Popoli indigeni: nel mirino di compagnie petrolifere e del legname in Perù

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Le popolazioni indigene del Perù sono sempre più nel mirino delle compagnie petrolifere e del legname. "A seguito di un accordo raggiunto nei giorni scorsi, la compagnia petrolifera nazionale colombiana penetrerà nel territorio abitato da alcuni degli ultimi indiani isolati del Perù" - riporta Survival, l'associazione internazionale per la tutela dei popoli indigeni. "La compagnia Ecopetrol ha siglato un accordo con la società petrolifera nazionale brasiliana Petrobras, titolare di un appalto per l’esplorazione di due regioni dell’Amazzonia peruviana – entrambe popolate da tribù isolate".

In un comunicato diffuso martedì scorso, la Ecopetrol ha annunciato che "tramite la sua affiliata in Perù, la compagnia ha raggiunto due accordi con la peruviana Petrobras Energía S.A. per l’acquisizione di una partecipazione in due attività di esplorazione e produzione in Perù. Nella prima (Lotto 110), la Ecopetrol avrà una quota del 50%. Nella seconda (Lotto 117), la quota della compagnia sarà del 25%".

"Il Lotto 110 - spiega Survival - comprende quasi tutta l’area di una riserva teoricamente riservata agli indiani isolati Murunahua, estremamente vulnerabili a ogni contatto per mancanza di difese immunitarie verso malattie esterne molto comuni. Alcuni Murunahua furono già contattati dai taglialegna illegali e, denuncia Survival, la metà della tribù morì per effetto diretto di questo incontro". Il Lotto 117, invece, include parte di un’area indicata come possibile riserva per gli Indiani isolati: la creazione della riserva è sostenuta da un’organizzazione indigena locale (ORPIO) e dall’organizzazione indigena nazionale AIDESEP. Appena prima dell’accordo firmato da Ecopetrol, le comunità indigene avevano affermato la loro volontà di impedire alla Petrobras di esplorare il Lotto 117.

Un rapporto (in .pdf) pubblicato la scorsa settimana da Survival International ha confermato che alcuni degli ultimi indios isolati rimasti al mondo sarebbero fuggiti dal Perù verso il Brasile per sopravvivere alla deforestazione illegale. Il rapporto descrive le prove rinvenute dagli impiegati del Dipartimento agli Affari Indiani del governo brasiliano (Funai) dal 2004 ad oggi, tra cui numerosi avvistamenti diretti e foto di frecce e case costruite dai gruppi in fuga. "C’è stata una migrazione forzata di gruppi autonomi dal Perù, provocata dallo sfruttamento del mogano presso le sorgenti dei fiumi Jurua, Purus ed Envira" - spiega nel rapporto José Carlos Meirelles, capo della squadra del Funai. "Sulla mia scrivania, la pila di frecce (appartenenti agli Indiani) continua a crescere. La situazione sarà risolta solo quando gli Indiani, dall’altra parte del confine, saranno lasciati soli".

Una buona notizia arriva però dal Brasile. La Corte Suprema brasiliana ha decretato che la riserva indigena conosciuta con il nome di Raposa-Serra do Sol deve restare indivisa. "Una potente lobby di coltivatori di riso che vivono all’interno del territorio indigeno voleva far modificare i confini di Raposa con l’obiettivo di non essere costretti ad andarsene" - spiega Survival. "Ma con 10 voti a favore e 1 solo contrario, i giudici hanno sentenziato che la riserva deve rimanere intatta". Il Consiglio indigeno di Roraima (CIR), che rappresenta la maggioranza degli Indiani della riserva, ha applaudito la sentenza con la speranza che le loro comunità possano finalmente vivere in pace. La sentenza emessa ha tuttavia dato allo stato brasiliano il diritto di essere coinvolto nei futuri processi di demarcazione delle aree indigene. "Questa decisione potrebbe in generale rendere più difficile il processo di riconoscimento e protezione della terra indiana" - nota Survival.

"Gli Indiani di Roraima hanno lottato senza sosta per decenni, tra continue e immense sofferenze" - ha aggiunto Francesca Casella che ha accompagnato più volte le delegazioni di Roraima in giro per l’Italia alla ricerca di aiuto e solidarietà. "Le loro speranze sono state infrante molte volte ma ora è davvero finita. È una vittoria straordinaria per gli indiani di tutto il Brasile ma anche per i loro sostenitori che non hanno mai smesso di scrivere lettere e firmare petizioni, in tutti i paesi del mondo. La mobilitazione dell’opinione pubblica ha davvero fatto la differenza". [GB]

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