WSF: informazione e Africa: tra provincialismo e nuove sfide

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Il tema dell'informazione sull'Africa e dall'Africa ha attraversato tutte le giornate del Forum sociale mondiale, iniziato il 20 gennaio e che oggi è alla sua giornata conclusiva con la maratona dalla baraccopoli di Korogocho fino a Hururu Park, nel centro della capitale del Kenya. Nei giorni scorsi il Moi International Sport Centre ha ospitato ogni giorno seminari su media ed etica dell'informazione organizzati da due network africani, Panos e Inter Press Service Africa. E anche tra le iniziative italiane c'è stato il confronto tra giornalisti europei e africani al Centro culturale italiano il 23 gennaio, a cui hanno partecipato fra gli altri il direttore della nuova sede Rai a Nairobi Enzo Nucci e l'inviato del Corriere della Sera Massimo Alberizzi.

Panos è un network non profit di informazione internet con sedi in diversi Paesi africani, le principali in Sudafrica e Senegal. "Ci accorgiamo che i media africani spesso sono lontani dai veri problemi della popolazione" afferma il direttore di Panos per la regione del Sud Africa, Parkie Mbozi. "Nella stampa governativa non si vede quasi mai un reportage dagli slums o che sollevi problemi fastidiosi per il governo. Lo stesso, per altri motivi, succede nella stampa privata, che subisce la pressione della pubblicità e tende a vendere un'immagine patinata della realtà".

Proposte e inziative per migliorare l'informazione made in Africa arrivano da Diana Senghor, direttrice di Panos Senegal: "Una delle risorse del nostro continente sono i media comunitari, le radio in particolare, che sono di gran lunga le più diffuse e fruite dalla popolazione, ma non solo. Questi media sono dispersi sul territorio, ma anche policentrici e questo aspetto diventa una risorsa nel momento in cui si riuniscono a formare dei network, credo sia questa la potenzialità che l'informazione africana deve sviluppare". Secondo la direttrice di Panos c'è anche un'altra sfida: "Rafforzare i giornalisti africani, ma anche una struttura capace di aumentare la qualità dell'informazione". "Una quindicina di anni fa combattevamo nei nostri Paesi per la libertà di stampa" - continua. "Ma, oggi che le limitazioni sono anche di altro tipo, ci sono ben pochi giornalisti che combattono per l'etica della loro professione e perchè ci sia una buona gestione nelle loro aziende e perché l'informazione non diventi una merce sottomessa totalmente alle logiche del marketing". Secondo la Senghor si sente la necessità in Africa un quadro giuridico dell'informazione, che riconosca i media comunitari e tuteli la professione giornalistica. Resta poi da affrontare la sfida tecnologica.

Di provincialismo e superficialità soffre invece l'informazione dei media italiani sull'Africa, secondo il direttore della sede Rai a Nairobi Enzo Nucci: "Non ci si rende conto della complessità di un continente con 56 Stati e dove si parlano 1200 lingue diverse. Per conoscere una situazione complessa come quella del Sudan o della Somalia non basta un reportage mordi e fuggi, bisogna avere la fortuna di starci in mezzo in modo continuativo". Di Africa non si parla, sulla stampa europea e italiana in particolare, a meno che non ci siano di mezzo guerre o epidemie, denuncia Massimo Alberizzi del Corriere: "Tanto che viene il sospetto ci sia una volontà intenzionale" - nota. "L'Africa è uno scacchiere fondamentale per le risorse che mandano avanti l'economia mondiale. C'è in atto per esempio una guerra silenziosa fra Usa e Cina per l'accaparramento del petrolio. Viene il dubbio che meno se ne parla più ci si può muovere liberamente per manovrare i giochi". E Nucci cita un detto dello storico burkinabé, appena scomparso, Joseph Ki Zerbo: "L'Africa è la culla dell'umanità, ma se Adamo ed Eva fossero nati in Texas, la Cnn ce lo ricorderebbe continuamente".

Un contributo arriva da chi in Africa si è immerso fino a cambiare nome, come padre (Renato) Kizito Sesana: "Organizzeremo un seminario con esperti africani per approfondire dal di dentro alcune situazioni complesse dell'Africa, legate soprattutto ai conflitti" - ha detto alla stampa italiana che ha seguito il Social Forum. "Vorremmo invitare 40 giornalisti anche dall'Europa. E' il nostro contributo perchè l'informazione su questo continente sia sempre meno approssimativa e superficiale, e più vicina alla realtà e alla complessità delle situazioni". Intanto il 23 gennaio alla stampa riunita al Centro culturale italiano di Nairobi padre Kizito ha presentato "Big Issue" che, come il celebre giornale di strada inglese, è il primo giornale di strada keniano e uno dei primissimi in Africa. Il bimestrale è realizzato dai giovani di strada di Kibera, la più grande baraccopoli di Nairobi - gli stessi che hanno partecipato alla marcia di apertura del World Social Forum - con la supervisione nei contenuti e nell'edizione di giornalisti kenyani.

di Emanuela Citterio
(Corrispondente di Unimondo al WSF di Nairobi)

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