energetica italiana ad accollarsi tutti i rischi, o quasi. Emergono, infatti, sospetti che vi possano essere aiuti di stato per realizzare il nucleare slovacco".

Prosegue invece la campagna di protesta nei confronti di Unicredit che attraverso la controllata Austria Bank Creditanstalt figura fra i finanziatori - per un totale di 280 milioni di euro - del progetto per la costruzione della diga di Ilisu in Turchia.

Oltre a infrangere diverse disposizioni internazionali e direttive Ue, il progetto della diga fa parte di un progetto più ampio il Guneydogu Anadolu Projesi (Progetto dell' Anatolia del sud est) che finirebbe per sommergere l'antica località di Hasankeyf e circa 300 siti archeologici di notevole importanza: a causa degli invasi prodotti dalla diga si stima che tra le 35mila e le 70mila persone, in gran parte kurdi, sarebbero costretti ad abbandonare i propri villaggi e le proprie case - denuncia l'associazione Acquasuav promotrice dell'appello online. La diga, inoltre, conferirebbe alla Turchia, attraverso il controllo delle acque del Tigri, uno strumento di ricatto politico nei confronti dei paesi confinanti, in particolare Iraq e Siria.

Il progetto della diga di Ilisu, abbandonato in passato dal governo turco e che vedeva il coinvolgimento dell'italiana Impregilo-Fiat, è stato recentemente ripreso dal governo di Ankara che lo ha presentato come "necessario per garantire l'autosufficenza energetica delle grandi citta dell'est. In Turchia è attiva contro il progetto la "Initiative to keep Hasankeyf Alive" un cartello che raccoglie 72 soggetti tra cui diverse associazioni ambientaliste. Varie campagne sono in corso in Germania e in Svizzera dove diverse Ong hanno recentemente consegnato 37mila firme contro il progetto. [GB]

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